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Medicina generale. Siamo ad un punto di svolta nella politica sanitaria di questo Paese?

di Saverio Proia e Roberto Polillo

È stata resa pubblica la bozza di un documento del Ministero della salute in cui si prevede il passaggio a dipendenza dei medici di medicina generale. Qualora confermata, segnerebbe dunque un punto di svolta nella politica sanitaria del Paese che dovrebbe essere oggetto di un dibattito pubblico. Nel nuovo rapporto di lavoro da dipendente il principio della libera scelta da parte del cittadino non viene meno, anzi è confermato

05 FEB -

Torniamo sulla questione del rapporto di lavoro dei medici di medicina generale perché sulla stampa nazionale è stata resa pubblica la bozza di un documento del Ministero della salute in cui si prevede il passaggio a dipendenza dei medici di medicina generale.

Nel documento si prevede un orario di servizio di 38 ore per tutti i MMG e se ne dispone una diversa articolazione tra attività distrettuali e attività ambulatoriali in funzione del numero di assistiti in carico a ciascun professionista:
- Per i titolari di un numero di scelte compreso da 400 a 1000, 12 ore verrebbero dedicate all’ambulatorio e 26 alle esigenze della programmazione territoriale
- Per i titolari di un numero di scelte compreso da 1000 a 1200, 18 ore verrebbero dedicate all’ambulatorio e 20 alle esigenze della programmazione territoriale
- Per i titolari di un numero di scelte compreso da 1200 a 1500, 21 ore verrebbero dedicate all’ambulatorio e 17 alle esigenze della programmazione territoriale
- Per i titolari di un numero di scelte superiore a 1500, 24 ore verrebbero dedicate all’ambulatorio e 14 alle esigenze della programmazione territoriale

Una proposta che riprende in larga misura quanto da noi sostenuto da anni in numerosi interventi pubblicati su QS (anche con il contributo di Nicola Preiti, Gregorio Cosentino e Mara Tognetti) e che andrebbe ulteriormente approfondita prevedendo il superamento della continuità assistenziale come attività separata dall’assistenza primaria e un abbassamento del massimale per rafforzare il peso delle attività distrettuali.


Nel documento si propone inoltre un nuovo modello di formazione superando le attuali scuole regionali per l’accesso alla medicina generale per istituire une vero e proprio corso di specialità universitario con docenti qualificati e non più indicati dai sindacati di cui i corsi sono diretta emanazione.

Anche su questo argomento siamo intervenuti più volte sostenendo la necessità di questo cambio di passo aprendo un dibattito che si è arricchito con il contributo di altri autorevoli interventi.

Possiamo dunque dire senza peccare di presunzione che le proposte contenute in questa bozza riservata non aggiungono nulla a quanto da anni stiamo sostenendo ai numerosi governi che si sono succeduti nel tempo e che hanno invece sempre preferito cedere alle istanze corporative dei sindacati tradizionali della medicina generale che nulla vogliono innovare.

Ora la situazione è cambiata perché le nuove generazioni di MMG non solo non trovano vantaggio nel mantenimento del rapporto di convenzione che ha invece garantito posizioni di prestigio nelle casseforti della professione (ENPAM e Ordini professionali e FNOMCeO) ai vecchi titolari di convenzione, ma ne subiscono in toto gli effetti negativi: isolamento professionale, eccessivo carico burocratico, mancanza di prospettive di carriera reali, mancanza di ferie e di altri istituti di protezione.

Il passaggio a dipendenza e un reale inserimento nelle attività del distretto con il supporto di altro personale pubblico da quello amministrativo a quello infermieristico a quello specialistico è visto come un reale miglioramento delle condizioni di lavoro da parte di quote crescenti delle nuove generazioni di MMG.

Nelle nostre proposte avevamo anche previsto il mantenimento come diritto acquisito del rapporto di convenzione per tutti coloro che avessero maturato una certa anzianità del ruolo perché siamo convinti che le grandi riforme non debbano essere imposte con la forza ma rendendone palesi i vantaggi, tale deroga sembra esser stata ripresa anche nella bozza di documento Ministero della Salute e Regioni.

Purtroppo, quelle proposte da noi - ma non solo da noi - sinora sono rimaste lettera muta e di questo siamo profondamente addolorati perché nella profonda riforma delle cure primarie avviata con il DM 77 e il PNNR avviata nella precedente legislatura su questo punto non ha mostrato il coraggio di prevedere questo passaggio epocale, che poi in parte è un riprendere le idee forza della stessa legge 833/78 scegliendo, invece, di allinearsi con la parte più conservatrice della professione

Una mancanza di coraggio che ha poi impedito, di conseguenza, che il progetto di case delle comunità prendesse avvio concretamente apportando in una reale miglioramento dell’assistenza territoriale.

La bozza qualora confermata segnerebbe dunque un punto di svolta nella politica sanitaria del paese che dovrebbe essere oggetto di un dibattito pubblico in cui i cittadini e le nuove generazioni di medici di famiglia possano attivamente partecipare e con loro tutti quei medici di famiglia che vogliano realmente innovare il rapporto di lavoro e con esso la modalità e la nuova potenzialità di erogazione delle prestazioni.

Vorremo, infine, precisare che nel nuovo rapporto di lavoro non più convenzionale ma da dipendente il principio della libera scelta da parte del cittadino, come testimoniano i servizi sanitari degli Stati che l’hanno realizzato, per esempio Spagna e Portogallo, non viene meno anzi è confermato.

Saverio Proia e Roberto Polillo



05 febbraio 2025
© Riproduzione riservata


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