Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Giovedì 17 LUGLIO 2025
Studi e Analisi
segui quotidianosanita.it

Quando la mancata tenuta di una contabilità ordinata costa oltre 4 milioni di euro

di Fernanda Fraioli

Una sentenza della Corte dei conti ha condannato una struttura sanitaria privata e due dirigenti di un’Asp per un danno erariale di oltre 4 milioni di euro, causato da pagamenti duplicati. La struttura, pur conoscendo la non debenza di alcune somme già incassate anche tramite factoring, ha sottoscritto un accordo transattivo omettendo tali informazioni. I dirigenti pubblici hanno approvato e disposto i pagamenti, attestando falsamente l’operatività di un gruppo di lavoro inesistente

12 GIU -

La riscontrata esistenza di una contabilità ordinatamente tenuta da parte di una struttura privata accreditata ha comportato l’imputazione a suo carico della responsabilità a titolo di dolo in quanto – approfittando delle condizioni di disordine organizzativo in cui versava l’ASP e che le rendeva estremamente difficoltoso opporre efficaci resistenze a fronte di pressanti richieste di pagamento basate su fatture/notule formalmente corrette, pur potendo attingere ad elementi della sua contabilità che avrebbero potuto salvaguardare la posizione della controparte pubblica – ha posto in essere una articolata strategia che ha condotto a duplicare parte dei compensi.

Hanno contribuito, non di meno, a tale infausta conclusione i due operatori pubblici – Direttore generale f.f. e Direttore amministrativo della ASP – che hanno attivamente contribuito all’erogazione indebita avendo entrambi operato nella consapevolezza di rilevanti irregolarità concernenti la costituzione di un gruppo di lavoro e la sua concreta operatività in quanto tutti i componenti, hanno dichiarato di non essersi mai riuniti e di aver mai lavorato in collegialità.


A dimostrazione di ciò, l’assenza di documenti idonei ad offrire un rassicurante riscontro della correttezza dei pagamenti in procinto di essere eseguiti, nonché la reiterata trascuratezza degli allarmanti rilievi del Collegio sindacale che aveva giudicato la deliberazione carente di molti elementi.

L’opzione del Dirigente Generale e di quello Amministrativo di una Azienda Sanitaria – che anziché orientare l’esercizio delle delicate funzioni ricoperte alla preservazione di un patrimonio aziendale già gravemente compromesso e non già verso sbrigative soluzioni gestorie, sostanzialmente, finendo per accettare il rischio di ingenti pagamenti indebiti – ha causato un danno erariale di ammontare di assoluto rilievo.

Una recentissima sentenza di appello della Corte dei conti ha statuito proprio in merito a pagamenti di alcune ASP ai gestori di strutture sanitarie private, indebitamente effettuati perché in misura doppia o tripla, a causa della tenuta di una contabilità non propriamente ordinata.

Si tratta di pagamenti spontanei, a seguito di decreti ingiuntivi e poi di transazioni omnibus.

La sentenza si presenta di grande interesse per gli operatori sanitari in generale, atteso che con specifico riferimento ad un determinato caso è stata emessa la sentenza in commento che condanna alla rifusione del danno erariale conteggiato in € 4.020.225,75, oltre accessori.

A tale quantificazione hanno concorso due elementi.

Uno riferibile a pagamenti duplicati che l’ASP ha compiuto nei confronti dello Studio privato emergenti dagli accurati riscontri contabili compiuti analizzando i flussi finanziari generati dalle fatture/notule emesse dal privato per le prestazioni rese in regime di convenzione con il SSR, sia quelli diretti, intervenuti tra ASP e struttura privata, sia quelli indiretti, nei quali vi è stata l’interposizione di operatori finanziari che, nel periodo di riferimento, hanno svolto l’attività di factoring a beneficio della medesima struttura, pari a € 2.971.763,73.

L’altro è riferibile al pagamento di interessi su dette somme, pari ad € 1.048.462,02.

Questi i fatti.

Con apposita delibera afferente a debiti pregressi e con oggetto l’accordo transattivo raggiunto con la Struttura privata, l’ASP, a seguito di transazione stipulata nel quadro della ricognizione del debito pregresso nell’ambito del "Piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria", riteneva che “tra i debiti iscritti nel bilancio aziendale rientrasse una posizione complessiva debitoria, nei confronti della medesima Struttura Privata Accreditata per un equivalente economico di € 5.822.024,33, oltre interessi di mora e spese accessorie. Conseguentemente, con mandato di pagamento le corrispondeva la somma complessiva di € 7.974.219,16, a comporre la quale concorrevano importi a titolo di sorte capitale per € 5.822.024,33; di interessi di mora per € 2.054.056,57 e spese legali per € 98.138,26”.

Gli accertamenti degli inquirenti verificavano che larga parte dell’importo riconosciuto spettante alla struttura convenzionata e, segnatamente, la somma di € 4.020.225,75 – di cui € 2.971.763,73 per quota capitale e € 1.048.462,02 per interessi – fosse, in realtà, già stata da questa incassata o attraverso la cessione pro solvendo a varie società di factoring di crediti o in esito al pagamento di acconti.

Nella sentenza si afferma il comportamento doloso della Struttura privata, riconosciuta al corrente della non debenza parziale delle somme e dell’avvenuta cessione dei crediti verso l’ASP, per aver dichiarato, in modo non veritiero, di non aver mai ricevuto le somme, neanche parzialmente.

Il dolo era riscontrato nella circostanza che, la struttura privata pur avendo a disposizione (a differenza dell’ASP) una contabilità sostanzialmente ordinata, ben era a conoscenza di quali fossero le partite già incassate/pagate, e ciononostante, aveva partecipato alle negoziazioni sottoscrivendo l’accordo transattivo con l’ASP.

Di contro, il Direttore Generale f.f., aveva assunto funzioni primarie di garanzia rispetto all’attività di cui trattasi, addivenendo anch’egli alla sottoscrizione con il parere favorevole del Direttore Amministrativo, e firmando la delibera relativa.

Due atti che hanno generato il danno contestato.

Nella delibera, vieppiù, era stato attestato, in modo non rispondente al vero, che all’incontro aveva partecipato anche il gruppo di lavoro e che questo aveva provveduto a redigere l'atto transattivo, previa verifica del contenzioso in essere e valutazione di ogni singola posizione debitoria.

I due Direttori, poi, pur avendo ricevuto la nota con la quale il Collegio sindacale dell’ASP aveva chiesto che venissero svolte ulteriori verifiche prima di procedere al pagamento, avevano risposto limitandosi a richiamare il contenuto della delibera e, quindi, le attività del gruppo di lavoro senza disporre alcuna verifica in ordine alla correttezza del riscontro dei crediti della Struttura.

In più, dopo aver ricevuto dal Direttore dell’Ufficio economico finanziario, una nota sul da farsi, a seguito dei rilievi del Collegio sindacale, avevano risposto, di "non dovere fornire alcuna ulteriore rassicurazione", paventando addirittura la possibilità di denunciarlo per danno erariale nel caso in cui non avesse proceduto al pagamento.

Parimenti per il Direttore Amministrativo anch’egli titolare di una posizione di garanzia (subordinata a quella del Direttore Generale f. f., anche se più specifica con riguardo all’attività amministrativa) il quale, peraltro, essendosi precedentemente occupato della situazione debitoria dell’ASP è stato riconosciuto che ha agito con coscienza e volontà del fatto illecito, quanto meno con riferimento all’accettazione del rischio di pagamenti indebiti, considerato che si trattava di Azienda sanitaria purtroppo caratterizzata da notorie criticità contabili, che il gruppo di lavoro non aveva operato e tenuto conto dei rilievi del Collegio sindacale e della riferita istanza del Direttore dell’Ufficio economico finanziario.

Tutto quanto si sta commentando, si inquadra nell’ambito delle iniziative funzionali alla normalizzazione della problematica situazione esistente nel settore sanitario, ove l’ASP in questione, anche per fronteggiare le criticità gestionali determinate, per un verso, dall’impossibilità di allineamento dei dati contabili afferenti ai singoli poli aziendali esistenti prima della fusione di n. 3 ASL che utilizzavano sistemi di contabilizzazione diversi che non consentivano un travaso dei dati e, per altro verso, dalla ingente esposizione debitoria, aveva avviato un’intensa operazione di “circolarizzazione”, ossia di acquisizione di conferme dai terzi fornitori su saldi, transazioni contabili e informazioni su rapporti contrattuali che avevano coinvolto l’ASP.

Procedimento questo previsto da apposita previsione normativa ai fini del processo di controllo, liquidazione e pagamento delle fatture.

Al fine di dare seguito all'iter di rientro debitorio, l’ASP aveva istituito un apposito gruppo di lavoro, concepito per coadiuvare l'attività di conclusione di accordi transattivi e supportata da un advisor contabile avente appositamente ad oggetto i piani di rientro del debito pubblico in ambito sanitario.

L’accordo transattivo di cui alla delibera della ASP al quale veniva data esecuzione scaturiva dalla constatazione della pendenza di diversi contenziosi, alcuni dei quali ormai definiti, a seguito di decreti ingiuntivi esecutivi e sentenze passate in giudicato e dall’intenzione dell'ASP di definire e procedere al pagamento degli atti giudiziari esecutivi, utilizzando le procedure ed i fondi disponibili nel contesto delle provvidenze elaborate dal Governo per il pagamento dei debiti della P.A.

In buona sostanza, l’accordo era dichiaratamente volto a porre termine ai vari contenziosi pendenti.

Nel frattempo, il Collegio sindacale, ravvisava l’esistenza di considerevoli criticità nell’accordo, in particolare in ordine al rischio di possibili duplicazioni di pagamenti e nonostante gli inviti alla prudenza da parte dell’Ufficio economico finanziario, alla luce dei rilievi formulati dal Collegio “in via prudenziale a non procedere al pagamento senza dar corso alle verifiche nonché ai riscontri”, veniva ugualmente erogata alla Struttura privata la somma oggetto dell'accordo.

Gli accertamenti istruttori hanno evidenziato che parte delle somme oggetto dell'accordo transattivo intervenuto fra il privato e l’ASP non erano dovute, in quanto si riferivano a crediti già soddisfatti e la copiosa documentazione ha evidenziato la discrasia fra quanto indicato nella scheda riepilogativa allegata all'accordo ratificato con la delibera e il credito effettivo dello Studio privato che scaturiva da due diversi scenari: in alcuni casi, le fatture indicate nel prospetto gli erano state già pagate direttamente; in altri casi, erano state pagate a favore di factors, con i quali la medesima struttura sanitaria convenzionata, nel periodo di riferimento, aveva concluso 31 contratti di cessione di credito.

Ha ritenuto di chiarire, a tal proposito, il giudice contabile che la circostanza che i crediti transatti fossero assistiti da titoli giudiziari inoppugnabili (quali decreti ingiuntivi o sentenze rese in giudizi di opposizione) che ne quantificavano la consistenza e che abilitavano il titolare privato all’esercizio di iniziative per il soddisfacimento coattivo, non esclude che potesse comunque ravvisarsi la sussistenza di un danno erariale derivante dalla duplicazione dell’incasso di fatture che, in quei titoli, avevano concorso a costituire il compendio della pretesa poi ritenuta fondata.

Tanto perché la transazione di partite creditorie riconducibili a titoli giudiziali inoppugnabili (decreti ingiuntivi e sentenze) non impedisce di ritenere comunque configurabile una responsabilità amministrativa in quanto detti titoli si pongono su un piano diverso da quello delle singole fatture/notule che documentano le prestazioni eseguite, nelle varie branche su cui era attivo il convenzionamento, nei periodi di riferimento.

Ha, cioè, ritenuto il giudice contabile che le singole fatture non hanno perso la tipica attitudine di rappresentare un segmento di attività svolta in regime di accreditamento, documentando elementi relativi all'esecuzione di una prestazione perché indicano che la struttura convenzionata ha fornito determinate prestazioni per conto del SSR e recano la quantificazione monetaria del valore che a tali attività il prestatore assegna.

E, in questa prospettiva, in assenza del fisiologico, tempestivo adempimento, il prestatore del servizio è legittimato ad utilizzare meccanismi contenziosi per far in modo che i propri crediti commerciali possano essere celermente soddisfatti.

Ma il risultato positivo conseguito dalla struttura sanitaria privata nelle numerose iniziative contenziose promosse contro l’ASP, a seguito della definizione dei pertinenti giudizi civili nel corso dei quali sono state valutate le ragioni creditorie e le contestazioni dell’Azienda debitrice, non impedisce alla Corte dei conti, nella prospettiva della verifica della sussistenza di eventuali patologie delle dinamiche gestorie, di esaminare il rapporto sottostante da cui sono nate quelle obbligazioni, come vicenda in grado di dar luogo a pregiudizi erariali.

Ciò a dire che, a prescindere dal modo in cui si sono evoluti i rapporti giuridici di credito-debito tra ASP e struttura sanitaria privata ed indipendentemente dalla circostanza che strumenti legali abbiano consentito di pervenire ad un definitivo assetto sul piano processuale, a seguito di decreti ingiuntivi esecutivi e/o sentenze passate in giudicato, il fatto che per una stessa fattura/notula vi siano stati doppi pagamenti a carico dell’ente pubblico è sufficiente a generare il presupposto oggettivo della responsabilità amministrativa.

Quindi, se in sede di giustizia ordinaria l'ASP, nei vari giudizi che la vedevano contrapposta alla struttura accreditata, si è limitata a contestare le pretese di questa in ragione dell’eccedenza rispetto al budget concordato, nel giudizio di responsabilità, invece, vengono in rilievo i doppi pagamenti a fronte delle medesime prestazioni.

Tanto perché nei giudizi davanti al Tribunale (anche a causa delle gravi carenze che l’ASP aveva nel reperire documentazione di riscontro) era in discussione solo la debenza dell’extrabudget e l’ASP era stata condannata a pagare il saldo per prestazioni erogate oltre detto limite per le specifiche branche oggetto di domanda giudiziale.

Nel giudizio di responsabilità, invece, vengono in rilievo gli abusivi impieghi di fatture al fine di ottenere dall’ASP doppi pagamenti a fronte di medesime prestazioni.

Si assume, cioè, che gli importi fatturati siano dovuti e, tuttavia, a fronte di attività svolte l’onere che l’ASP è stata chiamata a sostenere è stato duplicato.

L’accertamento dell’escutibilità di un compendio di crediti operato in ambito civilistico non esclude l'eventualità che, in sede contabile, si possa pervenire ad esiti differenti, ritenendo, come nel caso di specie, che un credito, pur originariamente esistente, non sia più attuale perché già è stato in tutto o in parte soddisfatto.

Il titolo esecutivo giudiziale non neutralizza la fattura ad esso sottostante, la quale continua ad avere una sua valenza contabile.

In definitiva, la prospettiva in cui gli accertamenti si sono mossi è stata quella di verificare, in modo analitico, i flussi finanziari che ogni rapporto documentato con fatture ha generato, rilevando che, in esito a capziose strategie, la Struttura privata è riuscita ad accrescere indebitamente questo flusso, generando per l’eccedenza rispetto al dovuto, un consistente danno erariale

Così delineati i connotati dell’azione di responsabilità amministrativa, le condotte del privato e dell’allora legale rappresentante che attestò, contrariamente a quanto documentalmente riscontrato, di non aver mai ricevuto somme, si pongono quali antecedenti causali degli esborsi non dovuti.

Fernanda Fraioli
Presidente di Sezione della Corte dei Conti
Procuratore regionale per il Piemonte



12 giugno 2025
© Riproduzione riservata


Altri articoli in Studi e Analisi

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
Homnya srl
P.I. e C.F. 13026241003

Sede legale e operativa:
Via della Stelletta, 23, 00186 - Roma
Sede operativa:
Via Luigi Galvani, 24, 20124 - Milano
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06 45209 715

info@homnya.com

Copyright 2013 © Homnya srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 13026241003
- iscrizione al ROC n. 34308
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy
Cookies policy