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I gironi infernali delle liste d’attesa

di Ettore Jorio

Risolvere la questione delle liste d’attesa non sarà mai l’applicazione di una legge che ne tuteli il formarsi progressivamente, né tampoco l’esercizio dei poteri sostitutivi di funzionari caduti dall’alto. Occorre che l’etica prenda le redini nella gestione delle aziende sanitarie.

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Il tema predominante nella cronaca sanitaria sono le liste d’attesa. Costituiscono un girone dell’inferno in cui sono costretti a vivere i bisognosi di accertamenti diagnostici, di pratiche mediche necessarie e di visite specialistiche. Molti di questi prescritti da medici di famiglia, spesso teorici, con finalità variabili.

Insomma, sta accadendo che la richiesta di accesso a tutto ciò è super affollata, un po’ come la domanda di pane a Gaza, a tal punto che a tanti non rimane altro che rompere i salvadanai dei figli per ricorrere al privato. Questo si divide in due grandi filoni operanti nel sistema del Ssn:

  1. quello doc che, spesso multi-accreditato, si presenta come alternativa alla interminabile lista d’attesa del pubblico, proposta come tale, con tanto di nome e cognome, addirittura dai vari Cup;
  2. quello “ibrido” esercente l’attività intramoenia, che si presta alla concretizzazione di comportamenti tali da occupare tanti precetti del codice penale.

Entrambe le tipologie, allorquando nella ipotesi a) si costruiscano scansioni temporali interminabili apposite e si vada oltre il consiglio, materializzano reati veri e propri. E, bisogna dire, con alta frequenza, ad opera di soggetti interagenti in reati commessi in associazione a delinquere dedita a compiere reati gravi all’interno di aziende sanitarie, prevalentemente ospedaliere. I più frequenti: il peculato, la concussione, la truffa aggravata, l’interruzione di pubblico servizio, falsità di vario genere e autoriciclaggio.

Dunque, ciò che emerge nelle ben note trasmissioni televisive d’inchiesta costituisce la punta dell’iceberg di un compimento di reati che si registrano tutti i giorni, quasi come se fossero fatti normali.

Una condizione, questa, che è una delle cause maggiori del sopravvenire delle interminabili liste d’attesa, che registra responsabilità a diverso livello. Quanto alla ipotesi a), per le frequenti complicità radenti di chi gestisce la fissazione degli appuntamenti, spesso ripagati con i classici dieci danari, in una alla colpevole assenza di manutenzioni degli impianti soprattutto di diagnostica per immagini. Diversamente, accade nell’altra ipotesi. Nell’esercizio della cosiddetta ALPI, legittimato dalle norme e lasciato libero nelle sue applicazioni aziendali, si riscontrano reati alla luce del sole. Il circuito è di una semplicità unica: vuoi che ti operi Tizio nella struttura pubblica senza penare per le liste d’attesa? Elementare, Watson. Vai al suo studio privato, ove si esercita anche l’intramoenia, paghi e potrai sceglierti il giorno fatale con il chirurgo che desideri.

Insomma, i due “soci” (o forse meglio gli associati in partecipazione), l’azienda e l’intramoenista, avranno i loro utili e le loro utilità. Peccato che capiti spesso che nelle aziende sanitarie si eviti di capitalizzare la percentuale di loro spettanza negli appositi fondi, per come rilevato di continuo dalla Corte dei conti

A voglia a legiferare e a finanziare interventi speciali. Risolvere la questione delle liste d’attesa non sarà mai l’applicazione di una legge che ne tuteli il formarsi progressivamente, né tampoco l’esercizio dei poteri sostitutivi di funzionari caduti dall’alto. Occorre che l’etica prenda le redini nella gestione delle aziende sanitarie, che vengano in esse punite le complicità, che si penalizzi e si licenzi chi contribuisca a rubare alle persone i diritti dell’assistenza universale e uniforme, da garantire soprattutto ai meno abbienti.

Ettore Jorio



02 luglio 2025
© Riproduzione riservata


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