Tante, troppo le graduatorie delle Regioni brave nell’esercizio della spesa sanitaria, che vedono sempre meritatamente ultima la mia Calabria, ove la tutela della salute messa a terra rimane tuttavia ipotetica.
La più recente pagella 2024 Mef porta a fare delle riflessioni in materia di conclusioni. Nove Regioni con il conto economico in avanzo, seppure graduato tra i pochi euro della Liguria sino ad arrivare ai quasi 10 milioni per la Lombardia. Tutte le altre dieci e le province autonome di Trento e Bolzano: passabili tranne quelle da girone dell’inferno, individuate nel Molise e nella Calabria.
Questo è quanto scandito dai duri numeri di via XX Settembre, senza che a monte o valle ci fosse la benché minima valutazione sui come e sui perché, come se il ministero più importante del Governo fosse un asettico ragioniere con le mezzemaniche nere tenuto a fare bene le somme e le sottrazioni. Senza però dare ai saldi il giusto significato, specie alle conclusioni cui è pervenuta di recente in audizione al Parlamento la Ragioniera Generale, Daria Perrotta, sull’importanza del bilancio demografico di una Italia che invecchia progressivamente. Trattandosi di sanità non può che farsi così. L’assistenza sociosanitaria è tutt’altro, spesso serve a vivere piuttosto che morire. I meridionali ne sanno qualcosa, con una Calabria punta della disgrazia e della sofferenza umana
Ritornando al MEF, è da rilevare che fa di più. Molto di più. Fa passare leggi, bollinandole improvvidamente, anche quando sono l’esatta manifestazione contraria delle regole fondamentali della contabilità, prima fra tutte quella che impone l’ineludibile principio delle continuità. Lo fa addirittura apponendo un incomprensibile Ok formale della RGS alla ricostruzione dei bilanci delle ASP calabresi mai approvati negli anni, violando i principi che pretendono il non perseguimento di siffatte anomale procedure e l’annotazione dei dati attualizzati attraverso l’appostazione delle componenti straordinarie (sopravvenienze e insussistenze) nel più attuale bilancio. Ma si sa, nel nostro bel Paese una “cortesia”, seppure indebita a tal punto da concretizzare altrove la rimessione del proprio incarico, non la si rifiuta ad alcuno, anche se ciò comporta violazioni di norme imperative e saldi di bilancio non propriamente certi e trasparenti.
Fare avanzi significa non erogare i LEA
A proposito di rendiconti della sanità nazionale, la sintesi del Mef sulle condizioni dei saldi economici delle Regioni dimostrano ben altro, soprattutto nelle indicazioni favorevoli che il Dicastero offre di quelle che riescono a chiudere i bilanci annuali in avanzo.
Ebbene, la sanità così come residuata - in ritardo di quasi 25 anni nel passare al sistema di finanziamento del cosiddetto federalismo fiscale, fatto di costi e fabbisogni standard, nazionale e regionali – fonda le sue radici finanziarie sul Fondo sanitario nazionale che impone un valore (da distribuire poi alle Regioni e da loro alle aziende territoriali dei loro Ssr) che è pari a quello utile per sostenere l’erogazione dei Lea alla popolazione di riferimento. Quindi, chiudere in avanzo i conti economici, tenuto conto anche dei costi e oneri finanziari sopportati, costituisce un chiaro inadempimento delle Regioni medesime del loro obbligo di rendere esigibili i Lea. Tant’è che è previsto che ad ogni eventuale disavanzo è fatto obbligo ai cittadini di sopportare maggiori addizionali fiscali territoriali utili allo scopo.
Ettore Jorio