Fino al 3 ottobre 2025, in 13 Paesi europei sono stati segnalati 989 casi umani di infezione da virus West Nile (WNV) con luogo d’infezione conosciuto. Le prime manifestazioni si sono verificate il 2 giugno, mentre l’ultimo caso è datato 26 settembre.
I Paesi più colpiti: Italia (714 casi), Grecia (91), Serbia (60), Francia (42), Romania (36), Spagna (23), Ungheria (11), Croazia (4), Albania (3), Macedonia del Nord (2), Bulgaria (1), Kosovo (1) e Turchia (1). In Europa sono state registrate 63 morti.
I numeri finora riportati superano la media del decennio per lo stesso periodo (687 casi). Tuttavia, restano inferiori ai valori registrati nel 2018, 2022 e 2024 — anni “di punta” per la circolazione virale, quando già entro questo periodo erano stati superati i 1.200 casi. Va ricordato che i dati del 2025 sono in parte ritardati e incompleti, per cui ogni confronto va fatto con cautela.
L’Italia al centro dell’epidemia
L’Italia sta vivendo una grande epidemia: 714 infezioni confermate, di cui 48 decessi (tasso di mortalità del 6,7 %, in linea con le attese). È il numero più alto di casi umani riportati nel Paese in questo momento dell’anno. Le zone più colpite sono il Lazio (252 casi: Latina, Roma e Frosinone) e la Campania (124 casi: Napoli, Caserta, Salerno e Avellino). In molte altre regioni si registrano numeri simili agli anni precedenti.
Uccelli: l’Italia segnala ben 192 focolai; altri Paesi coinvolti sono Germania (15), Belgio (3), Spagna (3), Austria (2), Croazia (1) e Ungheria (1).
Tra le specie di uccelli maggiormente coinvolte, spiccano il corvo cornacchia (47 focolai) e la gazza (40). Seguono la colomba, il falco, il gabbiano, varie specie di rapaci e altri uccelli con 1‑4 segnalazioni.
Tra giugno e agosto 2025, i focolai negli equidi hanno superato la media decennale per quei mesi, mentre i focolai negli uccelli sono rimasti sotto la media triennale (2022‑2024), tranne che in agosto. Tuttavia, anche questi valori sono inferiori rispetto a quelli dell’intensa stagione 2024.
Finora, focolai in uccelli o equidi sono stati segnalati in 95 regioni di 9 Paesi. Tra questi, il Belgio ha registrato per la prima volta focolai in uccelli (tre focolai in corvi e gazze nello stesso mese), pur non avendo mai avuto casi umani autoctoni. Ciò segnala un possibile emergere recente del virus nel Paese.
In 23 regioni europee, i focolai animali sono stati riferiti per la prima volta nel 2025, incluse varie province italiane, francesi, croate, spagnole, tedesche e austriache. In Grecia, nella zona di Thasos‑Kavala, è stato segnalato il primo focolaio in equidi dopo 12 anni.
Alcuni focolai segnalati durante l’inverno (quando l’attività delle zanzare è minima), nel gennaio (Germania) o febbraio (Italia), devono essere interpretati con cautela: potrebbero riflettere la presenza persistente di anticorpi o RNA virale residuo, piuttosto che trasmissione attiva nel 2025.
Concentrazione italiana e implicazioni
Sei Paesi — Italia, Croazia, Francia, Grecia, Ungheria e Spagna — hanno riportato casi umani e focolai in animali. L’Italia, da sola, rappresenta il 72 % dei casi umani e il 73 % dei focolai in animali, evidenziando la forte attività virale in vaste aree del Paese. Questo fenomeno è probabilmente favorito da condizioni climatiche, ambienti ecologicamente favorevoli (zone umide, aree agricole) e da una sorveglianza intensiva che aumenta la probabilità di rilevamento.
L’emersione del virus in nuove aree e la rilevazione di focolai in Paesi finora illesi (come il Belgio) sottolineano l’espansione geografica continua del WNV, probabilmente favorita da cambiamenti ambientali, climatici ed ecologici. Inoltre, un aumento della sensibilità ai controlli o una maggiore consapevolezza nelle aree finora “silenti” può contribuire alla rilevazione.
Va considerato che, dato il ritardo nella diagnosi e segnalazione e il fatto che molte infezioni da WNV siano asintomatiche, i numeri riportati sottostimano probabilmente l’effettiva circolazione virale. La sorveglianza umana stagionale tende a concentrarsi sui casi confermati in laboratorio, contribuendo ai ritardi diagnostici.
Tenendo presente che le condizioni meteorologiche stanno diventando meno favorevoli per la trasmissione, è prevista una diminuzione delle nuove infezioni umane e dei focolai animali nelle prossime settimane. Nelle stagioni precedenti, il picco di trasmissione è spesso ricaduto tra agosto e settembre.