Prescrizioni, responsabilità e appropriatezza: chi decide davvero?

Prescrizioni, responsabilità e appropriatezza: chi decide davvero?

Prescrizioni, responsabilità e appropriatezza: chi decide davvero?

Gentile Direttore, l’accordo modenese per migliorare l’appropriatezza prescrittiva nella diagnostica ambulatoriale ha sollevato l’immancabile vespaio polemico. L’annoso problema dell’inappropriatezza può essere...

Gentile Direttore,

l’accordo modenese per migliorare l’appropriatezza prescrittiva nella diagnostica ambulatoriale ha sollevato l’immancabile vespaio polemico. L’annoso problema dell’inappropriatezza può essere affrontato partendo da due premesse cognitive opposte, due antitetiche pre-condizioni culturali di sfondo.

La prima enfatizza in modo retorico il ruolo centrale del MMG, immaginandolo come una sorta di burattinaio che muove i fili delle prescrizioni sul territorio, una sorta di deus ex machina dell’accesso ai servizi, il famoso custode del cancello dal quale dipenderebbero gli altri attori professionali. Niente di più lontano dalla realtà fattuale. In propositi Grilli e Taroni nel 2004 hanno formulato la diagnosi definitiva: “I processi di produzione e distribuzione dei servizi sanitari si svolgono attraverso reti di relazioni complesse e scarsamente gerarchizzabili fra organizzazioni e professioni diverse, in cui nessuno dei numerosi attori può esercitare la funzione di comando e controllo e, parallelamente, non esiste un unico soggetto cui imputare responsabilità complessive”. Sembrerà strano ma nel 2025 ancora le logiche sistemiche non sono patrimonio culturale ed organizzativo condiviso tra il management pubblico e i sindacati. Come recita uno scherzoso aforisma “per ogni problema complesso c’è una soluzione semplice, ma è sbagliata”. È il caso del mitico “ruolo centrale “del medico di base in qualità prescrittore unico, che resiste pervicacemente nonostante le evidenze empiriche contrarie.

Il presupposto cognitivo opposto, come indicano gli epidemiologi emiliani, è appunto sistemico-relazionale: non esiste nella “rete di relazioni complesse e scarsamente gerarchizzabili” un “centro di controllo” in grado di regolare gli scambi, le influenze e gli equilibri di “potere” tra prescrittori, autonomi ma inter-dipendenti. La metafora più adeguata è quella del quadrilatero relazionale – isolato artificialmente nel contesto della più ampia trama reticolare – ai cui vertici troviamo: il paziente, il medico dell’AP, lo specialista pubblico o accreditato e quello libero-professionale (in realtà sarebbe più appropriata la figura geometrica dell’esagono, per includere almeno farmacisti ed infermieri).

Sono questi gli attori nella dimensione micro che inducono in diversa misura e responsabilità le prestazioni oggetto delle iniziative di promozione dell’appropriatezza. Ognuno di loro è connesso con gli altri vertici tramite i lati e le diagonali in un intreccio di inter-retroazioni sistemiche regolate dai vincoli prescrittivi del SSN e regionali, dalle risorse organizzative locali, dalle norme del codice deontologico e dalle dinamiche informali della domanda-offerta sul mercato sanitario. Ogni attore del quadrilatero relazionale è latore di bisogni, ruoli, preferenze, priorità, logiche professionali, di “potere” etc., all’interno della propria sfera decisionale, che entrano in negoziazioni formali e informali con gli altri portatori di interessi.

Il primo passo per districarsi nelle “reti di relazioni complesse” e fare chiarezza sulle responsabilità è quello di stabilire “chi prescrive cosa e come” all’interno del sistema territoriale multi attore, posto che ci troviamo in una dimensione orizzontale e non verticale di controllo gerarchico, superiore e unidirezionale, come vorrebbe la vuota retorica del “ruolo centrale” dell’AP. Il MMG è spesso costretto a trascrivere impropriamente richieste di accertamenti che, in base alle norme vigenti, dovrebbero essere richiedere personalmente dallo specialista per rispondere al quesito clinico dell’inviante, senza l’umiliante via vai dei pazienti dall’ospedale allo studio del generalista. Insomma, a ciascuno il suo! Purtroppo però questa semplice regola comportamentale di correttezza, responsabilità ed equità viene spesso ignorata e per giunta non vale per lo specialista libero-professionale, che prescrive in totale libertà gravando sulle prescrizioni “suggerite” al MMG, il quale non può che fare buon viso a cattivo gioco, salvo perdere il paziente in caso di diniego.

Una volta definito chi e in che misura induce le prescrizioni, si può prendere in considerazione il problema della loro appropriatezza in due modi

·       in termini di mero scostamento quantitativo in eccesso rispetto alle statistiche, come indicatore di inappropriatezza, anche se resta da stabilire quale sia la media appropriata all’interno della variabilità;

·       oppure di qualità della richiesta – nel senso della prestazione giusta al paziente giusto etc.- in relazione alle norme informali di buona pratica clinica (PDTA, Linee Guida, RAO etc.) e/o ai vincoli normativi formali della cosiddetta medicina amministrata (LEA nazionali o norme regionali sulla diagnostica ambulatoriale, che per la precisione non comprendono le visite specialistiche).

Ecco due specifici esempi pratici: l’oculistica e la diagnostica per immagini. Le prescrizioni di visite specialistiche e di accertamenti strumentali oculistici sono l’esempio evidente della scarsa autonomia decisionale e dello scarsissimo controllo esercitato dal MMG sulle prescrizioni, per l’influenza preponderante del paziente e degli specialisti. Chiunque ha un minimo di esperienza di AP sa benissimo che quello del MMG è un ruolo di passivo esecutore con margini di discrezionalità ristrettissimi. Che decisione può prendere il generalista medio di fronte al paziente che lamenta deficit o disturbi visivi se non inviarlo a visita specialistica, con l’opportuna priorità?  E come potrebbe bloccare, per presunta inappropriatezza, richieste di visite di controllo e/o esami strumentali indotte dall’oculista in pazienti affetti da glaucoma, retinopatia ipertensiva o diabetica, degenerazione maculare, cataratta, vizi refrattivi, retinopatia miopica grave, strabismo, trapiantati di cornea etc.  

Per quanto riguarda la diagnostica per immagini le indagini epidemiologiche documentano che almeno la metà delle RMN sono indotte dal II livello, percentuale che supera i ¾ per quanto riguarda angio-RM, TC/RM con mezzo di contrasto, coronarografie, PET, scintigrafie, Spect etc.

Tra questi due estremi del continuum esistono situazioni intermedie e variegate nelle quali l’eventuale inappropriatezza del MMG può essere migliorata con la formazione, il benchmarking, il confronto tra pari e soprattutto la condivisione di buone pratiche (e relative responsabilità prescrittive) tra medici del I e II livello, nessuno escluso.

Dott. Giuseppe Belleri

Ex MMG – Brescia

Giuseppe Belleri

01 Dicembre 2025

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