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Abruzzo. Scontro sui consultori familiari. Per l’intersindacale sanitaria il progetto regionale “risente di un’ottica cattolica”

I sindacati contestano l’introduzione, nei Consultori, di compiti per la rimozione degli ostacoli di ordine sociale, culturale ed economico, o nei confronti delle difficoltà familiari e dell’Ivg: “Dà l’idea di quanto il progetto di riforma sia lontana dallo spirito originario della Legge, che proveniva dalle lotte femministe”. Critiche anche all’introduzione di figure professionali come i pedagogisti, esperti in discipline antropologiche, etiche, mediatori familiari

05 APR - Il progetto di modifica della Legge regionale n° 21/1978 riguardante i Consultori familiari della Regione Abruzzo è da rifare. La pensa così l’intersindacale sanitaria (Anpo, Aupi, Cimo, Cipe, Cisl-Medici, Fials, Fimp, Nursing-Up, Sidirss, Simet, Sinafo, Smi, Uil-Flp), che ha scritto all’assessore alle Politiche Sociali, Marinella Sclocco, per chiedere la convocazione “urgente” di una riunione “con tuttii rappresentanti sindacali regionali degli operatori sanitari coinvolti per permettere loro di affrontare nel dettaglio” le criticità segnalate nella lettera.

L’intersindacale sanitaria evidenzia anzitutto come “la Legge nazionale n° 405/1978 ha delineato con grande chiarezza i compiti e le figure professionali che dovevano essere inserite all’interno delle strutture consultoriali. Se di modifiche della Legge regionale in oggetto si deve parlare esse riguardano soprattutto  i volumi di prestazioni ed i bisogni della popolazione enormemente cambiati dagli anni ‘70 ad oggi. Argomenti quali la genitorialità, il disagio adolescenziale, i conflitti di coppia dal versante psicologico, la gravidanza e gli screening oncologici nel versante ostetrico-ginecologici dall’altro, danno la misura di un forte cambiamento nel perseguire la salute psichica e fisica. I nuovi LEA, approvati da pochissimi giorni, danno un ulteriore conferma all’importanza di tante problematiche che vengono addirittura rafforzate, soprattutto negli aspetti psicologici ma anche in quelli preventivi in campo medico”.

Per l’intersindacale sanitaria “ne consegue che le figure imprescindibili in un consultorio non possono non essere anche quelle dello psicologo, del ginecologo e dell’ostetrica, la cui presenza deve essere garantita in ogni consultorio per far fronte a tutte le problematiche che i Lea attribuiscono ai Consultori. La figura del medico di Medicina Generale, invece, prevista dalla Legge suddetta non trova riscontro nelle attuali organizzazioni anche se va mantenuta ove presente”.

Inoltre, prosegue l’intersindacale sanitaria, “se negli anni ’70 la figura dello psicologo non era ancora stata normata da una Legge e quindi si poteva parlare di esperti, oggi è una figura definita da leggi nazionali con un proprio percorso formativo e proprie specializzazioni, con un proprio Ordine professionale  e che appartiene all’area sanitaria. Va, quindi, nominata la figura dello Psicologo/psicoterapeuta, non dell’esperto che potrebbe dare adito a fraintendimenti e individuazioni di personale senza il giusto titolo di studio”.               

Al contrario, per l’intersindacale sanitaria “non è necessario inserire tutte le figure che vengono citate: i pediatri sono già figure di riferimento per ogni bambino, non è necessario averne altri in Consultorio. Stesso discorso vale per amministrativi (?), pedagogisti, esperti in discipline antropologiche, etiche (sic), mediatori familiari che non sono riconosciuti neppure come figura normata dalla legge”.

“I Consultori – ribadiscono i sindacati - hanno bisogno delle figure professionali alle quali la Legge attribuisce dei compiti, rafforzati dai LEA, Livelli Essenziali di Assistenza, che sono quelle ritenute obbligatorie dalla Legge 405/78. Se modifiche vanno pensate all’interno della Legge esse riguardano il numero di ore necessarie per poter svolgere tutti i compiti che i LEA attribuiscono ai Consultori e non le figure professionali”.

Nella lettera l’intersindacale sanitaria evidenzia, inoltre, che “tra i compiti dei consultori Familiari, inoltre, non rientra quello di rimuovere gli ostacoli di ordine sociale, culturale ed economico né nei confronti delle difficoltà familiari né per quanto riguarda la interruzione volontaria di gravidanza. Aver inserito questi termini dà l’idea di quanto il progetto di riforma della legge risenta di un’ottica cattolica e lontana dallo spirito originario della Legge, che proveniva dalle lotte femministe per i diritti della donna”.

Per quanto riguarda, poi, gli aspetti economici “è inammissibile che avvenga una riduzione di risorse al pubblico, già gravato da troppe riduzioni: il personale non viene sostituito, le equipe sono quasi sempre incomplete, il numero di Consultori è stato ridotto di almeno il 25% (va cercato il dato reale), le prestazioni base spesso non possono essere assicurate a tutti i cittadini”.

Infine, “la quota del 10%, riservata alla formazione degli operatori, non è ammissibile che venga attribuita tout-court ai privati, spesso fornitori di servizi  con personale mancante dei requisiti tecnici e legali previsti dalle normative nazionali”.

05 aprile 2017
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