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Le donne neurochirurgo si riuniscono a Congresso. Carriera ancora in salita

Appuntamento l’11 dicembre a Reggio Emilia. Si parlerà di pari opportunità ma anche di aggiornamento in neuroncologia e neurochirurgia. Delitala (Sin): “Le donne neurochirurgo hanno un forte tasso di desistenza e la loro progressione di carriera è più difficoltosa. Peccato, perché l'accuratezza tecnica e la passione per il dettaglio ben si sposano con la nostra specialità”. Il programma

07 DIC - Donne neurochirurgo a Congresso. Si svolgerà infatti l’11 dicembre, a Reggio Emilia, presso l’Arcispedale Santa Maria Nuova, il Congresso Nazionale delle donne in neurochirurgia, nel corso del quale si affronterà non solo la questione delle pari opportunità professionali, ma anche tematiche scientifiche, a partire dai tumori cerebrali in Italia, epidemiologia e distribuzione gender correlata, dall’aggiornamento in neuroncologia a quello in neurochirurgia.

A presiedere il Congresso sarà però un uomo, il prof. Franco Servadei, presidente della Federazione mondiale dei neurochirurghi. Al congresso, infatti, parteciperanno anche numerosi colleghi uomini. Tra questi, Alberto Delitala, presidente della Società italiana di Neurochirurgia, che spiega: "La donna in Italia fa più fatica ad affermarsi rispetto ad altri paesi europei, dotati da anni di strumenti di tutela della maternità e della famiglia, da noi ancora in embrione. A tutt'oggi le donne neurochirurgo, che già costituiscono la maggioranza nelle Scuole di Specializzazione, hanno un forte tasso di desistenza e la loro progressione di carriera è più difficoltosa, più lenta, talvolta impossibile. Peccato, perché l'accuratezza tecnica e la passione per il dettaglio ben si sposano con la nostra specialità; con me lavorano tre donne neurochirurgo, una più brava dell'altra, appassionate, certamente non seconde ai colleghi uomini. Ma in Italia le donne neurochirurgo che abbiano raggiunto un ruolo apicale non si contano sulle dita di una mano”.

Per Delitala “Non è certo con le ‘quote rosa’ che risolveremo quest'anomalia; la proposta, che pure aleggiava fino al Congresso di Napoli dello scorso giugno, è stata definitivamente bocciata dalle stesse colleghe, che aspirano invece a conquistare da sé quei ruoli finora appannaggio degli uomini, senza "quote azzurre". L'Italia, anche in questo, è divisa in due; ma non classicamente tra nord e sud, ma tra regioni "virtuose" e quelle sotto "piano di rientro"; in queste ultime se una collega rimane incinta non è una gioia come dovrebbe essere, ma una sventura per il reparto che per molti mesi non avrà alcuna sostituzione. È da qui che bisogna ripartire. La donna incinta, soprattutto se esposta a radiazioni ionizzanti e gas anestetici, deve essere subito sostituita; l'idea che si possa affidargli l'ambulatorio o altre attività di minor aggravio, pur logica, va a scontrarsi con l'anzianità di molti reparti. E noi come Società Scientifica, quali iniziative vogliamo intraprendere? Nulla! Se non quella della valorizzazione dei talenti e delle competenze, sia rosa che azzurre".

07 dicembre 2015
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