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Liberalizzazioni. L'Antitrust: "Fare di più su farmaci, privati, case di cura, beni e servizi"


Tra le proposte del presidente Pitruzzella: più accesso agli erogatori privati che non gravano sull'erario pubblico; stop all'accreditamento provvisorio; criteri di trasparenza nella selezione delle imprese convenzionate; valutazione della performance e, per l’acquisto di beni e servizi, no a meccanismi che sovrastimino il livello del costo standard. Il documento dell'Antitrust.

02 OTT - “Il processo di liberalizzazione dei mercati ha mostrato, durante il Governo Monti, rapide accelerazioni ma molto resta ancora da fare”. Lo scrive il presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Giovanni Pitruzzella, in una segnalazione richiesta dall’Esecutivo e inviata al Governo e al Parlamento, in cui si fotografa lo stato dell’arte dei singoli mercati e propone le ulteriori modifiche necessarie (vedi il documento integrale e la sintesi).

E spazi di intervento ulteriore, secondo l'Antitrust, ci sono anche nel settore farmaceutico e nella sanità, così come nelle Poste, assicurazioni, servizi professionali, pubblica amministrazione, trasporti e servizi pubblici locali.

Nella segnalazione, richiesta dal Governo per predisporre anticipatamente la legge annuale per la concorrenza, l’Antitrust ribadisce che l’apertura dei mercati e l’introduzione dei meccanismi concorrenziali sono ingredienti “imprescindibili per stimolare, in prospettiva, la crescita e migliorare il benessere dei consumatori. Devono tuttavia essere accompagnati da istituzioni efficienti e veloci, che diano certezza dei tempi a chi vuole investire nel nostro Paese". Inoltre, sottolinea ancora l’Antitrust, “in attesa che venga ridisegnata l’architettura istituzionale del Paese, bisogna rafforzare da subito i poteri sostitutivi dello Stato e delle Regioni per evitare l’inerzia degli Enti locali. In caso di mancato intervento delle Regioni sui Comuni sarà lo Stato a dovere assumere le determinazioni necessarie”.

Ecco, in particolare, gli interventi di liberalizzazione che, secondo l'Antitrust, possono ancora essere introdotti nel settore farmaceutico e nella sanità.

IL SETTORE FARMACEUTICO

Cosa è stato fatto e grado attuale di apertura dei mercati
La più recente attività legislativa del Governo con riferimento al settore della distribuzione farmaceutica, e in particolare le disposizioni che incrementano il rapporto fra il numero di farmacie autorizzabili e il numero degli abitanti, che introducono la possibilità per le farmacie di vendere i farmaci monodose (con conseguente riduzione degli sprechi) e per le parafarmacie di vendere un sottoinsieme dei cosiddetti farmaci di fascia C e di farmaci veterinari (cfr. articoli 11, commi 15 e 16, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27), nonché, da ultimo, le disposizioni che circoscrivono la possibilità per il medico di prescrivere specialità medicinali, ove esista il prodotto generico, richiedendo specifica motivazione (articolo 15, comma 11-bis del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, come convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135) sono da considerarsi importanti passi avanti per l’auspicata introduzione di principi di concorrenza nel settore in esame.

Misure già previste ma ancora da attuare
Con riguardo alla modifica del sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco, contenuta all’articolo 15, comma 2, del citato d.l. 95/2012, prevedere che il nuovo sistema sia basato su una retribuzione ‘a forfait’ per ogni servizio di vendita di ciascun medicinale, indipendentemente dal suo prezzo, piuttosto che sul valore dei prodotti venduti.
Un siffatto sistema introdurrebbe un elemento di forte regressività del margine di guadagno rispetto al prezzo del prodotto, contribuendo, insieme alle altre disposizioni già previste in tal senso, ad incentivare la vendita dei farmaci a minor prezzo (in particolare, i farmaci generici), con rilevanti benefici per le dinamiche concorrenziali nel settore della produzione farmaceutica.

Cosa resta da fare
 
1) Multi-titolarità delle farmacie
Non è detto che l’aumento del numero delle farmacie si traduca direttamente in un incremento della concorrenza di prezzo e/o di qualità. Tale esito potrebbe infatti pienamente realizzarsi solo laddove, superando i limiti normativi attualmente esistenti, si contempli la possibilità che un unico soggetto possa assumere la titolarità di più licenze, il che garantirebbe lo sviluppo di adeguate economie di scala e di rete e la nascita di nuovi modelli di business, che potranno riverberarsi in una riduzione dei costi della distribuzione, analoghi a quelli sperimentati in altri Paesi europei, a beneficio dell’utenza.

2) Divieto di patent linkare
Con riguardo all’auspicato sviluppo dei farmaci generici, appare fondamentale scongiurare l’introduzione di norme che, vincolando le procedure di concessione delle autorizzazioni per l’immissione in commercio di farmaci generici alla risoluzione di eventuali dispute inerenti a presunte violazioni della proprietà industriale e commerciale, determinino un ritardo all’ingresso nel mercato pregiudizievole per la concorrenza. In particolare, l’articolo 11, comma 1, del d.l. 158/2012 lega l’efficacia dei provvedimenti necessari all’inserimento dei farmaci generici nella c.d. “Lista di Trasparenza” ai fini del rimborso a carico del SSN, alle date di scadenza brevettuale indicate dal Ministero dello Sviluppo Economico, configurando nuovamente una chiara ipotesi di patent linkage.

Proposte operative
1) Al fine di ampliare la possibilità di una multititolarità delle farmacie, modificare l’articolo 5, comma 6-ter, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con legge 4 agosto 2006, n. 248, che integra l'articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362, eliminando il limite di titolarità di 4 farmacie in capo ad un unico soggetto, così da poter cogliere appieno i benefici derivanti dalle economie di scala.

2) Al fine di eliminare un ostacolo all’ingresso sul mercato dei farmaci generici, abrogare l’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 11 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, che subordina l’inserimento dei medicinali equivalenti nel Prontuario farmaceutico nazionale alla data di scadenza del brevetto o del certificato di protezione complementare della specialità di riferimento, e che inserisce in tal modo una chiara forma di “patent linkage”.
 
 
LA SANITA’

Cosa è stato fatto e grado attuale di apertura dei mercati
Si sono realizzati importanti interventi tesi a razionalizzare il SSN (attribuzione alle aziende sanitarie della personalità giuridica pubblica, con le conseguenti sfere di autonomia; prefigurazione di un sistema di concorrenza tra strutture pubbliche e private, fondato sull’accreditamento e il finanziamento a tariffa delle strutture stesse).
In tale settore non possono registrarsi interventi di liberalizzazione, intesa nella sua accezione di piena ed incondizionata apertura all’operare dei meccanismi di mercato.

Cosa resta da fare
Pur nella consapevolezza che i servizi sanitari si configurano a tutti gli effetti come un bene pubblico, la cui gestione coinvolge, tra l’altro, delicati aspetti di contabilità pubblica ed esigenze di protezione sociale, si possono individuare spazi per l’introduzione di stimoli concorrenziali.
 
1) Maggiore libertà di accesso per gli operatori privati
Gli operatori privati che erogano prestazioni non a carico del SSN possono svolgere un ruolo importante nella realizzazione di strutture e nell’esercizio di attività sanitarie; consentire una maggiore libertà di accesso agli operatori privati nell’erogazione di prestazioni sanitarie che non gravano sull’erario pubblico può contribuire a migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi, con riflessi positivi sulla produttività dell’intera offerta. In questo senso, non trova alcuna giustificazione la previsione, di cui all’articolo 8-ter del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, in base alla quale, anche per le imprese private che operano nella fornitura di servizi sanitari non a carico dell’erario pubblico, l’autorizzazione alla realizzazione di strutture e all’esercizio di attività sanitarie è subordinata alla verifica di compatibilità del progetto da parte delle Regioni, da effettuarsi “in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione delle strutture presenti in ambito regionale” (comma 3).
 
2) Eliminazione del regime di accreditamento provvisorio
L’attuale configurazione del sistema di accreditamento delle imprese private che intendono fornire servizi sanitari per conto del SSN presenta aspetti discriminatori, in ragione del regime dell’accreditamento provvisorio, previsto dall’articolo 8-quater, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. In particolare, vari operatori privati si trovano in una situazione di accreditamento provvisorio, e non istituzionale, in attesa delle verifiche “del volume di attività svolto e della qualità dei suoi risultati”, per le quali, peraltro, la norma non detta alcun termine. Appare quindi necessario superare il regime dell’accreditamento provvisorio, prevedendo una norma generale che disponga l’obbligo di accreditamento definitivo da parte delle Regioni per le nuove strutture sanitarie o per l’avvio di nuove attività in strutture preesistenti.
 
3) Trasparenza nella selezione delle imprese convenzionate
Appare opportuno che il sistema di convenzionamento delle imprese private operi su base selettiva, non discriminatoria, periodica e trasparente. A garanzia di un accesso equo e non discriminatorio degli operatori privati al circuito del SSN, dovrebbe essere inserita nell’articolo 8-quinquies del d.lgs. n. 502/92 una norma che preveda selezioni periodiche regionali, adeguatamente pubblicizzate, che facciano seguito a verifiche sistematiche degli operatori già convenzionati ed alla conseguente eventuale razionalizzazione della rete in convenzionamento.
 
4) Meccanismi di valutazione della performance delle strutture sanitarie
Onde favorire la scelta del luogo di cura da parte degli utenti, si rende necessario incrementare l’informazione disponibile sulle performance delle strutture pubbliche e private, in termini di efficienza gestionale e di qualità del servizio, procedendo a rendere ampiamente disponibili i bilanci delle ASL e delle strutture private e i dati sugli aspetti qualitativi del servizio (es. lunghezza delle liste di attesa per le prestazioni presso le diverse strutture pubbliche dello stesso territorio), nonché sugli aspetti relativi all’attività medica svolta. Tali informazioni potrebbero orientare la domanda verso le strutture più efficienti, creando di fatto una concorrenza fra strutture pubbliche ovvero fra strutture pubbliche e private convenzionate.
 
5) Contenimento della spesa pubblica sanitaria
Con riguardo alla spesa sanitaria e, più specificamente, a quella relativa all’acquisto di beni e servizi, l’articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge dalla l. 15 luglio 2011, n. 111 (come modificato dall’articolo 15, comma 13, lettera b), del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge dalla l. 7 agosto 2012, n. 135) prevede che le ASL siano tenute a proporre ai fornitori una rinegoziazione dei contratti che prevedano prezzi unitari di fornitura che eccedono di almeno il 20% i corrispondenti prezzi di riferimento, potendo eventualmente recedere dai medesimi contratti, senza alcun onere, laddove non venga raggiunto l’accordo per la rideterminazione del prezzo al livello di riferimento. Tale previsione, se, da un lato, appare volta a rendere più vincolante l’impegno delle ASL al contenimento dei costi di acquisto di beni e servizi; dall’altro, crea le condizioni affinché nella prassi il fabbisogno di beni e servizi delle ASL venga soddisfatto a prezzi che eccedono il prezzo di riferimento di tale misura. In tal modo, essa introduce un’ingiustificata distorsione idonea a sovrastimare il livello del costo standard, ossia il parametro che dovrebbe guidare la convergenza dei costi di approvvigionamento del servizio sanitario a livelli di efficienza.

Proposte operative
1) Al fine di consentire una maggiore libertà di accesso degli operatori privati all’erogazione di prestazioni sanitarie che non gravano sull’erario pubblico, appare opportuno introdurre a livello nazionale una norma di principio che consenta la realizzazione e l’esercizio di strutture sanitarie non convenzionate con il SSN a prescindere dalla verifica del fabbisogno di servizi sanitari, come attualmente previsto dall’articolo 8-ter del d.lgs. n. 502/92, né tanto meno della compatibilità finanziaria.

2) Al fine di far venir meno gli aspetti discriminatori a danno delle imprese private che discendono dall’attuale configurazione del sistema di accreditamento, si ritiene necessario abrogare il comma 7 dell’articolo 8-quater, del d.lgs. n. 502/92, che prevede il regime dell’accreditamento “in via provvisoria”, per il tempo necessario alla verifica del volume di attività svolto e della qualità dei suoi risultati.

3) Al fine di garantire che il sistema di convenzionamento delle imprese private operi su base selettiva, non discriminatoria, periodica e trasparente, sarebbe necessario inserire nel testo inserire nell’articolo 8-quinquies la previsione di selezioni periodiche regionali, adeguatamente pubblicizzate, delle strutture da convenzionare, nonché meccanismi di verifiche sistematiche degli operatori già convenzionati.

4) Onde favorire la scelta del luogo di cura da parte degli utenti, si rende necessario introdurre nel d. lgs. n. 502/92 un obbligo di pubblicazione, sui siti istituzionali, dei bilanci economici, dei dati relativi agli aspetti qualitativi del servizio e dell’attività medica svolta dalle strutture sanitarie pubbliche e private.

5) Al fine di evitare distorsioni idonee a sovrastimare il livello del costo standard, ossia il parametro che dovrebbe guidare la convergenza dei costi di approvvigionamento del servizio sanitario a livelli di efficienza, si rende necessaria una modifica dell’articolo 17, comma 1, lettera a), del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge dalla l. 15 luglio 2011, n. 111 (come modificato dall’articolo 15, comma 13, lettera b), del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge dalla l. 7 agosto 2012, n. 135) nella parte in cui prevede l’obbligo di rinegoziazione dei contratti di fornitura riguardanti il settore sanitario, rimuovendo la limitazione di tale obbligo ai soli contratti che eccedono il 20% del prezzo di riferimento.
 

 

02 ottobre 2012
© Riproduzione riservata

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