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Sostenibilità Ssn. Indagine Camera: “Senza cambiamento e innovazione il sistema va a fondo”. Lorenzin: “In autunno riforma degli enti vigilati e di quelli della ricerca”


No ai tagli lineari, si alla sanità integrativa, meno potere alle regioni e al Mef più potere al ministero della Salute. Questa la sintesi dell’indagine conoscitiva sulla sostenibilità del Sistema condotta dalle due Commissioni di Montecitorio, Bilancio e Affari Sociali. Il sistema regge ma ha bisogno di cambiamenti perché comincia a scricchiolare. Lorenzin, presente al convegno, annuncia per l’autunno una serie di riforme. 

17 LUG - Sanità integrativa, blocco dei tagli lineari, riduzione del potere delle Regioni e del Mef e più potere al ministero della Salute.
Sono queste le coordinate da seguire per rimettere in equilibrio il nostro Ssn. Un Ssn con luci e ombre, ma sicuramente insostituibile in quanto strumento indispensabile per la tutela della salute, e a dai costi non superiori a quelli di altri Paesi, anzi addirittura più bassi della media internazionale e europea. Un sistema a rischio: la riduzione dei finanziamenti potrebbe, infatti, ridurre la qualità dei servizi e la loro capacità di rispondere ai bisogni sanitari della popolazione. Un sistema che continua inoltre a procedere a due velocità, dove le Regioni sottoposte a piano di rientro, concentrate soprattutto nel Meridione, continuano a segnare il passo.
 
A scattare la fotografia dello stato di salute del nostro Sistema sanitario nazionale è “l’Indagine conoscitiva sulla sostenibilità economica del sistema sanitario” condotta, tra giugno e dicembre 2013 dalle commissioni Bilancio e Affari Sociali della Camera, e presentata questa mattina a Montecitorio alla presenza del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e dei presidenti delle rispettive Commissioni: Francesco Boccia della V e Pierpaolo Vargiu della XII. Obiettivo: valutare l’adeguatezza del Ssn a fornire prestazioni di qualità, informate ai principi di equità e universalità.
 
Un’indagine che il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha definito “utilissima”: “Emergono molte questioni, come la necessità di ricentralizzare i controlli, dare maggior forza nella distribuzione dei farmaci a livello nazionale, e la necessità di cambiare la governance”. Molte utile anche perché “segna i livelli di criticità del sistema sanitario che abbiamo utilizzato per fare il Patto per la salute e anche perché il Parlamento sta condividendo un percorso di riforma della sanità”.
 
Lorenzin: Patto più ‘audace’ se fosse stato un mio decreto
Un percorso di riforma del quale il Patto per la Salute è un tassello essenziale. Anche se, per il ministro sarebbe servita più audacia: “Se fosse stato il decreto Lorenzin sarebbe stato più audace, ma si è trattato di una negoziazione”.
Comunque ha sottolineato il ministro al contrario dei vecchi Patti dei sogni che riunivano una serie di desiderata spesso applicati al 20-30%, tutte le misure contenute in questo Patto hanno una tabella di marcia, oltre a una cabina di regia e di monitoraggio. “Ho partorito questo ‘bambino’ in nove mesi in cui – ha detto – ho visto tutti e negoziato con tutti. Se qualcuno pensa che la cabina di regia e monitoraggio sarà finta dove cambiare ministro della Salute”.
 
Dopo Patto salute riforma enti vigilati e ricerca
Ma ora, siglato il Patto della salute ha ricordato Lorenzin “restano da compiere due elementi esterni all’accordo: la riforma degli enti vigilati e quella degli enti di ricerca”. Due riforme ha detto Lorenzin, che saranno avviate in autunno. “È mia intenzione – ha spiegato – dare all’Aifa i poteri per essere una grande agenzia europea capace di renderci competitivi. Agenas deve diventare l’agenzia di controllo, non fare ricerca, deve fare controlli: la ricerca la fa l’Istituto superiore di sanità che deve tornare a essere il grande istituto di ricerca per cui è nato”. Lorenzin ha spiegato che la sua idea è “di mettere un sistema in rete, fare dialogare gli enti tra loro in modo che possano partecipare ai grant e alle sfide per attrarre risorse in maniera coordinata, passando dalla fase artigianale alla fase industriale”.
 
Non solo Patto, Lorenzin ha poi sottolineato che alle due sfide classiche della sanità - sostenibilità e qualità del servizio - se ne aggiunge una terza, quella dello sviluppo: “Il sistema salute fa parte del sistema paese e intorno alla salute non c’è solo il benessere delle persone, ma c’è anche la qualità dei prodotti agroalimentari, la qualità dell’ambiente, l’industria farmaceutica, l’indotto della ricerca e dell’innovazione e per me tutto questo è il nostro petrolio. È quello che ci può rendere competitivi rispetto agli Usa e ai paesi del Brics. È un settore che è un brand del made in Italy e quindi deve essere fonte di investimenti”.
 
Si è conclusa la stagione dei tagli lineari
E' entrato con decisione nel merito dell'indagine Francesco Boccia: “Sanità integrativa, nessun taglio lineare e ridurre il potere delle regioni nel comparto sanitario. Sono queste le linee guida del documento approvato dalle Commissioni congiunte di Montecitorio. Ed è da questi punti fermi che Ministero e Regioni devono ripartire, facendo proprio il lavoro fatto in questi mesi dalle commissioni Bilancio e Affari Sociali”.
 
E ancora, ha specificato Boccia: “Per la prima volta il Parlamento ha concluso un’indagine conoscitiva sulla sostenibilità finanziaria della sanità italiana. Abbiamo audito tutte le categorie del settore: medici, infermieri, centri di ricerca pubblici e privati, imprese pubbliche e private, ministero della Salute e dell’Economia. È stato un lavoro complesso, condiviso e il documento conclusivo è stato approvato con il voto favorevole di tutti i gruppi parlamentari, ad eccezione del M5S, che ha deciso di astenersi”.
 
“In questi mesi – ha proseguito Boccia – abbiamo avuto modo di conoscere davvero, in profondità, lo stato di salute del comparto sanitario, i servizi erogati e la loro qualità. Un’occasione per bollare come conclusa, ancora una volta, la stagione dei tagli lineari vissuta fino ad oggi. Anche perché una rimodulazione, comunque necessaria, della spesa pubblica non sarebbe compresa né tantomeno comprensibile se non si fossero interpellati direttamente i protagonisti stessi del comparto. Dopo un lungo lavoro di ascolto, analisi, confronto e sintesi con le categorie di riferimento consegniamo al governo e al Parlamento un documento tutto coraggio e concretezza per assicurare al Ssn la sostenibilità finanziaria di cui necessita”.
 
Senza cambiamento e innovazione si affonda
“Quello di oggi non è un convegno – ha precisato il presidente Pierpaolo Vargiu – siamo convinti che per la sanità italiana siano finiti anche i tempi supplementari dei convegni. Consigliamo la lettura del Documento perché al suo interno sono scritti tutti i drammi del Ssn. Non ci sono più alibi. Se non iniziamo a prenderne atto sarà difficile lavorare per trovare le soluzioni. Nel frattempo a pagare saranno sempre i più deboli”.
 
“Il Patto per la salute – ha aggiunto Vargiu – è solo il primo passo: il nostro sistema sanitario scricchiola in modo inquietante. Siamo di fronte a ventuno diversi sistemi sanitari che stentano a garantire la stessa equità e universalità a un sardo o a un veneto. Non basta cambiare la governance. Servono anche nuove risorse economiche. Non è accettabile che alla domanda di innovazione tecnologica e di nuovi bisogni di salute, risponda assai più spesso il ministero dell’economia che quello della salute”.
 
“Dobbiamo ragionare – ha proseguito Vargiu – sul cambiamento superando antichi pregiudizi ideologici, che ci impediscono di discutere i problemi veri, mettendo in campo possibili soluzioni concrete e il documento presentato oggi ne contiene tante e condivise, tra cui l’incentivo alla sanità integrativa e l’assoluta urgenza di investimenti per l’innovazione tecnologica e delle infrastrutture”. Elementi questi per Vargiu assolutamente indispensabili perché, ha concluso “se dovessi dare un titolo al nostro lavoro direi: allarme sanita. Senza cambiamento e innovazione si va a fondo”.
 
 
L’indagine in sintesi
 
È un quadro con luci e ombre quello emerso dall’indagine.
Tra gli aspetti decisamente positivi emersi dall’indagine viene segnalata la sostanziale condivisione, da parte della quasi totalità degli auditi, del valore insostituibile del Ssn, quale strumento indispensabile per la tutela della salute, dall’altro, il fatto che gli oneri derivanti dal Sistema sanitario non sono superiori a quelli di altri Paesi, ma anzi si collocano al di sotto della media interazionale e europea.
 
Tra gli aspetti negativi, invece, l’indagine individua in primo luogo la preoccupazione che il protrarsi della crisi finanziaria e la conseguente sensibile riduzione dei finanziamenti destinati al Ssn riducano la qualità dei servizi e la loro capacità di rispondere ai bisogni sanitari della popolazione; in secondo luogo è stato constatato che le regioni sottoposte a piano di rientro, e più in generale, la quasi totalità delle regioni meridionali, versano in una condizione notevolmente diversa rispetto alle altre regioni.
 
In particolare, nel corso dell’indagine è stata posta particolare attenzione ai seguenti temi: il riparto costituzionale delle competenze tra lo Stato e le Regioni, l’organizzazione territoriale del Servizio sanitario, il finanziamento da parte dello Stato del Welfare sanitario e la nuova sfida dell’appropriatezza delle prestazioni anche attraverso misure volte alla razionalizzazione della spesa.
 
Riforma del Titolo V
Per affrontare le sfide future che si presenteranno al Ssn in virtù dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento del fabbisogno di salute, si legge nel documento dell’indagine conoscitiva, sarà necessaria, “un’azione di coordinamento a livello centrale più forte e mirata di quella prevista e attuata con la riforma del Titolo V, idonea a garantire un’erogazione dei Lea omogenea su tutto il territorio nazionale, in modo da eliminare le differenze regionali e infra-regionali attualmente esistenti”. Questo significa che “allo Stato, spetterebbe la definizione degli standard, degli obiettivi di salute da raggiungere, il controllo riguardo all’erogazione dei Lea, anche esercitando un potere sostitutivo; mentre, alle Regioni, rimarrebbe il ruolo di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari”. 
 
Le risorse risparmiate devono essere reinvestite in sanita
Quanto alle risorse, le commissioni Affari sociali e Bilancio ricordano che nuovi tagli comporterebbero “l’impossibilità di garantire i livelli di assistenza e quindi l’equità nell’accesso alle prestazioni socio-sanitarie. Pertanto - sottolineano - eventuali risorse recuperate attraverso misure di razionalizzazione della spesa dovranno essere destinate al miglioramento dei servizi sanitari”. Un punto, quello delle risorse risparmiate che devono rimanere ed essere reinvestite in sanità, sul quale anche il ministro Lorenzin ha insistito molto, durante i mesi di elaborazione e trattative sul Patto della salute.
 
Rivedere il ruolo del Mef e della Salute
Tra gli altri punti evidenziati dall’indagine, il ruolo di supervisore della spesa sanitaria, svolto dal ministero dell’Economia e delle finanze, soprattutto nei confronti delle regioni sottoposte a piani di rientro, che “dovrebbe essere bilanciato da un analogo ruolo di valutazione, di indirizzo e, in caso di necessità, sostitutivo, svolto dal ministero della Salute, a tutela dell’effettivo rispetto dei livelli essenziali di assistenza”.
 
Territorio, ticket, sanità integrativa e premiare la qualità
È stata evidenziata anche la necessità di potenziare la capacità, da parte dei servizi territoriali, di prendere in carico i pazienti cronici, superando “la logica ospedalo-centrica a favore della domiciliarizzazione di strutture intermedie”. Per quanto riguarda i ticket, la proposta è quella della “fissazione di una franchigia, calcolata in percentuale del reddito, fino al concorrere della quale si dovrà pagare interamente secondo le attuali tariffe ogni prestazione sanitaria fruita nel corso dell’anno. Superata la franchigia, che potrebbe essere anche progressiva, le prestazioni sarebbero invece gratuite o con minime forme di compartecipazione ad effetto dissuasivo e comunque legate a percorsi di appropriatezza clinica”.
 
Nel documento, si legge inoltre del bisogno di “incentivare la sanità integrativa costituita da fondi integrativi, polizze assicurative, collettive e individuali, attraverso una maggior defiscalizzazione; di maggiori investimenti in prevenzione primaria e in politiche, anche non strettamente sanitarie, in grado di diffondere corretti stili di vita; di medicina personalizzata” per agganciare l’innovazione e lo sviluppo tecnologico, “di contenimento della medicina difensiva; di un migliore utilizzo dei dati disponibili; di una maggiore rapidità e omogeneità nell’accessibilità ai farmaci innovativi, oggi licenziati dall’Aifa con una lentezza superiore rispetto ai restanti contesti europei”.
 
Per quanto riguarda i sistemi sanitari regionali e le aziende sanitarie, le commissioni della Camera auspicano un sistema che premi “la qualità, applicando regole che valorizzino i sistemi sanitari regionali, le aziende sanitarie e ospedaliere e gli operatori, anche privati, migliori, promuovendo una virtuosa competizione fra erogatori” e una “maggiore autonomia delle aziende, in caso di difficoltà sul fronte delle risorse, al fine di gestire in modo flessibile ed efficace i fattori produttivi disponibili”.
 
Abbassare troppo i prezzi dei farmaci favorisce l’esportazione parallela
Luca Pani, direttore generale Aifa, intervenuto alla presentazione dell’indagine conoscitiva ha puntato i riflettori sulla spesa farmaceutica. “È fisiologico che la spesa farmaceutica cresca nei paesi sviluppati – ha spiegato – perché altrimenti c’è l’impressione che non stai governando il sistema. La spesa deve crescere. Da questo punto di vista noi siamo secondi per quanto riguarda il prezzo medio soltanto alla Spagna e al Portogallo e alla Grecia ma perché quest’ultima ha fatto delle manovre economiche. Se si abbassano troppo i prezzi abbiamo il problema dell’esportazione parallela che è legittima”.
 
Pani ha presentato poi le sue proposte per la spesa: “Una prima proposta sarebbe quella che, a invarianza del finanziamento fissato, si escluda dal tetto la spesa farmaceutica del ticket che di fatto è la spesa che fanno i cittadini. Questo comporterebbe rimettere immediatamente 500 milioni nel sistema. Sul versante del sostegno all’innovazione si chiede alle aziende di fare innovazione ma poi non siamo in grado di reggerla economicamente. Possiamo usare le risorse risparmiate negli equivalenti per reimmetterle nell’innovazione” però ha aggiunto Pani, “i cittadini devono aumentare la percentuale di acquisto dei generici, su questo punto infatti altri Paesi come la Germania e l’Inghilterra vanno molto meglio di noi”.
 
Infine il responsabile dell’Aifa ha messo sul piatto alcune proposte di modifiche normative: dare dei prezzi unici a livello nazionale per tutti i medicinale che sono ceduti alle strutture pubbliche; introduzione di liste di riferimento sul prezzo rimborsato dal Ssn anche per i medicinali di fascia h a brevetto scaduto; superamento della fascia cnn. Infine individuazione della nuova remunerazione delle farmacie, “su questo – ha ricordato Pani – avevamo lavorato, eravamo ad un buon punto, ma poi ci siamo fermati”.

17 luglio 2014
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