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La bambina nasce Down. Cassazione condanna ginecologo per non aver informato i pazienti su esami e accertamenti utili


Per i giudici “compete al sanitario l'individuazione degli esami diagnostici e delle terapie (o dell'intervento chirurgico) da praticare nel caso concreto, ma egli non può esimersi dal prospettare la possibilità, nota alla scienza, di esami o terapie (o interventi) alternativi o complementari, pur se comportanti dei costi e dei rischi maggiori, essendo rimessa al paziente la valutazione dei costi e dei rischi”. LA SENTENZA

14 DIC - La Corte di Cassazione ha condannato un ginecologo al risarcimento in favore di una coppia che ha avuto una bambina con sindrome di Down “per violazione degli obblighi di informazione”. In sostanza il camice bianco non ha consigliato (e informato) la paziente sulla possibilità di eseguire, a partire dall’amniocentesi tutte le indagini prenatali utili a rilevare eventuali malformazioni del feto. 
 
Il caso risale al 2006 quando i due coniugi citavano in giudizio dinanzi al Tribunale di Mantova il ginecologo, “per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, che assumevano essere loro derivati per la mancata informazione circa le indagini prenatali da effettuarsi, ovvero comunque effettuabili, nonché per la mancata diagnosi delle gravi patologie da cui era affetto il feto di sesso femminile, partorito al termine della gravidanza, che dichiaravano di non aver riconosciuto quale loro figlia a causa delle suddette patologie”. Sia in primo che in secondo grado il ricorso della coppia è stato bocciato. Ma la Cassazione ha accolto parte del ricorso e rinviato tutto alla Corte di Appello di Brescia.
 
Nella sentenza i giudici ricordano che “il sanitario che formuli una diagnosi di normalità morfologica del feto anche sulla base di esami strumentali che non ne hanno consentito, senza sua colpa, la visualizzazione nella sua interezza, ha l'obbligo d'informare la paziente della possibilità di ricorrere ad un centro di più elevato livello di specializzazione, in vista dell'esercizio del diritto della gestante di interrompere la gravidanza”.
 
Inoltre si specifica che “compete al sanitario l'individuazione degli esami diagnostici e delle terapie (o dell'intervento chirurgico) da praticare nel caso concreto, ma egli non può esimersi dal prospettare la possibilità, nota alla scienza, di esami o terapie (o interventi) alternativi o complementari, pur se comportanti dei costi e dei rischi maggiori, essendo rimessa al paziente la valutazione dei costi e dei rischi, previa adeguata prospettazione degli uni e degli altri da parte del medico”.
 
In sostanza il medico è “stato negligente od imperito nel prescrivere gli accertamenti diagnostici o nel valutarne gli esiti. La condotta omissiva che gli si imputa riguarda la mancanza di informazioni nei confronti della paziente gestante”. che avrebbero consentito alla stessa di autodeterminarsi, in primo luogo, in merito all'esecuzione dell'amniocentesi e, quindi, eventualmente, anche in merito all'interruzione della gravidanza.

14 dicembre 2015
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