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Formazione medica. Mina vagante in mano al Tar o riforma strutturale?

di D. Montemurro, C. Pozzi

06 OTT - Gentile Direttore,
desideriamo fare il punto su una situazione che, se non valutata e gestita in tempi rapidi, rischia di diventare a dir poco esplosiva.
Oggi si assiste ad un sempre più crescente aumento del numero di iscrizioni alla Scuola di Medicina e Chirurgia. Questo dato, accanto alla riduzione dei posti nelle Scuole di Specializzazione ed alla mancanza di nuove assunzioni ed alla selva proliferante di contratti di lavoro “atipici”, rende ragione di una scommessa persa con le nuove generazioni mediche.
Le ragioni storiche del brusco aumento del numero degli iscritti alle Scuole di Medicina e Chirurgia hanno inizio dal 2007, anno in cui è partita una vera e propria battaglia di maxi ricorsi contro il numero chiuso basata essenzialmente su irregolarità delle prove concorsuali legate a vizi dell’ anonimato e violazione della segretezza concorsuale. Dal 2013 l’oggetto del ricorso si è allargato al mancato riconoscimento del cosiddetto “bonus maturità”.

Si sono così susseguite numerose sentenze che , a partire da Dicembre 2013, con i ricorsi al Tar di Palermo, del Lazio e il decreto scuola, hanno sancito il diritto di iscrizione in sovrannumero a circa 3000 studenti, per finire ai ricorsi collettivi, e pilotati, del 2014 con l’ingresso di altre 2150 unità, dichiarando pertanto l’illegittimità e, di fatto, la fine del numero chiuso.

Traducendo le sentenze in cifre, per i soli aa 2013-14 e 2014-2015, le iscrizioni previste ai Corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, sommando i posti per il 2013-14 che ammontano a 10157 e quelli per il 2014-15 a 9983 con gli studenti in sovrannumero spalmati sui due anni accademici, saranno più di 25.000 mila, dato previsionale in aumento rispetto ai circa 7500 dell’aa 2000-2001. Considerando una media dell’80% che consegue il titolo di laurea e un tasso di abbandono tra il 5 e 10%, avremo circa 17500 nuovi laureati, determinando a invarianza di programmazione dei posti in scuola di specialità, una classe di almeno 12000 mila potenziali disoccupati “a tavolino”.

Questo numero aumenterà ancora se consideriamo le scorciatoie della “fuga” dal numero chiuso. Molti aspiranti camici bianchi, per aggirare l’ostacolo del test di ammissione al Corso di Laurea, spesso incoraggiati e sostenuti da organizzazioni di studio private, decidono di iscriversi a Facoltà estere. Le mete più ambite sono le nazioni dell'Europa dell'Est e la Spagna. L’Università Cattolica Nostra Signora del Buon Consiglio, un ateneo privato con sede a Tirana, convenzionato con la Statale di Milano, la Seconda Università di Roma e l’Università di Bari, rilascia titoli con valore legale anche nel nostro Paese e consente, dopo il primo anno di corso, di rientrare in un percorso di studi in Italia. Ad oggi non è stato adottato alcun provvedimento concreto, se non un dimezzamento dei posti disponibili per l’aa 2014-2015 e una sentenza del Consiglio di Stato che dichiara “legittima l’esclusione da un qualsiasi anno di corso degli studenti di università estere, che non superino la prova selettiva di primo accesso, eludendo con corsi di studio avviati all’estero la normativa nazionale….” , senza risolvere il pregresso e facilitando nuovi ricorsi.

Quali sono, dunque, le soluzioni per gestire questo fenomeno? Lasciamo che la programmazione venga guidata dai ricorsi al TAR, senza avere la possibilità di prevedere il reale numero di iscritti per ciascun anno, oppure mettiamo mano a riforme strutturali?
Il modello francese potrebbe non essere una soluzione in Italia, per mancanza di strutture idonee ad accogliere tutti i neoiscritti e la necessità di riorganizzare il sistema di valutazione meritocratica, per cui appare necessario trovare altre soluzioni.

ANAAO giovani ritiene necessario partire da una riforma del test d’ingresso legata al concetto più ampio di «programmazione» che tenga conto di una valutazione “vocazionale” e attitudinale, anche a partire dalle scuole superiori, garantendo un rapporto ottimale tra studenti e strutture di formazione. Nell’ambito del Corso di Laurea occorre iniziare ad acquisire un’esperienza formativa professionalizzante attraverso un percorso che rappresenti un continuum tra studi pre e post laurea, delocalizzato dall’Università verso Teaching Hospitals individuati in strutture del SSN accreditate a costituire una vera e propria rete formativa. Inoltre, per agevolare il precoce inserimento dei giovani medici nel mondo lavorativo, si riformi l’esame di Stato da svolgersi all’interno del percorso di studio del corso di laurea con l’ottenimento di una “laurea abilitante alla professione”.

Strettamente connessa alla riforma per il Corso di Laurea, occorre prevedere un corretto numero di accessi alle scuole di specializzazione su base nazionale secondo un turn over pensionistico, che tenga conto anche dei modelli di organizzazione del lavoro, garantendo poi l’accesso al mondo del lavoro. Perché allora non considerare un Jobs Act specifico per i giovani medici?
Nonostante le irregolarità rilevate durante i concorsi a numero chiuso, che hanno aperto le porte al TAR e che non hanno mai individuato un responsabile né politico né amministrativo, il lungo percorso formativo, le spese per sostenere gli studi spesso in una città diversa da quella di origine e le incertezze nella fase post-laurea, evidentemente ad oggi le motivazioni che spingono un giovane ad iscriversi al corso di laurea in Medicina sono ancora molte e meriterebbero un’approfondita analisi sociologica.

Domenico Montemurro, Responsabile Nazionale Settore Anaao Giovani
Claudia Pozzi, Responsabile Macro Regione Centro Settore Anaao Giovani 

06 ottobre 2014
© Riproduzione riservata

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