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Decreto appropriatezza. Le preoccupazioni dei medici e la necessità della sostenibilità del Ssn

di A. Donzelli, A. Battaggia, P. Longoni, G. Mariani, L. Mascitelli, A. Nobili, G. Porcile

13 OTT - Gentile Direttore,
la Fondazione Allineare Sanità e Salute desidera contribuire al dibattito sul “Decreto appropriatezza”. Alcune organizzazioni mediche (Sindacato Medici Radiologi - SNR, Primari Oncologi Medici - Cipomo) si sono espresse con favore su criteri indicati per Tac/Rmn e su marker tumorali usati in modo improprio come check-up; e i giovani medici della Sigm, pur critici sulle limitazioni all’autonomia dell’atto medico, mostrano preoccupazione per “posizioni sindacali estreme che disconoscono le prove scientifiche” e auspicano proposte sostenibili e credibili.

La maggioranza delle Organizzazioni sindacali e Società scientifiche Mediche ha però reagito in modo durissimo (benché temperato da un comunicato Fnomceo), perché l’iniziativa spingerebbe il clinico “a sacrificare il meglio per il paziente a vantaggio di ciò che più conviene all’azienda sanitaria”, mettendo a rischio il giuramento d’Ippocrate.
Certo, regole prescrittive non personalizzate possono confliggere con gli interessi di specifici pazienti, anche se la formulazione del decreto considera la possibilità che il clinico non si attenga ai criteri, purché con opportune motivazioni.

Ma una ricorrente accusa a Governo e Regioni era di praticare tagli lineari senza entrare nel merito di dove tagliare. Dato che finora i clinici (con parziali eccezioni innescate dal Movimento Slow Medicine) non hanno avanzato proposte importanti e concrete, non si può rifiutare per principio che si sia mosso il Ministero, supportato dai medici del Consiglio Superiore di Sanità.

Pensiamo sia meglio entrare nel merito delle formulazioni, puntando a correggere quanto è migliorabile, in base a prove valide disponibili, e cogliere l’occasione per sviluppare un dibattito strategico sull’appropriatezza, che veda i medici protagonisti propositivi, nel rispetto dei ruoli dei vari attori in sanità. Se si conviene che una parte degli interventi diagnostici e terapeutici sono inutili, e dunque dannosi  per il bilancio sanitario e soprattutto per la salute, non basta criticare le soluzioni ministeriali, ritenute lesive di prerogative dei medici o di diritti degli assistiti: occorre formulare valide proposte alternative.

Non vediamo rischi di tradimento del Codice deontologico, anche alla luce di quanto già gran parte dei medici dovrebbe già fare per contratto. Si consideri anche la sentenza del Tar Roma Lazio (n. 2238 del 14-3-2011), che chiede di prescrivere, a parità di efficacia, i trattamenti a minor costo per la comunità proprio in nome della deontologia professionale.

Il SSN è oggetto di attacchi strumentali, e le informazioni basate sui dati mostrano che la spesa sanitaria pubblica non è affatto insostenibile; ma siamo altrettanto convinti che in misura non piccola essa non sia clinicamente giustificabile.

Per tutelare la salute e il bene straordinario di un SSN universalistico e solidale, come ancora è quello italiano, occorre anche identificare nelle diverse aree cliniche interventi senza ragionevoli prove di efficacia, o con rapporto rischi/benefici o costo/efficacia sfavorevoli rispetto ad alternative. E accettare di disinvestire da questi interventi di low value per la salute degli assistiti e gli interessi della comunità, spostando le risorse liberate verso interventi di high value.

Qualche esempio rilevante in aree non toccate dal Decreto?

1) Per controllare l’ipertensione la prima scelta non dovrebbe ricadere su un sartano, ma su farmaci che abbiano solide prove di ridurre (anche) la mortalità totale, prove che ai sartani mancano (metanalisi di: Savarese G et al. Savarese G et al. JACC 2013, 61:131  //  van Vark LC et al. Eur Heart J 2012  //  Cheng J et al. JAMA Internal Med 2014).

Se tuttavia si ricorresse a un sartano, quale scegliere? Uno dei cinque sartani a brevetto scaduto, oppure Olmesartan, raccomandato in pratica come unica scelta da massimi esperti, attraverso trasmissioni di M.D. web TV e pubblicazioni (Volpe M et al. High Blood Press Cardiovasc Prev 2014;21:137)?

Nel primo caso il costo annuo/DDD per il SSN sarebbe tra 73 e 118 €, nel caso di olmesartan circa triplo: € 320. Ma solo olmesartan nel grande RCT ROADMAP ha fatto peggio del placebo, in tendenza per la mortalità totale, HR 1,70, e in misura significativa per quella cardiovascolare, HR 4,94 (Haller H et al. ROADMAP Trial Investigators. N Engl J Med 2011; 364:907). E olmesartan, più degli altri sartani, e stato associato a enteropatie rare ma molto gravi.

[Segnaliamo un’integrazione alla posizione di Slow Medicine (di cui questa Fondazione è partner), pubblicata su QS del 1 ottobre, con cui per altro si concorda ampiamente. Di appropriatezza dovrebbero parlare solo Società Scientifiche professionali? (in contrapposizione a “politici”, che per altro hanno seguito indicazioni, certo assoggettabili a contraddittorio scientifico, di medici esperti, a partire dal Consiglio Superiore di Sanità). Non si dimentichi che – nell’esempio 1 - la raccomandazione di ricorrere al solo olmesartan viene dal clinico che ha presieduto la Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA), e che oggi presiede la Fondazione della SIIA.
Dunque, la definizione dei criteri di appropriatezza (o di raccomandazioni/linee guida/percorsi Preventivo-Diagnostico-Terapeutico-Assistenziali rivolti ai professionisti sanitari del territorio) deve, certo, veder coinvolte anche le rappresentanze delle discipline mediche. Ma le articolazioni del SSN (Ministero della Salute, Regioni, ASL) devono sedere agli stessi tavoli, con proprie rappresentanze tecnico-scientifiche, con mandato di tutelare gli interessi di salute della comunità di riferimento. Una cosa, infatti, è la responsabilità/autonomia decisionale del clinico verso il paziente che lo ha scelto, un’altra, da cui la Sanità pubblica non può essere esclusa, è la responsabilità di formulare raccomandazioni basate sulle prove esistenti rivolte ai professionisti, che poi ne terranno conto per applicarle, con i gradi di libertà richiesti dall’assistito che hanno di fronte
].  

2) Per ridurre del 50% il colesterolo LDL in chi abbia manifestato problemi muscolari con alte dosi di atorvastatina (40-80 mg/die) si può prescrivere ezetimibe+simvastatina 10/20 mg, al costo annuo di € 761; oppure atorvastatina 20 mg, al costo di € 97/anno (quasi 8 volte minore), integrata da una porzione di frutta secca oleosa (noci, mandorle, pistacchi…) di 40 g, o poco meno.

NB: una porzione di circa 30 g al giorno di frutta secca in guscio ha anche mostrato di ridurre del 20% circa la mortalità totale (Bao Y et al. N Engl J Med 2013; 369:2001-11 // Luu HN et al. JAMA Intern Med 2015).

Quale delle due prescrizioni e più costo-efficace, quale più etica?

3) Le gliptine sono ipoglicemizzanti con azione innovativa e molto costosi, di cui l’AIFA ha cercato di limitare la prescrizione, suscitando forti reazioni delle Società scientifiche di diabetologia. Nella revisione sistematica di ricerche di disegno valido ad oggi più completa (Savarese G et al. Int J Cardiol 2015;181:239), però, hanno mostrato di non ridurre la mortalità totale (HR 1,012) rispetto a placebo o farmaci di confronto, e di aumentare in modo significativo l’insorgenza di scompenso cardiaco (HR 1,158) nei trial di durata >6 mesi. Se i prescrittori vogliono ciò che è meglio per il paziente, non andrebbero preferite alternative di cura che abbiano dimostrato di ridurre mortalità e scompenso?

4) Sollecitati dalla propaganda e dalla cultura che “fare di più sia sempre meglio”, molti maschi sani si sottopongono a screening del ca. prostatico con PSA. Purtroppo però non ci sono prove che il bilancio danni-benefici sia nel complesso favorevole. Chi fa PSA di screening va incontro a molte più diagnosi di ca. prostatici, in parte non evolutivi, che non avrebbero dato sintomi nel corso della vita. Pertanto ha un eccesso di effetti avversi, per più interventi chirurgici, radioterapici e terapie farmacologiche, ma si sottopone a questo screening convinto che comunque “salvi vite”. In realtà anche nel più grande trial europeo ERSPC, l’unico in cui le morti per ca. prostatico si sono ridotte in modo significativo (del 21%), la mortalità totale dopo 13 anni di follow-up è la stessa del gruppo di controllo (come in tutti gli altri trial su questo screening e nella loro metanalisi): dunque nell’insieme lo screening fa danni netti certi, senza benefici complessivi dimostrati (negli ultra70enni tende persino ad aumentare la mortalità per ca. prostatico!). Questi elementi dovrebbero essere diffusi ufficialmente dalle istituzioni pubbliche deputate alla salute: SSN, Agenas, Regioni, ASL,…

5) Benché i dati della letteratura indichino che nell’angina stabile l’angioplastica riduce i sintomi, ma non l’incidenza di eventi, la stragrande maggioranza dei pazienti sovrastima la capacita dell’angioplastica elettiva di modificare la storia naturale della malattia, la ritiene più efficace rispetto alla modifica dei fattori di rischio con cure mediche e stile di vita, e ha percezione inadeguata degli effetti avversi (Bobbio M. Recenti Prog Med 2015; 106:1).

Quasi tutti i pazienti pensano che l’angioplastica eviti un futuro infarto e salvi/allunghi la vita, mentre è probabile che un’informazione più completa farebbe optare ogni anno decine di migliaia di loro per la sola terapia medica ottimale. Perché i cardiologi non lo comunicano in modo chiaro e troppi modelli di consenso informato non contengono queste informazioni?!

Se cinque esempi sembran pochi, potremmo farne subito almeno 120, quante sono le schede (Pillole di buona pratica clinica per medici, www.fondazioneallinearesanitaesalute.org) sinora pubblicate, senza pretese di dire l’ultima parola sui temi, ma per ampliare il dibattito con informazioni/punti di vista che circolano poco. Tante ASL, cui in teoria è affidato il compito di tutelare la salute dei cittadini, non sembrano più in grado di entrare nel merito di ciò che il Sistema Sanitario pubblico acquista, e si lasciano di fatto dettare l’agenda da chi ha interesse soprattutto a vendere (farmaci, dispositivi, tecnologie diagnostiche…) e ad erogare prestazioni e servizi remunerativi.

Bisogna riflettere in modo pacato sul fatto che parte dei clinici, e parte di chi li informa e orienta, non agisce solo in base a scienza (prove scientifiche) e coscienza (etica), altrimenti non si spiegherebbero tanti casi noti di consumismo sanitario e di abuso tecnologico. Non dev’essere un tabù ragionare su come allineare alla salute della comunità e alla sostenibilità del sistema sanitario anche gli interessi/il sistema premiante dei sanitari.

Prendendo anzitutto coscienza del fatto che le modalità oggi prevalenti di remunerazione di tali attori e di finanziamento delle organizzazioni in cui essi operano non sono affatto allineate alla salute, nel senso che per tanti di loro la Salute non è l’esito più conveniente (Crivellini M. Sanità e Salute: un conflitto di interessi. Ed. FrancoAngeli, 2004). La nostra principale proposta, illustrata sul sito della Fondazione, punta a far coincidere il sistema retributivo e premiante dei sanitari con gli interessi di salute della popolazione.

Per quanto riguarda la formulazione di linee guida (LG) e/o di percorsi preventivo-diagnostico-terapeutici (pPDTA), si tratta di iniziative concettualmente utili per orientare l’attività assistenziale. Ma e ben documentato nella letteratura medica che molte raccomandazioni riflettono più gli interessi di chi le formula (che possono divergere da quelli di un SSN e della comunità dei cittadini) che non le prove su cui dovrebbero basarsi (Jorgensen A et al. Systematic review. BMJ 2006; 333:782 / Kung J. Arch Intern Med 2012; 172:1628 / Lenzer J. BMJ 2013, 346 / Stamatakis E et al. Eur J Clin Invest 2013;43:469 / Moynihan RN et al. PLoS Med 2013;10:e1001500).

E’ opportuno quindi che questi strumenti siano sviluppati, a partire dalle migliori prove disponibili, da parte di esperti senza conflitti con gli interessi di un SSN universalistico e sostenibile, impegnato a tutelare e promuovere in modo ottimale la salute della comunità dei cittadini. In caso contrario, quando LG e pPDTA sono redatti soprattutto da gruppi di lavoro con relazioni finanziarie con produttori e grandi erogatori, possono diventare essi stessi incentivi all’inflazione prescrittiva e alla medicina difensiva.


Dott. Alberto Donzelli
Consiglio Direttivo della Fondazione Allineare Sanità e Salute

Dott.ri Alessandro Battaggia, Paolo Longoni, Giulio Mariani, Luca Mascitelli, Alessandro Nobili, Gianfranco Porcile

Medici, membri del Comitato Scientifico della Fondazione Allineare Sanità e Salute

La Fondazione allineraresanitaesalute.org ha la mission di fornire ai Sistemi Sanitari un supporto di ricerca, conoscenze e strategie per superare il conflitto di interessi con la Salute che coinvolge un numero crescente di attori in Sanità.


13 ottobre 2015
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