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Quanto accaduto al San Camillo era purtroppo prevedibile a causa degli standard ospedalieri

di Marco Ceresa

06 OTT - Gentile direttore,
vi scrivo relativamente a quanto purtroppo accaduto in PS al San Camillo a Roma, con l'evidente omissione di Cure adeguate ad un malato oncologico giunto con sofferenza alla fine della sua vita. Una dolorosa vicenda, attualmente purtroppo niente affatto inusuale ed isolata, e con il rischio di divenire ancora maggiormente frequente in futuro (salvo correttivi auspicabili) in quanto rientra attualmente in una logica di sistema sancita normativamente dagli Standard Ospedaleiri in vigore.

Infatti, oltre alle varie prese di posizione che in queste ore si moltiplicano, occorrerebbe qualcuno che dica anche con chiarezza che l'accaduto non era affatto un evento imprevedibile, non solo per i tagli generali ai posti letto ospedalieri che tende ad intasare i PS, ma nello specifico soprattutto perchè il già citato regolamento degli Standard Ospedalieri (DM 70/2015) ha cancellato (ovvero non ha più previsto) la presenza delle CP negli ospedali.

Gli standard Ospedaleiri cogenti in vigore hanno scordato che la sofferenza (ma anche il fine vita) si incontra molto spesso proprio all'interno degli ospedali, ed è un diritto del cittadino chiarmanente sancito dalla legge 38/2010, oltre che un dovere etico nel rispetto della dignità della persona,
garantirne la cura, non solo attraverso alcuni eventuali posti letto dedicati, ma soprattutto attraverso la presenza di medici Palliativisti (almeno a livello consulenziale intraospedaliero).

La presenza di Cure Palliative ospedaliere infatti, avrebbe non solo intercettato il malato in Pronto soccorso ed erogato le opportune cure volte al sollievo della sofferenza e del dolore presente, ma avrebbe potuto, in una logica di contatto con i vari nodi anche territoriali di CP (che ogni medico palliativista ben concosce nel suo territorio), trovare al malato una rapida soluzione assisitenziale appropriata, laddove in quell'ospedale in quel momento non fosse possibile realizzarla.

Inoltre nel percorso di cura di quel povero malato, la presenza di Cure Palliative ospedaliere, a fianco dell'erogazione delle cure oncologiche specifiche, avrebbe potuto intercettare il bisogno di palliazione e quindi l'aggravamento clinico od almeno sintomatologico, prima che giugnesse all'epilogo, trattando la sofferenza presente in tutte le fasi della grave malattia, sia inizialmente a livello ambulatoriale, sia poi, quando necessario con l'invio alle strutture deputate alla presa in carico domiciliare e/o residenziale.

Non si può non notare con dispiacere che anche nella recente audizione del Ministro della Salute in Commissione Affari Sociali della Camera, sui nuovi LEA, non vi sia stato alcun cenno alle Cure Palliative, che pure dovrebbero a pieno diritto (legge 38) essere considerate un LEA presente in tutti i luoghi deputati alla cura dei malati (dall'Ospedale al territorio). Alle interrogazioni parlamentari presenti in tal senso peraltro non è stata data alcuna risposta.
Sarà in ogni caso interessante poter esaminare il testo dei nuovi LEA approvati dalla CSR all'inizio di settembre (testo non ancora disponibile), sperando che vi sia stata nella ultima stesura qualche opportuna modifica volta all'introduzione del LEA Cure Palliative anche negli ospedali, stante l'assenza nelle bozze precedenti proprio delle Cure Palliative ospedaliere. Questo potrebbe essere un primo segnale di una inversione di tendenza, che però poi dovrebbe condurre ad una revisione in tal senso anche del Regolamento delgi Standard Ospedalieri ora vigente.

Marco Ceresa 
Medico Palliativista - ASST Santi Paolo e Carlo, Hospice Istituto Palazzolo di Milano della Fondazione Don Carlo Gnocchi

06 ottobre 2016
© Riproduzione riservata

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