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Coronavirus. Flor (Aou di Padova): “A gennaio eravamo già pronti all’emergenza. Per questo contagi e letalità inferiore che altrove”  

di Endrius Salvalaggio

Il direttore generale evidenzia come la Regione Veneto abbia iniziato ad attrezzarsi contro il Covid19 quando in Italia non c’era ancora alcun allarme, ma le immagini dalla Cina facevano presagire il rischio. “Il 10 gennaio l’Azienda ha acquistato i primi reagenti per le diagnosi da tampone e il 27 gennaio la Regione ha allertato tutti gli ospedali del Veneto tramite una circolare”. Azioni che hanno permesso al Veneto, quarta regione per numero di contagi (19.245 al 21 giugno 2020), di contenere i decessi e la trasmissione del virus in ambito ospedaliero.

22 GIU - Il 27 gennaio la Regione Veneto, attraverso una nota, individuava l’Ospedale Università di Padova capofila Hub per l'emergenza covid. In Italia erano appena stati scoperti i primi due casi di coronavirus a Roma, in due turisti cinesi, ma l'allarme non era ancora scattato. Il primo caso italiano positivo al Covid scattò una ventina di giorni dopo, quando il virus fu riscontrato su un uomo di 37 anni di Codogno.
 
Dall'Italia avevamo però già visto cosa stava accadendo in Cina. E quelle immagini furono sufficienti a convincere la Regione Veneto ad iniziare ad attrezzarsi per una eventuale pandemia.
 
Da quel 27 gennaio ad oggi molte cose sono accadute in Italia, dove i casi accertati di coronavirus sono stati ad oggi 238.499, ben 92.968 nella sola Lombardia. Il Veneto è stata la quarta Regione per casi accertati, 19.245 al 21 giugno 2020.
 
Ma le scelte fatte dalla Regione hanno portato il Veneto e l’Azienda Ospedaliera di Padova ad essere uno degli ospedali con la più bassa percentuale in termini di contagi fra gli operatori sanitari e di morti da Coronavirus, tanto da far parlare di un "modello veneto". A spiegarci come è andata è il Direttore Generale dell'Aou di Padova, Luciano Flor.

Direttore Flor, si è sentito spesso parlare del modello Veneto. Secondo Lei l’Azienda Ospedaliera di Padova che contributo ha dato a questo modello?
Il modello Veneto è stato caratterizzato dalla tempestività e dalla precocità di intervento. Quando il 10 gennaio l’Azienda ospedaliera ha acquistato i primi reagenti per far diagnosi di corona virus da tampone nessuno immaginava cosa sarebbe successo e credo nessuno si stava preoccupando di acquistare reagenti per diagnosticare corona virus con metodo PCR. Quando la  Regione Veneto ha individuato l’Azienda Ospedaliera come ospedale di riferimento per la diagnosi di Coronavirus, noi eravamo già pronti da due settimane.
 
Mi spiego: la microbiologia dell’ospedale di Padova aveva ordinato a gennaio, quando vedevamo il disastro Coronavirus in televisione, quantitativi di reagenti per mettere a punto la diagnosi che al venti gennaio eravamo già in grado di fare. Il ventisette gennaio la Regione metteva in allerta tutti gli ospedali del Veneto tramite una circolare, che dettava indicazioni organizzative ed invito a monitorare i posti di terapia intensiva,  malattie infettive, ed altri aspetti organizzativi dell’ospedale. La stessa circolare individuava l’azienda Ospedaliera di Padova  riferimento diagnostico per cui se si fossero verificati casi sospetti Covid+, si doveva inviare il tampone alla microbiologia di Padova. Queste tappe hanno visto il modello Veneto  essere pronto circa un mese prima dello scoppio della pandemia.

Ha alcuni dati per questo ospedale, sulle persone curate e decedute da Covid-19?  
In due mesi e mezzo il numero dei deceduti che abbiamo registrato in questo ospedale è stato di sessantanove persone. Rispetto alla media degli altri ospedali nazionali abbiamo avuto un tasso di letalità molto inferiore, intorno al venti per cento. Le persone curate da Covid e dimesse, sono stati oltre trecentocinquanta e il contagio fra il personale sanitario è stato inferiore a 1,5%.
 
Non ci sono segreti, sicuramente siamo partiti un mese prima dello scoppio della pandemia ed eravamo in grado di fare sin dall’inizio circa duemila tamponi con un processamento che non superava le 24 ore. E alle persone ammalate, che risultavano positive al tampone, non dicevamo torni a casa che monitoriamo la malattia da casa, ma se febbrili e sintomatici li  ricoveravamo precocemente. Da noi non arrivavano quasi mai ammalati già pesantemente contagiati o compromessi, ma allo stadio iniziale del virus, tant’è che le nostre terapie intensive non sono mai andate in crisi per carenza di posti.

Speriamo di no direttore, ma se si dovesse ripresentare una nuova ondata di contagi, l’Azienda Ospedaliera è pronta ad intervenire?
Il Coronavirus ci ha obbligato a creare degli spazi dedicati all’assistenza Covid. Avendo avuto tempo, quello che abbiamo creato nel nostro interno, resterà così com’è fino alla fine dell’emergenza per alcune cose, per altre invece le scelte che abbiamo fatto resteranno per sempre. Inoltre sia per i DPI che per reagenti stiamo facendo magazzino tramite Azienda Zero.

L'Aou di Padova si è sempre contraddistinta in quello ha fatto, lo dimostra anche la nominata Hub Covid di riferimento per il Veneto. Però, dalle ultime valutazioni regionali è risultata l’Azienda Ospedaliera con il punteggio più basso. Perché secondo Lei?
Bella domanda. Quello che le posso dire è che non sono d’accordo con quella valutazione. Il giudizio regionale riguarda l’anno 2018 e quindi il covid non c’entra, ma che l’Ospedale di Padova sia uno dei migliori ospedali italiani non lo dico solo io, perciò sono in totale disaccordo con il metodo di valutazione che lo colloca in fondo alla classifica. Esempi? Uno per tutti. Le liste di attesa sono dei punti che vedono la nostra Azienda in difficoltà non tanto per attività specialistica ma per alcuni tipo di intervento chirurgico. Ci sono medici che per la loro bravura hanno liste di attesa lunghe perché ci sono persone da tutta Italia che vogliono visitarsi e/o operarsi da quel medico. 
 
In casi del genere la lista di attesa non può e non deve essere unico parametro di valutazione, credo si debba considerare anche se il reparto utilizza al meglio le risorse (efficienza) ed ottiene buoni risultati (efficacia) e quindi valutare se può fare di più o se può fare meglio. Di questi problemi nella nostra Azienda è piena perché abbiamo tantissimi malati che chiedono di essere curati da noi.
 
Endrius Salvalaggio

22 giugno 2020
© Riproduzione riservata

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