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Epatite C. Arriva anche in Italia il Simeprevir della Janssen. Senza interferone, guarigione in oltre il 90% dei casi 


Sarà disponibile entro questa settimana il farmaco antivirale di nuova generazione di Janssen per il trattamento dell’Epatite C genotipo 1 e 4. In base agli studi clinici effettuati, in terapia combinata con sofosbuvir ottiene il più alto successo terapeutico mai raggiunto fino a oggi. Scaccabarozzi: “Amplierà l’arsenale terapeutico per il trattamento dell’infezione da HCV”

17 FEB - Entro questa settimana sarà disponibile anche in Italia simeprevir, il farmaco antivirale di nuova generazione di Janssen per il trattamento dell’Epatite C di genotipo 1 e 4, che - informa una nota dell'azienda - in base agli studi clinici effettuati, in terapia combinata con sofosbuvir (l’altro farmaco di ultima generazione attualmente disponibile), ottiene il più alto successo terapeutico mai raggiunto fino a oggi, dopo 12 settimane, attraverso un percorso terapeutico senza interferone.
 
Simeprevir verrà prodotto in Italia, presso lo stabilimento italiano Janssen di Latina, dal quale proprio oggi è stato dato l'annuncio della prossima disponibilità del medicinale anche nel nostro Paese alla presenza del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, del direttore dell'Aifa Luca Pani e del presidenbte della Regione Lazio Nicola Zingaretti.
 
Il nuovo farmaco è un inibitore di proteasi di nuova generazione per il trattamento degli adulti con Epatite C di genotipo 1 e 4, i quali rappresentano i casi più comuni in Italia: circa il 60% dei pazienti italiani, infatti, è infettata dal genotipo 1 del virus, mentre il genotipo 4 è responsabile di circa il 20% di infezioni croniche nel mondo.
 
Il trattamento combinato con simeprevir e sofosbuvir rappresenta l’associazione di antivirali orali, senza interferone, con la più alta percentuale di successo, in termini di risposta virologica sostenuta, mai ottenuta per questi pazienti, dopo un percorso terapeutico di sole 12 settimane: l’eliminazione del virus è stata raggiunta in oltre il 90% dei casi trattati. Lo studio clinico ha dimostrato come l’associazione ottenga gli stessi risultati sia con, che senza l’aggiunta di ribavirina.
 
“Si apre una nuova era nel trattamento dell’Epatite C dove, con l’arrivo di simeprevir, che potrà essere associato ad altri antivirali, finalmente possiamo parlare di una terapia solo orale, senza interferone, di alta efficacia e tollerabilità ed utilizzabile, quindi, anche nelle categorie più difficili ed in passato orfane di terapia” ha spiegato il Professor Alfredo Alberti, Ordinario di Gastroenterologia presso l’Università di Padova. “La disponibilità in Italia di simeprevir rappresenterà indubbiamente una tappa fondamentale per poter finalmente ottimizzare la terapia in alcuni sottogruppi di pazienti con Epatite C, in particolare in quelli infettati dai genotipi 1 e 4, inclusi quelli con 1b che è il genotipo prevalente in Italia”.
 
Gli sforzi che le aziende farmaceutiche stanno compiendo per introdurre nella pratica clinica  farmaci nuovi sempre più efficaci, tollerati e maneggevoli per il trattamento dell’Epatite C aprono un orizzonte terapeutico davvero innovativo e ricco di prospettive interessanti. “Il virus HCV, infatti, come l’HIV, possiede una enorme capacità replicativa e un’altrettanto straordinaria abilità nel modificare il proprio corredo genetico in risposta alla pressione selettiva esercitata dai farmaci – afferma la Professoressa Gloria Taliani, Ordinario di Malattie Infettive alla Sapienza Università di Roma  - Tali proprietà del virus HCV rendono necessario l’attacco antivirale su diversi siti funzionali, così da impedire la comparsa di ceppi resistenti e mantenere elevata l’efficienza del trattamento, obiettivo che può essere raggiunto con i farmaci di nuova generazione. Inoltre, grazie a simeprevir – continua Taliani - nei pazienti con infezione da genotipo 1 e 4 potremo per la prima volta fare a meno dell’interferone e potenziare l’efficacia terapeutica”.
 
Il virus dell’epatite (HCV) colpisce nel mondo circa 170 milioni di persone. In Italia le stime parlano di 1 milione e 500 mila. Ogni anno si verificano circa 1.000 nuovi casi di epatite C e, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la patologia causa il maggior numero di decessi tra le malattie infettive trasmissibili ed è la prima causa di trapianto di fegato nel mondo. In Italia muoiono ogni anno più di 20 mila persone per malattie croniche del fegato, dove l’epatite C risulta unica causa o concausa nel 65% dei casi.
 
“Gli enormi progressi compiuti dalla ricerca farmacologica e la conseguente offerta di soluzioni terapeutiche all’avanguardia, mirate al massimo recupero dei pazienti affetti da malattie gravi e invalidanti come l’Epatite C, hanno rivoluzionato l’intero percorso di cura – ha dichiarato Massimo Scaccabarozzi, Presidente e Amministratore Delegato di Janssen Italia – Simeprevir amplierà l’arsenale terapeutico per il trattamento dell’infezione da HCV e il suo ingresso nella pratica clinica porterà, per la prima volta, una reale modifica della storia naturale della malattia”.
 
Lo studio Cosmos
COSMOS è il primo protocollo clinico che ha studiato l’efficacia di una terapia senza interferone per eradicare il virus dell’Epatite C, associando due antivirali ad azione diretta, con o senza aggiunta di ribavirina. Sono stati arruolati pazienti con infezione cronica da HCV di genotipo 1 che non avevano risposto precedentemente al trattamento con interferone pegilato e ribavirina o che erano naïve al trattamento. I pazienti sono stati randomizzati 2:2:1:1 a ricevere simeprevir 150 mg e sofosbuvir 400 mg al giorno per 12 settimane, con o senza ribavirina, o per 24 settimane con o senza ribavirina. L’endpoint primario è stato la risposta virologica sostenuta (SVR12) 12 settimane dopo l’interruzione del trattamento.
Sono stati arruolati e randomizzati 168 pazienti, di cui 167 hanno iniziato il trattamento. La SVR a 12 settimane è stata raggiunta da 154 pazienti, pari al 92%. Gli eventi avversi più comuni sono stati senso di affaticamento (31%), cefalea (33%) e nausea (16%) e sono stati di grado lieve o moderato.
 
I costi dell'epatite C
In Italia, i pazienti con Epatite C attualmente trattati o in osservazione dal SSN ammontano a circa 300 mila (a cui vanno aggiunti 18-25 mila individui detenuti nelle carceri italiane). Partendo da tale burden epidemiologico, siamo andati a valutare qual è l’onere reale a carico del Sistema – dichiara il Professor Francesco Mennini, Research Director Centre for Economic Evaluation and HTAdell’Università Tor Vergata di Roma - Abbiamo, quindi, distinto, in prima battuta, i costi diretti da quelli indiretti.
Per quanto riguarda i costi diretti, quelli, cioè, collegati all’assistenza del SSN, al 2013 sono oltre 400 milioni euro. I costi indiretti, intesi come perdita di produttività dovuti alle giornate di assenza dal lavoro, ammontano a circa 640 milioni euro. Di conseguenza, l’onere complessivo di trattamento/monitoraggio della patologia si attesta intorno al miliardo di euro all’anno, dove i costi indiretti pesano un po’ di più rispetto a quelli diretti (60% vs 40%).
 
Per calcolare il totale di questi costi, abbiamo anche effettuato una suddivisione per stadio di malattia, per comprendere quale di questi abbia un impatto maggiore sull’onere economico per il SSN e altre voci della spesa pubblica. Abbiamo preso in considerazione: l’infezione da HCV cronica, la cirrosi, il carcinoma, i trapianti e il decesso. In termini di costi diretti, la cirrosi è al primo posto, con oltre 200 milioni di euro sostenuti dal Sistema Sanitario (rappresentano circa la metà dei costi complessivi), seguito dall’infezione da HCV cronica con 125-126 milioni di euro, e poi, a seguire, i trapianti che pesano per circa 40-45 milioni di euro, infine il carcinoma epatico, che impatta in termini di costo per 26-27 milioni di euro.
Per quanto riguarda i costi indiretti, la distribuzione è similare, nel senso che anche in questo caso, il peso maggiore è imputato alla cirrosi, seguito dall’infezione da HCV cronica. Possiamo dire, riassumendo, che i pazienti che rappresentano un onere maggiore per quanto riguarda questa patologia, siano quelli affetti da cirrosi e da HCV cronica.
Da quanto sopra esposto si evince che, ad oggi, il SSN sopporta un peso economico molto importante per il trattamento/monitoraggio di questi pazienti. Per tale ragione, l’introduzione di farmaci che permettono la guarigione dalle patologie HCV correlate, può diventare un importante driver anche dal punto di vista economico. Infatti,  in funzione dell’elevata efficacia di questi nuovi farmaci il SSN consentirebbe la guarigione di un maggior numero di pazienti ogni anno ….. Nel 2014 abbiamo, inoltre, pubblicato uno studio dove abbiamo utilizzato un modello che ci ha permesso di prevedere che cosa potrebbe accadere dal 2015 fino al 2030 con l’introduzione dei nuovi farmaci, in termini di riduzione di mortalità, di numero di trapianti, di impatto in termini di pazienti guariti, ecc.
Da questo modello … si nota che c’è una fortissima riduzione a partire dal 1°-2° anno, nella prevalenza. C’è, poi, una consistente riduzione di morti da epatocarcinoma, del numero dei trapianti e, a partire dal 2° anno di inizio di trattamento, anche una riduzione dei costi diretti sanitari…. Ipotizzando, poi, una differenza tra i costi che attualmente si sostengono e quelli che deriverebbero dall’acquisto di nuovi farmaci, si dimostrerebbe sicuramente una sostenibilità per il Sistema, e quindi una disponibilità ad investire. Senza dimenticare, tra l’altro, che in questo modo andiamo a guarire persone da una patologia molto impattante e debilitante.

17 febbraio 2015
© Riproduzione riservata

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