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Farmaci biologici o biosimilari. Clinici e amministrativi chiamati a una scelta consapevole

di Christian Toscano

Gli alti costi per il Ssn per questa classe di farmaci rende sempre più urgente il confronto tra tutti gli stakeholder. Al tavolo di lavoro organizzato a Bari da QuintilesIMS con il contributo non condizionato di Janssen, farmaceutica di Johnson & Johnson, personale medico e amministrativo è stato chiamato a confrontarsi sul tema. Partendo dall'esperienza pugliese il ruolo della farmacovigilanza risulta sempre più centrale per arrivare a una scelta appropriata.

30 GIU - L'uso e l'approvvigionamento di farmaci Biologici originator e dei loro biosimilari è uno dei temi su cui si gioca il futuro del Sistema Sanitario Nazionale così come lo conosciamo. Come già spiegato in un precedente approfondimento, le esigenze economiche sempre più pressanti da parte dei payers regionali per garantire la sostenibilità del sistema si scontrano con quelle di clinici più inclini alla loro assunzione di responsabilità e dei pazienti che richiedono che il consenso informato venga rispettato.
 
Per analizzare tutti gli aspetti legati a questo tema QuintilesIMS porta avanti da tempo un progetto che mira a stimolare il confronto tra clinici e payer sui sistemi di approvvigionamento dei farmaci biologici.

Il progetto, iniziato circa due anni fa, ha portato alla stesura di alcune best practice che possano favorire un rapporto collaborativo tra stakeholder e nella sua seconda fase ha previsto due tavoli di lavoro multidisciplinari (a Milano e a Bari) volti a fare luce sulla peculiarità del sistema di approvvigionamento dei farmaci biologici.

Una delle questioni più urgenti sull'uso dei farmaci biologici e dei corrispettivi biosimilari, riguarda la carenza di una farmacovigilanza sufficientemente solida su cui basare le decisioni.

I farmaci biologici seppur rappresentino ad oggi una solida certezza per molte malattie prima molto difficili da curare, sono spesso ad alto costo per la lunga attività di ricerca che ha permesso di metterli a punto, oltre alla complessità necessaria per produrli. I farmaci biosimilari oggi disponibili sono già numerosi, ma lo saranno ancora di più negli anni a venire. Andranno a coprire nuove aree partendo da altri originator in scadenza di brevetto e aumenteranno anche i biosimilari disponibili a partire dalla stessa molecola. Questo renderà il quadro ulteriormente variegato e complesso, proprio perché anche due biosimilari derivanti dalla stessa molecola non sono identici. Dall'altra parte i farmaci biologici non sono inseriti nelle liste di trasparenza per cui vanno considerati, rispetto al biosimilare, come se fossero farmaci diversi tra loro e non intercambiabili (AIFA e nuova Legge di Stabilità).
 
Un esempio può essere offerto dall’uso di epoetina nelle Sindromi Mielodisplastiche (SMD) nell’ambito della legge 648, legge che consente l’impiego controllato di farmaci che hanno dimostrato efficacia in studi clinici controllati in specifici setting, ma che non hanno ancora ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio non avendo ancora completato l’iter registrativo. In questo contesto il clinico può essere in difficoltà ad applicare una proprietà transitiva dall’originator al biosimilare trattandosi di farmaci di fatto ancora fuori indicazione*.

Talvolta il risultato può essere la frizione tra il settore amministrativo e quello clinico per i presupposti e la formazione su cui si fondano le rispettive posizioni. Da un lato non sempre le figure amministrative hanno l’esatta consapevolezza del vissuto del clinico dall’altro il clinico può essere poco predisposto ad adottare nuove misure solo per le problematiche tecniche di controllo della spesa.

«Le perplessità sull’uso dei farmaci biosimilari risentono del criterio economico che ha accompagnato le sollecitazioni al loro utilizzo; in realtà essi devono essere utilizzati per accrescere le conoscenze sul loro profilo rischio/beneficio all’interno di seri programmi di farmacovigilanza: si migliorerebbe così la confrontabilità con i farmaci biologici originator e sarebbe possibile un utilizzo evidence-based – dichiara Rosa Moscogiuri, Direttore Dipartimento Farmaceutico ASL di Taranto – Occorre, dunque, promuovere un uso più consapevole di questi farmaci, soprattutto in considerazione dell’elevato numero di biologici in scadenza di brevetto e di conseguenza dei biosimilari che saranno disponibili nei prossimi anni con liberazione di risorse economiche che possono essere destinate all’acquisto di farmaci innovativi.»

Le conoscenze sono fondamentali per permettere al clinico di utilizzare convintamente i biosimilari e non già per rispondere ad imposizioni dettate da logiche meramente economiche. Un approccio di questo tipo rimette la scelta al clinico evitando che sia soggetto passivo in situazioni di non medical switch.

«Va superata la “cultura” del pro o contro il biosimilare, tenendo in considerazione aspetti clinici che riguardano paradigmi consolidati della medicina, come il mantenimento della terapia nel paziente stabile», spiega Giovanni Lapadula, Direttore UO di Reumatologia Universitaria del Policlinico di Bari. «Perché effettuare uno switch in un paziente stabilizzato in cui è stato raggiunto, spesso anche faticosamente, un equilibrio? Perché rischiare di destabilizzarlo per “esigenze di cassa”? L’organismo è un sistema complesso che può reagire in modo imprevedibile ai cambiamenti di un farmaco con variazioni di efficacia e di safety imprevedibili, esponendo peraltro il clinico a rischi da un punto di vista medico-legale. I clinici devono poter fare esperienza con i biosimilari nei tempi e nei modi più consoni al corretto rapporto medico-paziente e non secondo le esigenze di bilancio».
 
I registri di patologia, ad esempio, offrono valide opportunità di ottenere una razionalizzazione della spesa perché consentono di intervenire meglio a livello sistemico e complessivo sugli sprechi e sulla appropriatezza.
Proprio in questa ottica è nato il progetto di un registro pugliese di patologia in ambito reumatologico con delibera della Giunta regionale che prevede specifici indicatori di risultato e l’uso di una cartella informatizzata, con l’obiettivo di tracciare l’utilizzo dei farmaci biologici in un’ottica di governance della spesa sanitaria.

Il clinico può e deve infatti contribuire fornendo spunti agli amministratori per ricercare strumenti più efficaci di governance: occorre intervenire su possibili sprechi con la razionalità di una logica sistemica, basata sull’analisi dei flussi informativi sulla appropriatezza prescrittiva e sul raggiungimento degli outcomes desiderati, provenienti da ospedali e territorio.

I registri e i database possono diventare strumenti importanti per raccogliere e strutturare i dati in ricerca indipendente. Le associazioni di pazienti e le società scientifiche dovrebbero promuovere l’utilizzo di questi mezzi per favorire la conoscenza scientifica sui farmaci biologici. I registri dovrebbero, dunque, raccogliere non soltanto le segnalazioni di eventi avversi, ma soprattutto i risultati clinici in relazione alla patologia e all’aderenza del paziente alla terapia.

L’appropriatezza prescrittiva diventa così il cardine per fare buon uso dei farmaci e per assumere decisioni corrette: al fine di raggiungere questo obiettivo diventa fondamentale la sinergia tra clinici, farmacisti e personale amministrativo. Uno stretto dialogo che si concentri non sui pro e contro di un farmaco rispetto a un altro, ma sull’appropriatezza delle decisioni, potrebbe ottenere i risultati migliori, superando prese di posizione e preconcetti ed evitando conflittualità che possono generare ulteriori costi legati ai contenziosi.

La teoria come sempre si presenta facile, ma la sua attuazione è tutt'altra storia. Come già evidenziato nei precedenti approfondimenti, in gioco ci sono diritti inalienabili del paziente come quello alla continuità terapeutica e a ricevere le informazioni necessarie per poter esprimere un consenso realmente informato.

Un modo per non trasformare la contrapposizione in sterile schermaglia potrebbe essere ragionare con una prospettiva più ampia, non solo basata sul risparmio ottenibile dai farmaci, ma con un'ottica di riduzione degli sprechi di risorse economiche anche attraverso interventi gestionali e strategie per ricercare maggiore efficienza strutturale e a questo potrebbero essere legati gli obiettivi dei Direttore Generale.
Tutto questo si inserisce nel quadro più ampio degli strumenti legislativi oggi a disposizione che possono diventare opportunità interessanti. Non a caso i tavoli di lavoro organizzati da QuintilesIMS, hanno previsto in entrambi i casi la presenza di esperti di Diritto Amministrativo e Diritto degli Appalti, in modo da poter riflettere sul nuovo Codice degli Appalti e sulla nuova Legge di Bilancio.
 
Secondo la nuova Legge di Bilancio (comma 407) continuerà a non essere consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare. L’esistenza di un rapporto di biosimilarità tra un farmaco biosimilare e il suo biologico di riferimento sussiste solo se accertato dall'Ema o da AIFA ed EMA. Le procedure pubbliche di acquisto dei farmaci biologici, inoltre, dovranno svolgersi mediante utilizzo di accordi quadro con tutti gli operatori economici quando i medicinali sono più di tre a base del medesimo principio attivo.

Come conciliare innovazione e sostenibilità tenendo conto della nuova Legge di Bilancio? Una soluzione potrebbe essere offerta dagli accordi-quadro in multifornitura (anche in market place) previsti dal nuovo Codice degli Appalti, poco diffusi perché il nuovo codice è recente, ma comunque già una realtà in ambito sanitario (es. fornitura di letti ospedalieri).

L’accordo-quadro in multifornitura è una gara che prevede la possibilità di acquistare più farmaci da diversi fornitori a seguito della pubblicazione di specifici bandi (imprese pre-selezionate tramite gara), con prezzi e % di acquisto per ciascun prodotto, valorizzandone diversità e peculiarità. Si tratta di una sorta di market place, un paniere da cui il clinico può attingere e scegliere tra più fornitori e permetterebbe di conciliare le esigenze dei clinici e dei payer, garantendo libertà prescrittiva al clinico e continuità terapeutica al paziente, con un’attenzione particolare alla sostenibilità del sistema.

Al di là di ogni contingenza, ciò che è risultato chiaro è che la via dell'imposizione e della trincea è la peggiore e non può che portare a sminuire le esigenze del paziente e le professionalità in campo. L'unica strada possibile resta quella del dialogo e del confronto, della formazione, dell'informazione e dell'aggiornamento dei dati clinici derivanti dalla farmacovigilanza, dati che possano aggiungersi a quelli che le aziende mettono a disposizione dopo le sperimentazioni, per arrivare così a scelte sempre più consapevoli capaci di conciliare le esigenze di risparmio e le istanze cliniche.

C.T.

* In data 21 marzo si è conclusa la procedura di mutuo riconoscimento a livello europeo per l’approvazione dell’indicazione nel trattamento dell’anemia sintomatica nei pazienti con sindromi mielodisplastiche a basso rischio e a rischio intermedio -1 ed è attesa l’autorizzazione nazionale di tale indicazione da parte di AIFA.
** Le varie attività per la realizzazione del documento (scelta argomenti, selezione articoli, redazione testi, scelta delle fonti, selezione e coinvolgimento Autori) sono state effettuate in piena autonomia da QuintilesIMS senza alcuna interferenza da parte di Janssen, farmaceutica di Johnson & Johnson che ha sostenuto l’iniziativa.

 

30 giugno 2017
© Riproduzione riservata

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