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Dermatologia. Capelli e Covid 19: il 30% dei pazienti ne perde in grande quantità


Tra gli effetti della malattia c’è anche un copioso, ma temporaneo aumento della caduta dei capelli Un disagio che sul piano psicologico aggrava le conseguenze del Coronavirus. Nel 90% dei casi, la caduta si sanifesta dopo due o tre mesi dalla guarigione. Dal 94esimo Congresso SIDeMaST, che si chiude oggi, le indicazioni sulle terapie da attuare. Approfondito anche il tema dell’alopecia permanente da chemioterapia

06 NOV - “Più del 30% delle persone che contraggono l’infezione da Covid-19 riporta una copiosa caduta di capelli, abbondante, fatta di intere ciocche perse. E questo sul piano psicologico aggrava le conseguenze del Coronavirus”.

Ad affermarlo la Prof.ssa Bianca Maria Piraccini, Direttrice della Scuola di Specializzazione di Dermatologia e Venereologia dell’Università degli studi di Bologna, al 94esimo Congresso SIDeMaST, la Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse.
Al Congresso che oggi chiude i battenti, la Piraccini ha puntato i riflettori sulle ripercussioni che la malattia da Sars Cov-2 può avere sui capelli e sulle terapie per rinforzarli.

Molte persone che hanno superato la positività al virus riportano infatti un indebolimento e un diradamento dei propri capelli. La caduta dei capelli post-covid rientra nel “telogen effluvium acuto”, e porta alla perdita dai 100 ai 200 capelli al giorno ed è la tipica caduta di capelli reattiva che si verifica dopo eventi traumatici. In misura ridottissima, questa caduta avviene anche durante il cambio di stagione, ma in misura minore rispetto ai pazienti post Covid per i quali la chioma si riduce notevolmente. “Le prime segnalazioni – afferma la Prof.ssa Piraccini – risalgono a giugno 2020 e sono arrivate da tutto il mondo. In Italia, a Bologna, abbiamo quindi creato una task force, guidata dalla dott.ssa Michela Starace, che sta coordinando gli scienziati di tutto il mondo per registrare tutti i casi di caduta di capelli dopo l’infezione da covid-19 e trovare una spiegazione”.

La forma più frequente (90% dei casi), si manifesta dopo due o tre mesi dalla guarigione e si pensa sia dovuta all’allettamento, al dimagrimento, all’ipo-ossigenazione, ai farmaci, al grande stress cui è stato sottoposto l’organismo. Si tratta sempre di una caduta transitoria.
Le terapie più adatte sono: cortisonici locali e integratori alimentari a base di antiossidanti. Importante poi lavare bene e con delicatezza i capelli: il cuoio capelluto ha molte ghiandole sebacee e l’accumulo di sebo predispone la cute ad una fastidiosa dermatite seborroica.

Questo vale ancora di più se utilizziamo farmaci per capelli con azione topica: “Rimuovendo i residui dei farmaci le successive applicazioni saranno sicuramente più efficaci – precisa l’esperta – solitamente si torna alla normalità nel giro di qualche mese, ma se una persona è già affetta da malattie dei capelli, tipo alopecia androgenetica (che interessa il 50% delle persone di sesso maschile e femminile), quando la caduta si ferma il diradamento dei capelli rimarrà accentuato”.
 
La Piraccini ha parlato anche di alopecia permanente da chemioterapici. I dati mondiali dicono che un adulto su 30 ha una diagnosi di cancro anche se oltre il 70% sopravvive grazie alle terapie più innovative. Ma uno degli effetti collaterali a lungo termine è una alopecia permanente successiva alle chemioterapie. Nonostante infatti si sappia che la caduta dei capelli è sempre temporanea, in alcuni casi, sei-otto mesi dopo la sospensione del trattamento chemioterapico i capelli non ricrescono. Nel 30% delle donne con cancro al seno di età tra i 30 e i 50 anni, per esempio, ricrescono in modo talmente sottile che queste donne non hanno il coraggio di togliere la parrucca.

La stessa alopecia colpisce anche i bambini e gli adulti che si sottopongono a un trapianto di midollo per una leucemia il che fa pensare che i farmaci utilizzati possono dare la stessa tossicità dei farmaci chemioterapici. E almeno una persona su 4 riferisce un peggioramento della qualità della vita.
“Stiamo raccogliendo dei dati per studiare questa forma di alopecia permanente da chemioterapici – conclude Piraccini – soprattutto, cerchiamo di capire chi sviluppa questa alopecia permanente e se si può prevedere, prevenire e curare. Il nostro monitoraggio inizia prima della chemio, poi dopo un mese, tre mesi e si arriva, di tre mesi in tre mesi, ai 12. Se dopo un anno dalla chemio non ricrescono, vuol dire che non ricresceranno più e noi vogliamo scoprire il perché”.
 

06 novembre 2020
© Riproduzione riservata

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