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Sicilia. Consulta boccia legge su proroga Dg Asl: “Contrasta con i limiti imposti da legge nazionale”

La norma prevedeva la proroga dei Dg e il divieto di fare nuove nomine (perché non era stato aggiornato l’elenco regionale degli idonei) stabilendo de facto un regime speciale e transitorio senza prevedere né i requisiti necessari per accedere all’incarico, né le procedure da seguire. I giudici: “In mancanza dell’elenco regionale, l’ente territoriale deve attingere a quelli delle altre Regioni”. LA SENTENZA

17 LUG - La Corte costituzionale ha giudicato illegittimo l’art. 3 della legge della Regione Siciliana 1° marzo 2017, n. 4 (Proroga dell’esercizio provvisorio per l’anno 2017 e istituzione del Fondo regionale per la disabilità. Norme urgenti per le procedure di nomina nel settore sanitario regionale).

La norma impugnata interveniva in materia di nomine dei direttori generali sanitari regionali, stabilendo che “[n]elle more della modifica legislativa discendente dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 251 del 2016 e considerato il mancato aggiornamento dell’elenco regionale secondo quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni al fine di evitare liti e contenziosi, gli incarichi di direttore generale delle Aziende sanitarie provinciali, delle Aziende ospedaliere e delle Aziende ospedaliere universitarie della Regione attualmente vigenti sono confermati sino alla naturale scadenza ed è fatto divieto di procedere a nuove nomine, ove non ricorra l’incarico ordinario si procede alla nomina di commissario ai sensi di quanto disposto dall’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modifiche ed integrazioni. Resta confermato quanto stabilito dall’articolo l della legge regionale 2 agosto 2012, n. 43”.
 
Per la Presidenza del consiglio però la norma “nell’introdurre un regime speciale e transitorio per i casi di naturale scadenza degli incarichi di direttore generale delle aziende sanitarie regionali, articolato sul divieto di nuove nomine, da un lato, e sulla nomina di un commissario ad acta, dall’altro – senza prevedere né i requisiti necessari per accedere all’incarico, né le procedure da seguire per pervenire a tali nomine, né i relativi termini di decadenza – contrasterebbe con i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale in materia di dirigenza sanitaria – direttamente riconducibile, per il ricorrente, alla tutela della salute, in base ai quali la nomina di dette figure, da parte delle Regioni, deve necessariamente ed obbligatoriamente avvenire mediante ricorso ad elenchi di idonei a tal fine predisposti”.
 
La Consulta ha dato ragione al Governo spiegando come “la Regione Siciliana abbia oltrepassato i limiti della competenza legislativa ad essa riconosciuta. La legge regionale è stata adottata al dichiarato fine di dettare una disciplina urgente e transitoria, anche in considerazione del «mancato aggiornamento dell’elenco regionale secondo quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni al fine di evitare liti e contenziosi» (art. 3, legge reg. Siciliana n. 4 del 2017). Al riguardo, va però evidenziato che il mancato aggiornamento dell’elenco regionale degli idonei non vale a giustificare una previsione volta a derogare agli ordinari criteri per il conferimento degli incarichi in questione, atteso che, proprio ai sensi dell’art. 3-bis d.lgs. n. 502 del 1992, richiamato dalla norma censurata, in mancanza dell’elenco regionale, l’ente territoriale deve attingere a quelli delle altre Regioni”.
 
Per questo motivo per la Corte “non sussistono le ragioni invocate dal legislatore regionale a giustificazione dell’adozione di una disciplina temporanea ed eccezionale, che stabilisce il divieto di procedere alla nomina di nuovi direttori generali delle aziende sanitarie provinciali e, in caso di scadenza naturale dell’incarico, dispone la nomina di commissari. Per di più, la genericità della previsione regionale, che non definisce né le procedure, né i requisiti, né i termini di decadenza dei commissari, consente alla Regione di conferire gli incarichi apicali della dirigenza sanitaria in maniera ampiamente discrezionale, al di fuori del sistema delineato dal legislatore statale, mettendo quindi a rischio le finalità perseguite da quest’ultimo”.

17 luglio 2018
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