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Verso le elezioni. L’analisi di Gimbe: “Nessuna forza politica mette la sanità al centro della sua agenda. Ssn verso sistema misto”

di Nino Cartabellotta

Nell’ambito delle attività dell’Osservatorio sulla sostenibilità del Ssn, la Fondazione Gimbe sta passando al setaccio i programmi elettorali di tutte le forze politiche per un’analisi “trasversale” sulle proposte relative a sanità, welfare e ricerca. I primi risultati non sono affatto confortanti. In assenza di interventi la progressiva e silente trasformazione (già in atto) di un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico verso un sistema misto sarà inesorabile. IL DOSSIER GIMBE

17 FEB - L’approssimarsi delle consultazioni elettorali è l’occasione per un bilancio della XVII legislatura, che per la sanità è stata caratterizzata da un insolito paradosso. Da un lato, numerose sono le pietre miliari per l’evoluzione del Servizio Sanitario nazionale (SSN) frutto di un’intensa attività legislativa e programmatoria: dal DPCM sui nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA) al DM sulla responsabilità professionale, dal decreto sull’obbligo vaccinale all’albo nazionale per i direttori generali, dal patto per la sanità digitale ai fondi per i farmaci innovativi, dal piano nazionale della cronicità a quelli della prevenzione e della prevenzione vaccinale, dal DM 70/2015 al decreto sui piani di rientro degli ospedali, dal biotestamento al DDL Lorenzin che regolamenta ordini professionali e sperimentazioni cliniche.
 
D’altro canto, la legislatura è stata segnata da un imponente definanziamento che, oltre a determinare la progressiva retrocessione rispetto ad altri paesi Europei, sta minando seriamente l’erogazione dei LEA, mettendo in luce il drammatico scollamento tra esigenze di finanza pubblica e programmazione sanitaria. Infine, dopo la bocciatura del referendum costituzionale, nessun passo in avanti è stato fatto per migliorare la governance di 21 differenti sistemi sanitari, anzi si sono moltiplicate le richieste di maggiore autonomia da parte delle Regioni.

Nonostante i traguardi raggiunti, tuttavia, non è possibile ignorare i segnali sempre più evidenti d’involuzione della sanità pubblica e del sistema di welfare, in particolare in alcune aree del Paese e per le fasce socio-economiche più deboli. Considerato che la prossima legislatura sarà determinante per il destino del SSN, è indispensabile rimettere la sanità al centro dall’agenda di Governo a prescindere dall’esito delle urne, perché il diritto costituzionale alla tutela della salute non può essere ostaggio di ideologie partitiche.

Per questo, a 5 anni dal lancio del programma #salviamoSSN, la Fondazione GIMBE ha esortato tutte le forze politiche impegnate nelle imminenti consultazioni elettorali a mettere nero su bianco proposte convergenti per la sanità pubblica, perché se è vero che non esiste un piano occulto di smantellamento e privatizzazione del SSN, è certo che attualmente non esiste neppure un preciso programma politico per il suo salvataggio.
 
Nell’ambito delle attività dell’Osservatorio sulla sostenibilità del SSN, la Fondazione GIMBE ha dunque passando al setaccio i programmi elettorali di tutte le forze politiche per un’analisi “trasversale” sulle proposte relative a sanità, welfare e ricerca. I primi risultati di questo fact checking non sono affatto confortanti:
 
• Quasi tutte le forze politiche affermano che la salute è un diritto fondamentale da tutelare, ma poche prendono atto della crisi di sostenibilità del SSN, che continua ad essere semplicisticamente osannato come uno dei migliori al mondo.
 
• Quasi nessuno si sbilancia sulla necessità di rilanciare il finanziamento pubblico della sanità.

• Pochi programmi enfatizzano il concetto di porre la salute al centro di tutte le politiche, in particolare quelle ambientali e alimentari.
 
• La sostenibilità economica delle proposte è un optional, visto che solo in rarissimi casi vengono dettagliate le relative modalità di finanziamento.
 
• Numerosissime proposte non tengono conto delle attuali distribuzioni di responsabilità e poteri tra Stato e Regioni, rischiando di rimanere così lettera morta.
 
• Nessun programma fa esplicito riferimento alla sostenibilità dei nuovi LEA, né tanto meno alla necessità di ridisegnarne il perimetro attraverso un consistente sfoltimento basato sulle evidenze scientifiche. Evidentemente annunciare la riduzione delle prestazioni rimane politicamente scomodo.
 

• Alcuni programmi puntano, giustamente, a prevenire comportamenti opportunistici e conflitti di interesse che, tuttavia, non configurando reato o illecito amministrativo rimangono difficilmente “governabili”.
 

• Poche le proposte concrete sull’assistenza socio-sanitaria e, soprattutto, sulla non autosufficienza.
 
• La programmazione del fabbisogno di medici e altri professionisti della salute viene di fatto presa in considerazione solo da due programmi elettorali.
In pochi identificano la riduzione degli sprechi e il riordino normativo della sanità integrativa tra le azioni prioritarie per garantire la sostenibilità del SSN.
 
• Tra le proposte più gettonate: compartecipazione alla spesa (eliminazione superticket, rimodulazione/eliminazione ticket), riduzione delle liste d’attesa, nuova governance del farmaco, informatizzazione, assunzione del personale, eliminazione del precariato. Inoltre, troppi programmi sono farciti di proposte di piccolo cabotaggio, facendo sorgere il ragionevole sospetto di puntare solo a raccogliere consensi.
 
• Numerose anche le proposte potenzialmente “tossiche” che minano i princìpi di universalismo ed equità del SSN: dalla “incentivazione alla competizione pubblico-privato” alla “difesa dei piccoli presidi ospedalieri”, dal “rafforzamento delle autonomie locali” alle maggiori autonomie delle Regioni.
 
• Non mancano infine proposte bizzarre che sconfinano nel grottesco: da chi promette “un milione di posti di lavoro in sanità e assistenza sociale e domiciliare” a chi il “raddoppio immediato dei fondi destinati alla sanità” o la “nazionalizzazione sotto controllo dei lavoratori dell’industria farmaceutica”; da chi invoca “l’abolizione di ogni finanziamento alla sanità privata” sino addirittura a “l’uscita del privato dalla sanità”. 
 
Un tasto molto dolente che emerge dal monitoraggio è che, al di là di generiche dichiarazioni di intenti, nessun partito ha un programma chiaro per ridurre le diseguaglianze che oggi legano il diritto alla tutela della salute al CAP di residenza: da un punto di vista etico, sociale ed economico è inaccettabile che questo diritto costituzionale, affidato ad una leale quanto utopistica collaborazione tra Stato e Regioni, continui ad essere condizionato da politiche sanitarie regionali e decisioni locali che generano diseguaglianze nell’offerta di servizi e prestazioni sanitarie, alimentano sprechi e inefficienze ed influenzano gli esiti di salute della popolazione.
 
I dati raccolti dalla Fondazione GIMBE restituiscono un quadro allarmante di variabilità regionali in cui l’universalismo, fondamento del nostro SSN, si sta inesorabilmente disgregando sotto gli occhi di tutti, anche di una politica miope che non intende restituire agli Italiani un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione.
 
Ecco perché il periodo pre-elettorale è il momento giusto per condividere con i cittadini alcuni numeri inquietanti:
 
Mortalità evitabile. Nel Rapporto “Mortalità Evitabile (con intelligenza)” 2018, il Trentino Alto Adige conquista la prima posizione tra le Regioni sia per uomini che donne, mentre la Campania resta inchiodata sul fondo di entrambe le classifiche con Napoli ultima tra le province: sia per gli uomini (30 giorni pro-capite perduti, rispetto ai 18,4 di Rimini in prima posizione) che per le donne (18 giorni pro-capite perduti, rispetto ai 10,4 di Treviso in prima posizione).

Adempimenti livelli essenziali di assistenza (LEA). L’ultimo report del Ministero della Salute, relativo al 2015, dimostra che il punteggio massimo della Toscana (212) è esattamente il doppio di quello minimo della Campania (106). Ciò significa che a parità di risorse assegnate dallo Stato l’esigibilità dei LEA da parte dei cittadini campani è pari al 50% di quelli toscani.

Programma Nazionale Esiti (PNE). Le performance ospedaliere documentate dal PNE 2017 sono un variopinto patchwork di cui è possibile cogliere anche le sfumature, perché oltre alle variabilità tra Regioni rileva quelle tra singoli ospedali. Ad esempio, la percentuale di parto cesareo primario, a fronte di una media nazionale del 24,5%, varia dal 6% al 92%; quella di interventi chirurgici entro 48 ore nei pazienti ultrasessantacinquenni con frattura di femore varia dal 3% al 97% (media nazionale 58%); la mortalità a 30 giorni dal ricovero per infarto acuto del miocardio oscilla da 0% al 21% (media nazionale 8,6%); gli interventi di colecistectomia laparoscopica con degenza post-operatoria inferiore ai 3 giorni, a fronte di una media nazionale del 72,7%, hanno un range tra i vari ospedali che varia addirittura da 0% a 100%.

Mobilità sanitaria. Nel 2016 vale ben € 4,16 miliardi “spostati” prevalentemente da Sud a Nord. In pole position per mobilità attiva la Lombardia con € 937,8 milioni, fanalino di coda per mobilità passiva il Lazio con -€ 542,2 milioni. Il saldo della mobilità vede sempre la Lombardia in testa con un “utile” di € 597,6 milioni e fanalino di coda la Campania con un “passivo” di € 282,5 milioni.

Spesa farmaceutica. Secondo il Rapporto OSMED 2016, pubblicato dall’Agenzia Italiana del Farmaco, la spesa convenzionata lorda pro-capite per i farmaci rimborsati dal SSN oscilla da € 128,77 della PA di Bolzano ai € 219,18 della Campania (media nazionale € 175,25). Quella per i farmaci acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche da € 145,32 della Valle D’Aosta a € 240,64 della Campania (media nazionale € 195,84). La percentuale della spesa per i farmaci equivalenti, tra quelli a brevetto scaduto, varia dal 10,2% della PA di Trento al 3,9% della Calabria (media nazionale 6,2%).

Ticket. Le regole applicate da ciascuna Regione hanno generato una giungla inestricabile, con differenze degli importi da corrispondere per farmaci e prestazioni e delle regole per le esenzioni. Dai ticket sanitari nel 2016 le Regioni hanno incassato € 2,86 miliardi, corrispondenti a una quota pro-capite di € 47 con notevoli variabilità regionali. Per i farmaci la quota oscilla da € 33,6 della Campania a € 15 del Friuli Venezia Giulia, a fronte di una media nazionale di € 24. Per le prestazioni sanitarie, di specialistica ambulatoriale e pronto soccorso, dai € 131 della Valle D’Aosta ai € 16,7 della Campania (media nazionale € 23).

Addizionali regionali IRPEF. Per l’anno 2017 quelle minime oscillano dallo 0,70% del Friuli Venezia Giulia al 2,03% della Campania, mentre le addizionali massime dal 1,23% di PA di Bolzano, PA di Trento, Sardegna, Valle d'Aosta, Veneto e Friuli Venezia Giulia al 3,33% di Lazio e Campania.
 
 
Dalle analisi condotte finora emerge dunque chiaramente che nessun partito intende rimettere la sanità al centro dell’agenda politica, visto che non si intravede alcun “piano di salvataggio” del SSN coerente con le principali determinanti della crisi di sostenibilità: definanziamento, “paniere” LEA troppo ampio, sprechi e inefficienze, deregulation della sanità integrativa, diseguaglianze regionali e locali. In vista delle elezioni, l’Osservatorio GIMBE pubblicherà i risultati definitivi delle attività di monitoraggio, in cui tutte le proposte per la sanità avanzate dalle forze politiche in campo verranno verificate e incrociate con il “piano di salvataggio” del SSN proposto dalla Fondazione GIMBE:
 
• Mettere sempre la salute al centro di tutte le decisioni politiche non solo sanitarie, ma anche industriali, ambientali, sociali, economiche e fiscali.

• Offrire ragionevoli certezze sulle risorse destinate alla sanità, mettendo fine alle periodiche revisioni al ribasso e rilanciando il finanziamento pubblico.

• Potenziare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, nel pieno rispetto delle loro autonomie.

• Costruire un servizio socio-sanitario nazionale, perché i bisogni sociali sono strettamente correlati a quelli sanitari.

• Ridisegnare il perimetro dei LEA secondo evidenze scientifiche e princìpi di costo-efficacia, rivalutando la detraibilità delle spese mediche secondo gli stessi criteri.

• Eliminare il superticket e definire criteri nazionali di compartecipazione alla spesa sanitaria equi e omogenei.

• Avviare un piano nazionale di prevenzione e riduzione degli sprechi, per disinvestire e riallocare almeno 1 dei 2 euro sprecati ogni 10 spesi.

• Attuare un riordino legislativo della sanità integrativa per evitare derive consumistiche e di privatizzazione.

• Regolamentare l’integrazione pubblico-privato e l’esercizio della libera professione secondo i reali bisogni di salute delle persone.

• Rilanciare le politiche per il personale del SSN e programmare adeguatamente il fabbisogno di medici, di specialisti e altri professionisti sanitari.

• Destinare almeno l’1% del fondo sanitario nazionale alla ricerca clinica e organizzativa necessaria al SSN.

• Avviare un programma nazionale d’informazione scientifica per cittadini e pazienti per debellare le fake-news, ridurre il consumismo sanitario e promuovere decisioni realmente informate.
 
In assenza di un programma politico in grado di attuare proposte di questa portata, la progressiva e silente trasformazione (già in atto) di un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico verso un sistema misto sarà inesorabile, consegnando alla storia la più grande conquista sociale dei cittadini italiani. Ma se anche questo fosse il destino già segnato per il SSN il prossimo esecutivo non potrà esimersi dall’avviare una rigorosa governance della fase di privatizzazione, al fine di proteggere le fasce più deboli della popolazione e ridurre le diseguaglianze.
 
Nino Cartabellotta
Presidente Fondazione Gimbe

17 febbraio 2018
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