I dati evidenziano ad oggi una carenza fino a 100.000 infermieri per soddisfare i bisogni di salute in Italia e decine di migliaia ancora ne mancheranno per i prossimi pensionamenti.
Nei primi anni nei quali incominciai ad occuparmi di personale del SSN ed in particolare di infermieri, nel 1986 era Ministro della Sanità, come si chiamava allora quel Dicastero, Carlo Donat Cattin e Direttore generale della professioni sanitarie Danilo Morini, che da deputato fu il relatore della legge 833/70 di istituzione del SSN, per chi se la sia dimenticata, la carenza di infermieri era calcolata in 60.000 infermieri, con minore popolazione e senza quei profili professionali, prima OTA e ora OSS, che avrebbero dovuto sollevare l’infermiere da quelle incombenze domestico-alberghiere, come si diceva allora e che si stimava che occupassero l’attività infermieristica per oltre il 40% del tempo-lavoro.
Per affrontare la questione infermieristica fu avviato un lungo percorso che iniziò proprio con un protocollo tra il Ministro Donat Cattin e CGIL-CISL-UIL che fu alla base delle grande stagione delle riforme della professione infermieristica in cui tutti i punti di quel protocollo divennero articoli di legge: formazione universitaria, abolizione della ausiliarietà, propria dirigenza …il tutto accompagnato da significativi aumenti contrattuali: l’aumento previsto per un infermiere era identico a quello dato ad un medico a tempo definito e fu istituita l’indennità infermieristica…non i quattro euro di oggi, ma una valore economico per allora considerevole e progressivo con l’anzianità.
Allora si faceva difficoltà, specie al nord, a coprire i fabbisogni annuali di nuova formazione infermieristica e per questo molte Regioni erogarono borse di studio per gli studenti infermieri, per incentivare l’iscrizione ai corsi e sostenerne la frequenza e la permanenza.
Con questa politica che non solo prevedeva misure tattiche ma aveva una strategia di lunga visione, si invertì la tendenza e le giovani generazioni incominciarono a scegliere sempre più di iscriversi al corso di laurea per infermiere.
E poi venne l’inverno dei blocchi delle assunzioni anche in sanità e quello che era sembrato un posto sicuro non lo fu più ed iniziarono i concorsi con migliaia di concorrenti e poi il blocco contrattuale, l’errore dell’abolizione dell’indennità infermieristica sino al contrasto deleterio al riconoscimento e all’implementazione delle competenze avanzate e specialistiche degli infermieri …
La tragica vicenda della pandemia sembrava che si fosse capito non solo l’importanza della sanità pubblica, universale e solidaristica ma anche che il capitale umano e professionale era la risorsa strategicamente determinante per garantire il diritto alla salute: la speranza divenne ben presto un’illusione, purtroppo.
Ora leggo che si voglia riprendere il cammino per mettere al centro la risorsa del personale del SSN, mi pare che su questo giornale abbia più volte indicato delle soluzioni possibili per invertire la tendenza e, visto, che è all’attenzione del recente dibattito, vorrei con più dettagli descrivere quali possono essere le soluzioni adottabili per affrontare e risolvere la questione infermieristica, che ha una sua specificità e una sua centralità strategica al pari della carenza non di laureati in medicina e chirurgia bensì di medici specialisti e di medici di famiglia.
Per questo la questione infermieristica va affrontata e risolta nella sua specificità avendo il coraggio politico, come fu fatto negli anni ottanta e novanta, di porre e attuare soluzioni diverse dalle restanti professioni sanitarie, anche se poi alcune, se non tante scelte, potranno avere conseguenze positive anche per gli altri professionisti della salute: è sempre attuale il detto di quel periodo per cui “l’infermiere liberando se stesso libera anche gli altri professionisti della salute”
Ci sono risposte tattiche, periodicamente adottate da più governi (gli infermieri tunisini, quelli albanesi, i rumeni ora gli indiani) per affrontare l’immediato e nel breve periodo la carenza infermieristica quali favorire l’ingresso dall’estero di infermieri, anche se sembrerebbe originale che uno Stato che ha una forte emigrazione di infermieri, considerati tra i più preparati, non faccia una politica seria per trattenerli o farli ritornare in patria e poi favorisca, invece, flussi migratori da Stati esteri che hanno un rapporto cittadino/infermiere più preoccupante del nostro, oppure dar vita ad un nuovo profilo professionale, evoluzione dell’OSS a cui far svolgere ulteriori competenze assistenziali.
Sulla base della mia esperienza ultradecennale in materia auspicherei che per affrontare nel medio e lungo periodo la questione infermieristica sia opportuno che possa e debba essere programmata e realizzata concretamente una strategia che sia realmente incisiva e di rottura con certi schemi attuali e talora prevedendo anche la riedizione, contestuandola, di strumenti che si siano rivelati positivi.
Come fu fatto quando si iniziò, come ho sopra ricordato con il protocollo Ministro Donat Cattin e sindacati, a trovare soluzioni condivise, comprese e concertate per avviare a soluzione la questione infermieristica, sarebbe auspicabile che Governo e Regioni, coinvolgendo anche il Parlamento per il varo rapido dei provvedimenti legislativi che si vorrebbe proporre, aprissero un ampio tavolo di confronto con i sindacati rappresentativi del personale del comparto sanità e di altre rappresentanze scientifico – professionali, sinora mai coinvolti al contrario di quelli della dirigenza medica e sanitaria nonché degli ordini delle professioni sanitarie e sociosanitarie.
È un tavolo strategicamente indispensabile perché tutte le soluzioni da proporre investono la sfera dell’organizzazione del lavoro in sanità e dell’impianto contrattuale del settore e, pertanto, il coinvolgimento del sindacato è il presupposto perché non solo le scelte siano condivise, comprese e concertate ma poi si realizzino con il protagonismo positivo e propositivo dei professionisti della salute.
Per prima cosa chiariamo che non è vero che i giovani non vogliono scegliere la professione infermieristica; hanno fatto domanda 26000 giovani su 19300 posti a disposizione in un anno accademico che ha registrato un calo enorme di matricole in tutti gli atenei e in tutti i corsi di laurea, ricordo che siamo tra i finalini di coda in Europa per laureati ed il sistema universitario che non è stato in grado di soddisfare i bisogni formativi in infermieristica delle giovani generazioni.
Quindi il problema principale è dove e come formare gli infermieri: lasciare al sistema universitario, sulla base delle sue esigenze e potenzialità, di decidere o condizionare la capacità formativa è quanto mai una scelta sbagliata appunto primo ritorno al passato: riprendere il lodo che ha portato la formazione infermieristica all’università, il mitico terzo comma dell’articolo 6 del dlgs 502/92, rimettendo al centro la capacità formativa anche universitaria in convenzione, ovviamente con gli Atenei, del SSN, che, ricordo, non solo ha i compiti istituzionali di prevenzione, cura e riabilitazione ma anche formazione e ricerca.-
Il tavolo di confronto che si propone tra Istituzioni Ordini, Società Scientifiche e Sindacati dovrebbe essere guidato con una politica strategica da statista e non da politico che è attento solo ai sondaggi e dovrebbe prevedere:
- Il rafforzamento e il potenziamento della rete delle sedi della formazione universitaria in infermieristica del SSN convenzionate con gli Atenei facendo intendere alle Direzioni Generali Aziendali che non sono un costo ma un investimento e per questo il personale docente e i tutor attraverso gli strumenti contrattuali debbono essere apprezzati e valorizzati economicamente e normativamente;
- L’esonero o un incisivo abbattimento delle tasse universitarie per l’iscrizione al primo anno di corso di laurea in infermieristica e il suo mantenimento secondo il positivo profitto dello studente anche attraverso una reale rimodulazione della didattica teorica e del tirocinio che permetta di coniugare la migliore formazione con il rispetto del compimento del triennio del corso, consentendo il suo prolungamento solo di fronte a motivazioni di salute o altro di reale gravità;
- La riedizione di borse di studio a livello regionale per gli studenti infermieri da confermare annualmente in relazione al profitto verificato dello studente;
- L’attivazione di uno specifico contratto di formazione lavoro per gli studenti del terzo anno, regolato economicamente e normativamente in una specifica sezione contrattuale del CCNL del personale del comparto sanità;
- L’attivazione di contratti di formazione lavoro, come previsto dal CCNL del comparto sanità, per i neolaureati da parte delle Aziende sanitarie e con la previsione al termine del primo triennio, se in presenza di un giudizio positivo il passaggio a tempo indeterminato, snellendo così le procedure concorsuali;
- Ferma restando l’incremento significativo di assunzione da parte delle università di professori espressione della professione infermieristica, l’emanazione di norme che stabiliscano medesimi diritti e doveri dei docenti dipendenti dagli atenei e docenti dipendenti del SSN;
- Porre tra gli obiettivi da raggiungere da parte dei Direttori Generali delle Aziende Sanitarie la piena generalizzazione del sistema degli incarichi professionali e organizzativi per il personale del SSN e in particolare degli incarichi di alta professionalità di infermieri specialisti e di infermieri esperti con il conseguente pieno riconoscimento economico e normativo per lo svolgimento, da implementare nell’organizzazione del lavoro, di competenze più complesse, avanzate e specialistiche diverse da quelle del profilo di base, in sintesi reale e immediatamente spendibile la carriera professionale e gestionale degli infermieri dipendenti del SSN;
- La previsione di specifici indirizzi clinici – specialistici nel corso di laurea magistrale quale evoluzione del professionista specialista previsto dall’articolo 6 della legge 43/06;
- Il riconoscimento di specifiche competenze di competenza avanzata con capacità prescrittiva infermieristica sulla base delle esperienze positive e consolidate degli altri Stati europei;
- La piena applicazione della normativa sulla libera professione intramuraria prevista dall’articolo 15 e seguenti del dlgs 502/92 da estendere anche ai dipendenti infermieri del SSN e, ovviamente, anche agli altri professionisti di cui alla legge 251/00;
- Una diversa organizzazione del lavoro anche attraverso la digitalizzazione che liberi gli infermieri da competenze che possano svolgere altri professionisti e operatori ( non solo realizzando un nuovo profilo sociosanitario evoluzione dell’OSS, ma generalizzando una figura amministrativa, una sorta di segretario di reparto affidandogli competi amministrativi e logistici non sanitarie, privilegiando nei nidi ospedalieri la presenza delle puericultrici ( da non prevedere più ad esaurimento perché nei nidi vi è una prevalenza di neonati sani) così come nei reparti di ostetricia le ostetriche e esempi di tal tipo si potrebbero fare per far sì che la risorsa infermieristica sia utilizzata al meglio per le proprie specifiche potenzialità di tutela e promozione della salute;
- Un incisivo e specifico aumento contrattuale che realmente valorizzi e apprezzi la diversità infermieristica anche attraverso l’implementazione della indennità infermieristica ripristinando la sua graduazione progressiva in base all’anzianità.
Sono queste alcune delle linee, ovviamente non esaustive, sulle quali l’ipotetico ma auspicabile tavolo di confronto Istituzioni-Sindacati dovrebbe orientarsi, certamente sembrerebbero privilegiare solo la questione infermieristica ma la sua soluzione porterebbe conseguenze e riflessi positivi per tutti gli altri professionisti e operatori del SSN e come la storia degli ultimi quarant’anni insegna e come mi diceva il compianto fisioterapista dirigente dell’AIFI Mauro Gugliucciello nei nostri colloqui telefonici mentre si approvavano le leggi 42/99 e 251/00:“l’infermiere liberando sé stesso libera anche gli altri”.
Saverio Proia