Siamo messi male con il Servizio sanitario nazionale. Anche i bravi sbagliano. A volte di brutto. Ciò accade nella sanità ove si stanno verificando da anni la caduta delle regole, la precipitazione dei servizi e la negazione delle prestazioni essenziali.
I Lea, quale misura non ideologica ma sostanziale dell’efficienza dei servizi regionali/provinciali, sono divenuti ovunque parametri inadeguati perché:
- vecchi di oltre otto anni;
- senza connessione diretta con i fabbisogni epidemiologici, mai rilevati da alcuno. che mutano di frequente;
- autogestiti dalle aziende sanitarie secondo le risorse e le capacità manageriali disponibili, quindi spesso erogati come Lea senza esserlo;
- per nulla caratterizzati dalla efficienza, dall’efficacia e dell’economicità.
Oggi ci si mette pure l’Azienda Sanitaria Locale di Trento a generare nuove regole, che a definirle improprie si è generosi, solo per il fascino che sprigionano le Dolomiti. Tutto sulla scia di supporre (molto) erroneamente che con intese, protocolli e convezioni, e chi più ne ha ne metta, si possono sovvertite le norme statali, quelle che sanciscono i principi fondamentali delle leggi.
L’Asl di Trento sogna, probabilmente, di assumere lo status di Azienda Ospedaliera Universitaria, con il supporto della Provincia autonoma, del tipo quelle uniche tre (Salerno, Udine e Trieste) regolarmente costituite a fronte di trentuno denominate tali ma senza esserlo, perché prive del Dpcm costitutivo, di cui all’art. 8 del d.lgs. 517/1999. Lo fa facendo il peggio: provvedendo a nominare di recente “sulla spada” (a mo’ di cavalieri di un qualsiasi regno) professori universitari, estranei al Ssn, direttori di UOC dei presidi ospedalieri aziendali.
In altre parti del Paese – nello specifico l’azienda sanitaria locale di Rieti, addirittura estromettendo i “primari” (sino ad oggi di: otorinolaringoiatria con delibera n. 1295/2022 e di tele-radiodiagnostica con delibera n. 39/2023, ma con tendenza all’estensione all’UOC di chirurgia) – accade di peggio con l’estromissione dei vincitori degli appositi corrispondenti concorsi, egregiamente operanti nei presidi ospedalieri interessati. Il tutto con il bene placido della rettrice della Università della Sapienza, che be dovrebbe tenere conto di quanto disposto dalle norme, non superabile da una qualsivoglia Protocollo d’Intesa, direttamente riconducibile esclusivamente alle AOU.
Ma si sa, oramai l’Italia è passata dalla patria del diritto a quello degli abusi, per non dire delle illiceità frequenti.
Trento, da sito provinciale autonomo espressivo della potestas legislativa, decide – con grande e unanime meraviglia – dell’affidamento diretto di direzioni cliniche apicali a professori universitari. Ciò in assoluto contrasto con le norme ordinamentali, sia costituzionali che di legislazione ordinaria. Una opzione, quella trentina, che viola talmente le leggi e le garanzie assunzionali, derivanti da procedure concorsuali selettive pubbliche, tanto da generare pericoli alla salute pubblica e conseguenti danni erariali, che si generano sin dalle anzidette nomine.
Tutto questo perché le stesse sarebbero effettuate al di fuori di ogni perimetro legislativo vigente e caratterizzate da una irragionevolezza e imprudenza tali da sottrarre persino le garanzie all’utenza assicurate solo a seguito degli esiti di procedure concorsuali appositamente previste per pervenire a direzioni di UOC pubbliche. Conseguentemente, è appena il caso di sottolineare che nei casi di specie (Trento e Rieti) si agisce in aperto contrasto con la normativa in essere e in palese violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, aprendo così le porte ad accertamenti quantomeno di danno erariale da parte della Corte dei conti competente.
Ettore Jorio