Ho apprezzato molto l’iniziativa di quest’anno, svoltasi a Napoli l’appena 16-17 giugno scorsi, sugli “Stati Generali della Prevenzione”. Si sono registrate, finalmente, considerazioni coscienti, mirate alla salute reale delle persone, e proposte seriamente innovative. E’ la prima volta che si ascolta un Ministro che rivendica finanziamenti molto più decorosi da impegnare sulla prevenzione, con conseguente incremento della assistenza territoriale e ottimizzazione di quella ospedaliera. Una politica annunciata e pretesa da un ministro-medico, ma anche già rettore di una prestigiosa università romana, che ha posto il suo mirino sul Mezzogiorno, impegnandosi a restituirgli quanto negato da decenni. Anzi, da sempre.
Interessante, ma un po’ parziale il panel “Prevenzione lungo il corso della vita”, non già per gli argomenti trattati ma per il poco tempo a disposizione de relatori. Un tema enorme – fondamentale a tal punto da fare chiedere a Schillaci l’elevazione all’8/10% del finanziamento apposito dal 5% di oggi elevato sul 4% di ieri – da non potere sviluppare in solo 55 minuti. Oltre, ovviamente all’interessante trattazione del sottosegretario Gemmato che, da operatore sanitario del territorio e da meridionalista autentico, ha bene introdotto la messa a terra dell’assistenza territoriale quale strumento migliore per fare prevenzione.
A dire il vero, analizzando un po’ il confronto ho avvertito la mancanza della trattazione del tema della nuova generazione degli anziani, che di cattiva prevenzione muoiono e vivono male. Un segmento sociale che assume oramai la maggioranza relativa nel Paese, al quale andrebbero destinati trattamenti specifici in tale senso. In buona sostanza, non certamente può liquidarsi la faccenda che per loro è andata così e dunque cominciamo da capo per fare meglio domani.
E no! Al di là della prevenzione da erigere a regina dell’erogazione della Salute, costituzionalmente protetta (art. 32), e da strumento di serio investimento per il futuro, sia in termini economico-finanziari che di popolazione più indenne, bisogna pensare a cosa fare oggi per chi non è più “atleta della vita” per avere maturato qualche anno in più, spesso in condizioni pessime. basta guardare Monfalcone e Taranto per rendersi conto di cosa il Paese della salute ha dedicato loro nel tempo.
Venendo agli anziani di nuova generazione e alla prevenzione da dedicarle specificatamente, si rende necessario soffermarci su due punti: i gradi di formazione del segmento sociale che succede agli adulti e gli strumenti da mettere gradatamente in campo. La nuova generazione dell’anziano involge diverse politiche sociali.
In essa sono da individuarsi almeno quattro classi: i diversamente giovani, con pretese di vita sociale, sessuale, sportiva sino all’età media di 75 anni; gli anziani che sanno fare bene i nonni (non che i diversamente giovani non lo facciano, tutt’altro!) ma anche i partecipi dinamici della società tanto da rivendicare attività prossime alle loro dimore piuttosto che accontentarsi dei soli giardinetti pubblici e del gioco delle bocce; poi ci sono i vecchi centenari e gli ultracentenari ai quali necessita dedicare più attenzione anche per favorire didattica sociale in favore dei figli, nipoti e pronipoti, ai quale le istituzioni devono fornire esempi di rispetto ed educativi da imitare nel prosieguo. Il tutto condito da politiche sociali, sia in senso proprio che complementari.
Quanto alla prevenzione essa va messa a terra su misura, discriminata sapendo che, quella dedicata ai padri e nonni è ben diversa da quella destinata ai loro discendenti. La prima serve per investire sulla società del domani; la seconda per riparare i danni di oggi e ieri, facilitando l’invecchiamento, oramai rallentato, con azioni serie, che vadano dalla buona nutrizione, allo stimolo delle frequenza delle attività sportive, all’interdizione del consumo eccessivo dei farmaci e all’educazione all’approccio degli alcolici.
Funzionale a tutto questo è la integrazione realizzata dei servizi resi dalla sanità con quelli dell’assistenza sociale, da sempre rimasti allo stato di chimera, della quale si parta pochissimo. Ma anche con la trasformazione delle politiche locali che i sindaci sono chiamati ad esercitare: programmazione urbanistica più adeguata alla longevità delle comunità municipali, servizi attivi alle generazioni conviventi e alla coppie dei giovani, trasporti pubblici non solo dedicati alle necessità ma anche alle voglie di conoscere il territorio e apprezzarlo; utilizzazione dei nonni a gestori delle strade e dei musei, ritenendo del tutto patetico il residuale loro utilizzo a guardia stanca davanti alle scuole.
Prevenzione è tutto, non dimentichiamo come sia divenuta importante al riguardo quella dedicata alla psiche dei giovani (guerra all’alcol e alle droghe), degli adulti (spesso afflitti dai vizi dei giovani, anche prr imitarli molto indebitamente) e degli anziani (vittime di depressioni ad alta frequenza).
Ettore Jorio