Gentile Direttore,
due cose sono veramente fastidiose: le zanzare e un certificato Inail. Per le prime, ci sono molti validi rimedi, per lo spaventoso certificato Inail ci vuole solo rassegnazione e accendere un cero votivo perché non ti capiti di doverlo compilare in un lunedì mattina in pieno assalto all’ambulatorio. Se succede, vorresti tanto essere tu l’infortunato e non il tuo paziente.
Meglio una sana e sofferta convalescenza che non dover compilare le cinque pagine abbondanti che avrebbero la parvenza di un certificato, in realtà si presenta sotto le mentite spoglie di un atto notarile, mancano solo i soliti due testimoni.
Si discute animatamente del rimpallo di competenze sulla compilazione del certificato Inail, ma la questione centrale non è questa, e vado ad esporne le criticità vere alla base del tanto odiato certificato. I medici ospedalieri e del territorio, sanno benissimo che a loro compete l’invio telematico del certificato, prestando le prime cure al paziente infortunato, infatti il fulcro centrale di una certificazione è aver constatato personalmente le patologie e aver prestato le disposizioni diagnostiche e le eventuali terapie, da cui dipenderà una prognosi. Ovviamente, non sarà permessa alcuna deroga a questo principio. Non sarà possibile, né corretto, che il medico ospedaliero che vede per primo il paziente, demandi al medico curante la compilazione del certificato, perché il concetto mi sembra legislativamente chiaro: chi fa diagnosi e presta le prime cure, certifica e invia.
Non potrà farlo il medico di base, su delega, perché commetterebbe un falso in atto pubblico: non si sottoscrive una diagnosi e una prognosi fatta da altri. Cosa succede, invece troppo spesso? Una logica anomalia di sistema: il medico di pronto soccorso che vede il paziente infortunato, poiché oberato da un carico di lavoro assurdo e come non capirlo di questi tempi, invia il paziente da me, medico di base, dicendo “sic et simpliciter”: vada dal suo medico e si faccia fare il certificato. Non vede come siamo messi qui? Di questo passo il prossimo infortunato sarò io.
Il paziente, incassa ed esegue e viene da me. E a me spetta l’arduo e penoso compito di spiegare al paziente che non potrò compilare il certificato, perché non sono stato io a prestare le cure e a fare diagnosi. E qui, scatta il terzo infortunato che potrei essere io se il paziente ha esaurito il proprio bagaglio di pazienza e civiltà. All’idea di dover tornare in pronto soccorso per un pezzo di carta, potrebbe pensare di fare ricorso alle armi e non sarebbe del tutto illecito se si pensa che il paziente, già toccato dalla malasorte, si improvvisa pendolare burocratico.
Bilancio della malasorte: tre vittime e un colpevole: l’Inail. Ho scritto tante volte, e persino alla dirigenza dell’ente senza averne risposta, che il vero inghippo della questione è la complessa farraginosità del certificato: troppo lungo, con dettagli inutili che richiede troppo tempo per la compilazione e l’invio, tempo prezioso sottratto al lavoro clinico dei medici già troppo oberati. Tra l’altro, a differenza del più semplice certificato di malattia Inps, il nostro software Millewin non consente l’invio telematico Inail, per farlo bisogna entrare nel portale Inail con Spid, venti password e una gimcana tra le duecento pagine Inail, per cui a sera inoltrata, il medico continua a smanettare sulla tastiera con diversi malori in sala d’attesa. Concludendo la penosa questione: il problema non è sul chi-fa-cosa, tutto questo è arci-noto a tutti. Quello che non è noto è perché l’Inail si ostina a NON voler semplificare la procedura di invio di uno dei più nefandi certificati della storia di questo paese. Se la stesura fosse semplice e immediata, nessun medico collasserebbe sulla sedia alla vista di un infortunato Inail. Si può fare?
Enzo Bozza
Medico Mmg