Fine vita. “Il Ddl restringe i diritti”. Le osservazioni della Consulta di bioetica onlus

Fine vita. “Il Ddl restringe i diritti”. Le osservazioni della Consulta di bioetica onlus

Fine vita. “Il Ddl restringe i diritti”. Le osservazioni della Consulta di bioetica onlus
ll DdL attualmente in discussione è in contrasto con quanto stabilito dalla Corte Costituzionale nelle sentenze 242/19 e seguenti. Introduce vincoli non previsti, comprime il diritto all’autodeterminazione e non garantisce un accesso pieno, universale, effettivo, equo e dignitoso al SMA nei casi già previsti dalla Corte Costituzionale

Dopo aver esaminato il testo del DdL proposto dalla maggioranza per la discussione in Aula il 17 luglio prossimo, nel Consiglio Direttivo della Consulta di Bioetica Onlus si è formato un Gruppo di Lavoro che ha elaborato il Documento che qui si presenta come contributo alla discussione pubblica sul DdL stesso. Coordinato da Davide Mazzon, il Gruppo ha ricevuto contributi da Lucia Craxì, Laura Vittoria De Biasi, Lavinia Del Corona, Silvia Delitala, Mariella Immacolato, Francesca Mengoli, Maurizio Mori, Giacomo Orlando, Eugenio Pucci, e l’avallo del Direttivo.

Premessa generale Il testo del DdL si presenta col titolo sottotono di “Disposizioni esecutive della sentenza” n. 242/19, quasi non facesse altro che attuare con scrupolo quanto disposto dalla Corte costituzionale. In realtà il DdL dà un’interpretazione distorta di quanto ha stabilito la Corte stessa, e lo fa dando per scontato assunti che non trovano riscontro né nel dibattito giuridico né in quello etico-culturale in corso. Quest’aspetto di apoditticità si manifesta sin dall’articolo 1.

Articolo 1 (Inviolabilità e indisponibilità del diritto alla vita)
Molte cose ci sarebbero da dire circa la netta riaffermazione della tesi circa la inviolabilità e indisponibilità della vita, ma il punto che più sorprende riguarda la supremazia assegnata al diritto alla vita visto come il “presupposto” di tutti gli altri: qui si dà per scontato una ideologia vitalista che è estranea alla visione prevista dalla Costituzione e dell’etica contemporanea. Infatti, più che un “diritto” che dà titoli all’interessato quello alla vita diventa un “dovere” che impone vincoli e fardelli. Quest’aspetto emerge quando si afferma che la tutela della vita non va mai graduata né nelle diverse fasi dell’esistenza e né tanto meno nelle diverse “condizioni di salute”: quest’ultima clausola comporta un via libera all’accanimento terapeutico, tesi che ci riporta a soluzioni che sono eticamente inaccettabili e che possono diventare crudeli.

Articolo 2 (Modifiche al Codice Penale)

  1. Fra i requisiti previsti per richiedere il SMA (Suicidio Medicalmente Assistito) il DdL prevede l’“inserimento in un percorso di cure palliative”.

Concordiamo che le Cure Palliative debbano essere promosse e implementate, in modo uniforme in tutto il territorio nazionale, per tutte le persone che ne abbisognano, ma ribadiamo che le Cure Palliative non debbano essere considerate un prerequisito indispensabile per richiedere il Suicidio Medicalmente Assistito (SMA) né tanto meno, come ogni altro trattamento sanitario, possano essere “imposte” come obbligatorie (L. 219/2017 e fonti costituzionali che la sostengono). Riteniamo pertanto che il requisito dell’“inserimento in un percorso di cure palliative” non debba essere incluso fra quelli previsti per poter accedere al SMA.

  1. Fra i requisiti previsti per richiedere il SMA il DdL prevede la necessità che la persona sia “tenuta in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali”.

La ridenominazione di “trattamenti di sostegno vitale”, requisito previsto dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale e ribadito dalla 135/2024 della stessa Corte, in “trattamenti di sostituzione delle funzioni vitali” nel DdL in oggetto, muta radicalmente, in senso restrittivo, quanto sinora stabilito sia dalla Giurisprudenza di merito che dalla Corte Costituzionale. Con questa ultima espressione si identificano infatti procedure più specifiche e invasive, che costituiscono un sottoinsieme (es. apparecchi per ventilazione, dialisi, infusione di farmaci o nutrienti, altri macchinari) del più grande insieme dei trattamenti di sostegno vitale, necessari per garantire la sopravvivenza in condizioni di gravità e fragilità estreme.

In particolare, la sentenza n. 135/2024 della Corte Costituzionale ha affermato che la nozione di trattamenti di sostegno vitale deve essere interpretata dal servizio sanitario nazionale e dai giudici comuni in conformità alla ratio della sentenza n. 242/2019 che si basa sul riconoscimento del diritto fondamentale del paziente a rifiutare ogni trattamento sanitario praticato sul proprio corpo, indipendentemente dal suo grado di complessità tecnica e di invasività. La nozione include quindi anche procedure – quali, ad esempio, l’evacuazione manuale, l’inserimento di cateteri o l’aspirazione del muco dalle vie bronchiali – normalmente compiute da personale sanitario, ma che possono essere apprese anche da familiari o “caregivers” che assistono il paziente, sempre che la loro interruzione determini prevedibilmente la morte del paziente un breve lasso di tempo.

Riteniamo pertanto che si debba adottare la denominazione di “trattamenti di sostegno vitale” come affermato nelle sentenze della Corte Costituzionale 242/2019 e 135/2024.

  1. Fra i requisiti previsti per richiedere il SMA il DdL prevede la necessità che la persona sia “affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili”.

Le sentenze 242/2019 e 135/2024 della Corte Costituzionale hanno posto l’accento sul fatto che non solo il dolore ma anche la sofferenza indotta da una particolare condizione esistenziale (anche in assenza di dolore fisico) che compromette il concetto di dignità della persona stessa, debba essere considerata una possibile motivazione per la richiesta di SMA. Riteniamo pertanto che si riprenda quanto affermato nelle sentenze della Corte Costituzionale 242/2019 e 135/2024 e che quindi il requisito previsto per richiedere il SMA non sia la presenza di una “una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili” bensì la presenza di una “una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili”.

Articolo 4 (Modifiche alla l. 23 dicembre 1978, n. 833, Istituzione del servizio sanitario nazionale)

  1. Comitato Nazionale di Valutazione

Il DdL indentifica quale unico organo deputato alla valutazione obbligatoria delle richieste di SMA un Comitato Nazionale di Valutazione. Tale organo, contravviene a quanto previsto dalla 242/19 che ha previsto una divisione dei ruoli tra la Commissione tecnica di valutazione dei requisiti richiesti per l’accesso al SMA e il Comitato etico territorialmente competente (di solito un Comitato etico per la pratica clinica) che provvede a garantire la tutela del richiedente e delle sue volontà.

Ora tutto questo viene modificato con l’istituzione di un organo nominato dalla Presidenza del Consiglio, lasciando per sottinteso che sulla vita dei cittadini debba decidere il governo. La vita del singolo cittadino, invece di essere un “bene” da tutelare a suo vantaggio e secondo le sue scelte, diventa un “dovere” regolato dallo Stato, quasi che la vita fosse qualcosa che appartiene a chi al momento ha il mandato politico. Quest’idea dà per scontata una concezione da “Stato etico” nettamente contraria alla nostra Costituzione e all’attuale sentire morale.

Non solo questa soluzione di un Comitato di valutazione centralizzato nominato dal governo non dà garanzie di terzietà a tutela del richiedente e delle sue volontà, ma anche i tempi previsti per la decisione sono troppo lunghi (60 giorni prorogabili di altri 60), cioè incompatibili con le condizioni di molte persone malate, che invece richiedono una valutazione doverosamente rapida. Inaccettabile è poi la tesi per cui quando il Comitato Nazionale di Valutazione svolge il proprio compito “Non si applicano gli articoli …. gli artt. 4 e 5 della legge 22 dicembre 2017, n. 219”, cioè quelli che danno oggi al cittadino la possibilità di stilare le proprie Disposizioni Anticipate di Trattamento o Pianificazione Condivisa di Cure atte a garantire la volontà della persona nella relazione di cura sino alla fine della vita

Riteniamo pertanto che il Comitato Nazionale di Valutazione per le richieste di SMA previsto dal DdL sia totalmente inadeguato a dare una risposta pertinente, competente, tempestiva e priva di condizionamenti e chiediamo che il DdL si attenga a quanto stabilito nella sentenza 242/219 della Corte Costituzionale e cioè che “le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.” Riteniamo altresì che il riferimento alla non applicabilità degli art. 4 e 5 della L 219/2017 debba essere tolto.

  1. Modalità organizzative e ruolo SSN nel SMA.

Il DdL esplicita in modo chiarissimo che “il personale in servizio, le strumentazioni e i farmaci, di cui dispone a qualsiasi titolo il Sistema Sanitario Nazionale non possano essere impiegati al fine della agevolazione del proposito di fine vita considerata dalla sentenza della Corte Costituzionale del 22 novembre 2019, n. 242”. Ciò scredita le già citate Sentenze 242/2019 e 135/2024 della Corte Costituzionale, che conferiscono proprio al SSN il ruolo di garante della scelta della persona di chiedere lo SMA, e comporta due conseguenze a nostro parere gravissime per le persone:

  1. Una discriminazione economica fra le persone che possono permettersi economicamente l’esercizio del diritto ad una morte ritenuta per sé dignitosa e quelle che non se lo possono permettere;
  2. una privatizzazione del SMA: il divieto imposto al SSN di fornire farmaci, ausili e personale sanitario comporta una totale privatizzazione del SMA e la sua espulsione dall’assistenza sanitaria, in netto contrasto coi principi fondamentali della 833/78: universalità, eguaglianza e equità.

Riteniamo pertanto che tale orientamento espresso nel DdL vada nella direzione contraria rispetto a quella delle garanzie di equità, eguaglianza e solidarietà previste dalla L 833/78 e che invece solo una presa in carico da parte del SSN possa garantire, nella situazione in cui venga posto in essere il SMA; chiediamo quindi che il SMA sia considerata prestazione sanitaria erogata con le risorse e le tutele che solo il SSN può garantire alle persone coinvolte.

In conclusione, affermiamo che il DdL attualmente in discussione è in contrasto con quanto stabilito dalla Corte Costituzionale nelle sentenze 242/19 e seguenti. Introduce vincoli non previsti, comprime il diritto all’autodeterminazione e non garantisce un accesso pieno, universale, effettivo, equo e dignitoso al SMA nei casi già previsti dalla Corte Costituzionale. Il titolo del DdL annuncia semplici “disposizioni attuative” delle sentenze, ma in realtà il testo del DdL stravolge e viola quanto da queste previsto.

08 Luglio 2025

© Riproduzione riservata

Migliorano screening e territorio, ma tempi di attesa per interventi e Pronto soccorso restano critici. Ecco le performance di Asl e Ospedali
Migliorano screening e territorio, ma tempi di attesa per interventi e Pronto soccorso restano critici. Ecco le performance di Asl e Ospedali

Dalle Asl, che mostrano un significativo recupero soprattutto negli screening oncologici e nei servizi territoriali, alle Aziende ospedaliere, dove invece permangono criticità importanti sui tempi di attesa e nei Pronto...

Italia da record per longevità, ma l’assistenza agli anziani è in affanno
Italia da record per longevità, ma l’assistenza agli anziani è in affanno

Con un’aspettativa di vita alla nascita di 83,5 anni, l’Italia si conferma tra i Paesi più longevi al mondo, superando di ben 2,4 anni la media Ocse (81,1). Un primato...

Alzheimer. Iss: “Forte squilibrio Nord-Sud nell’accesso ai servizi sulle demenze”
Alzheimer. Iss: “Forte squilibrio Nord-Sud nell’accesso ai servizi sulle demenze”

In Italia c’è un forte squilibrio nella distribuzione di Rsa e Centri Diurni, presidi fondamentali per l’assistenza alle persone con demenza, con il Sud che ha un quarto delle strutture...

Europa. Metà delle diagnosi di Hiv è in ritardo: allarme per l’obiettivo 2030
Europa. Metà delle diagnosi di Hiv è in ritardo: allarme per l’obiettivo 2030

L’Europa sta fallendo nella diagnosi precoce dell’Hiv, con oltre la metà delle persone che scopre di aver contratto il virus solo quando la malattia è già in fase avanzata. È...