La migrazione stagionale degli uccelli selvatici e l’importazione di alcuni prodotti statunitensi, come quelli contenenti latte crudo, potrebbero costituire potenziali vie di introduzione in Europa del genotipo dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) che attualmente colpisce le vacche da latte statunitensi, secondo un nuovo rapporto pubblicato dall’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Finora questo tipo di virus non è stato segnalato in nessun altro Paese oltre agli Stati Uniti.
Tra marzo 2024 e maggio 2025, quasi mille allevamenti di bovini da latte in 16 stati degli Stati Uniti, con una forte incidenza in California, sono stati colpiti da un’infezione inusuale: l’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) A(H5N1), appartenente al clade 2.3.4.4b, genotipo B3.13. Si tratta di un’evoluzione significativa nella dinamica epidemiologica del virus, finora tipicamente associato all’avifauna.
Nei bovini l’infezione si manifesta con sintomi clinici generalmente lievi, come febbre, mastite e una riduzione della produzione di latte. La morbilità è contenuta (inferiore al 20%), così come la mortalità (intorno al 2%). Tuttavia, la capacità del virus di replicarsi massicciamente nelle ghiandole mammarie e di essere escreto nel latte – anche in assenza di sintomi evidenti – rappresenta un elemento critico. Gli animali infetti possono diffondere il virus attraverso il latte per un periodo che può durare fino a tre settimane.
All’interno degli allevamenti, la diffusione è favorita dalla contaminazione del latte e dalle pratiche di mungitura. A livello inter-aziendale, invece, i principali vettori sono la movimentazione degli animali, l’utilizzo condiviso di attrezzature e il contatto con personale esterno. Le autorità sanitarie statunitensi hanno risposto imponendo controlli sui movimenti, test obbligatori e misure di biosicurezza rafforzate, tra cui la gestione dei rifiuti e strategie di dissuasione della fauna selvatica.
Sebbene le attuali normative commerciali e l’assenza di importazioni di animali dagli USA riducano significativamente i rischi per l’Unione Europea, alcune vie d’introduzione del virus non possono essere completamente escluse. Tra queste, l’importazione di prodotti a base di latte crudo e i flussi migratori degli uccelli acquatici, noti serbatoi naturali del virus.
La scoperta di mutazioni adattative nei mammiferi e la segnalazione di casi zoonotici – cioè il passaggio del virus dagli animali all’uomo – sottolineano la rilevanza di questo nuovo scenario anche per la sanità pubblica. Gli esperti invocano maggiore sorveglianza, attività di ricerca mirata e strategie coordinate tra veterinaria e medicina umana.
Gli scienziati dell’Efsa sottolineano che i principali punti di sosta in Europa dove si concentrano grandi popolazioni di uccelli come l’Islanda, la Gran Bretagna, l’Irlanda, la Scandinavia occidentale e le grandi zone umide come il Mare dei Wadden sulle coste olandesi, danesi e tedesche, sarebbero luoghi utili per l’individuazione precoce del virus durante la migrazione stagionale degli uccelli selvatici.
Il rapporto affronta anche la possibilità che il virus venga introdotto in Europa attraverso scambi commerciali, concludendo che l’importazione di prodotti a base di latte crudo provenienti dalle zone colpite degli Stati Uniti non può essere completamente esclusa, il che potrebbe quindi costituire una possibile via d’ingresso. Anche l’importazione di vacche da latte e di carne bovina potrebbe essere una potenziale via di introduzione del virus. Tuttavia il virus è stato raramente rilevato nella carne, le importazioni di animali sono molto limitate e sono in vigore norme commerciali molto severe per la carne e gli animali vivi che entrano nell’UE.
Il rapporto dell’Efsa fornisce anche una panoramica della situazione negli Stati Uniti, dove tra marzo 2024 e maggio 2025 sono stati colpiti 981 allevamenti da latte in 16 Stati. Il rapporto, che è stato esaminato dalle autorità statunitensi, sottolinea che i movimenti del bestiame, l’insufficiente biosicurezza e la condivisione di attrezzature agricole hanno contribuito alla diffusione del virus. Entro la fine dell’anno l’Efsa valuterà il potenziale impatto dell’ingresso di questo genotipo HPAI in Europa e raccomanderà misure per prevenirne la diffusione.