La Sardegna fa da apripista fra le Regioni del Centro-Sud Italia per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) con il metodo farmacologico senza ricovero ospedaliero. La Giunta ha infatti avviato un percorso che recepirà le Linee di indirizzo nazionali in materia, mirato a rendere possibile questa pratica anche negli ambulatori e nei consultori autorizzati, senza alcun costo per i pazienti. Inoltre, sarà avviata una fase di sperimentazione a domicilio della procedura di IVG farmacologica.
“Dopo oltre dieci anni di silenzio – spiega a Quotidiano Sanità l’assessore Armando Bartolazzi -, la Sardegna compie un grande salto di qualità e si allinea alle pratiche più moderne a livello nazionale ed europeo. Si tratta di un cambiamento atteso da anni che ci pone tra le regioni più virtuose sul fronte dei diritti e della modernizzazione dei servizi sanitari. La sperimentazione per l’assunzione domiciliare del farmaco è una scelta innovativa” che oggi solo Emilia-Romagna e Lazio hanno introdotto in Italia, prevedendo un unico passaggio per l’avvio del percorso nell’ambulatorio ospedaliero o in consultorio, con l’assunzione del mifepristone, e la somministrazione a domicilio del secondo farmaco previsto dalla procedura (prostaglandine).
Per Bartolazzi si tratta di “un passo avanti notevole per l’isola in cui attualmente il percorso di IVG avviene esclusivamente in regime di ricovero ordinario presso le strutture ospedaliere, un segno concreto di attenzione e rispetto verso la salute e l’autodeterminazione delle donne”.
“La legge n.194/1978 e s.m.i. dedicata alle ‘Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza’ – aggiunge l’assessore -, regola l’interruzione volontaria di gravidanza in Italia. Con la delibera dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) n. 14/2009 è stato disposto l’impiego del farmaco mifepristone (Mifegyne) per l’interruzione volontaria farmacologica della gravidanza, limitandone l’impiego in regime di ricovero presso le strutture sanitarie in armonia alla citata legge. La stessa delibera ha, inoltre, disposto che l’assunzione del farmaco mifepristone dovesse avvenire entro la settima settimana di amenorrea (49° giorno). Successivamente, con determina sempre di AIFA, la n. 1460/2009, è stata autorizzata l’immissione in commercio del medicinale Mifegyne, a base di mifepristone”.
“Nel marzo 2010 – prosegue l’esponente di Giunta – il Consiglio superiore di sanità ha ritenuto necessario che, al fine di garantire il rispetto della legge n. 194/1978 su tutto il territorio nazionale, il percorso di interruzione volontaria farmacologica della gravidanza avvenisse in regime di ricovero ordinario fino alla conclusione del percorso assistenziale. Considerata poi la raccomandazione formulata dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) in ordine alla somministrazione di mifepristone e misoprostolo per la donna fino alla 9° settimana di gestazione, ed in seguito alle più aggiornate evidenze scientifiche sull’uso di tali farmaci nonché del ricorso nella gran parte degli altri Paesi europei al metodo farmacologico di interruzione della gravidanza in regime di day hospital e ambulatoriale, la Direzione generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute ha predisposto nell’agosto 2020, una circolare con le ‘Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine’, sulle quali il Consiglio superiore di sanità ha espresso parere favorevole”.
“In seguito a ciò, è stata dunque emanata da AIFA la determina n. 865/2020 riguardante la ‘Modifica delle modalità di impiego del medicinale Mifegyne a base di mifepristone’, con la quale vengono superate le limitazioni contenute nelle precedenti delibera e determinazione del 2009 che ho citato. Con questa nuova determina del 2020, infatti, risulta annullato il vincolo relativo all’utilizzo del farmaco mifepristone in regime di ricovero dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla conclusione del percorso assistenziale”.
“Ricordo il progetto del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) di tre anni fa riguardo agli ‘Interventi per il miglioramento della qualità dei dati, dell’offerta e dell’appropriatezza delle procedure di esecuzione e della divulgazione delle informazioni sull’interruzione volontaria di gravidanza’, con il coordinamento scientifico dell’ISS, in collaborazione con ISTAT, AIFA, le società scientifiche di settore, il tavolo ‘Immigrazione e Salute’ e le Regioni e Province autonome. Tale progetto è rientrato tra le attività di ricerca promosse dal sistema di sorveglianza ISS-Regioni e ha incluso obiettivi relativi agli aspetti organizzativi e assistenziali del percorso di interruzione volontaria di gravidanza, emersi come critici e suscettibili di miglioramento”.
“In merito, la Regione Sardegna ha partecipato al suddetto progetto in qualità di unità operativa nell’ambito appunto delle azioni mirate al miglioramento dell’appropriatezza delle procedure relative al percorso di interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Queste azioni hanno previsto l’organizzazione di procedure di audit nei punti di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) che utilizzano la tecnica del raschiamento in percentuale maggiore del 15%, e la promozione dell’isterosuzione, metodica meno rischiosa per la salute delle donne”.
“Dai dati del sistema di sorveglianza epidemiologica, nell’anno 2021 sono risultati 7 presidi regionali, sede di procedure IVG, che risultavano avere una quota di raschiamenti superiore al 15%. Ancora, dai dati presentati del sistema di sorveglianza relativi alle IVG del territorio sardo, riferiti all’anno 2022, confrontati con il dato nazionale ultimo pubblicato, è stato rilevato che la percentuale di raschiamento a livello regionale è risultata maggiore rispetto alla media nazionale (21,0% vs 7,2%), con una forte variabilità tra punti IVG regionali (0%-87,5%); che l’11,9% delle IVG chirurgiche eseguite entro i 90 giorni è stato effettuato in regime di ricovero ordinario, oltre il doppio del dato medio nazionale pari a 5,0%”.
“E’ stato inoltre evidenziato che il 96,3% delle IVG chirurgiche è stato effettuato in anestesia generale/sedazione profonda, altro dato anche questo superiore alla media nazionale (92,6%). Le complicazioni associate alle IVG chirurgiche sono state presenti nello 0,9% dei casi in linea con la media nazionale; l’offerta dell’IVG farmacologica è stata inferiore (38,1%) rispetto alla media nazionale (51,3%), con una significativa variabilità tra i punti IVG regionali; l’8,9% delle IVG farmacologiche entro i 90 giorni è stato effettuato in regime di ricovero ordinario (dato leggermente superiore rispetto al dato nazionale pari a 7,4%)”.
“Ciò premesso, al fine di offrire l’IVG farmacologica anche in regime ambulatoriale ampliando così la possibilità di scelta per la donna, oltre che sulle metodiche anche sui luoghi dove poter eseguire l’IVG, compresa l’assunzione a domicilio del farmaco nonchè in un’ottica di riduzione dei costi e di maggiore disponibilità delle sale per le altre attività chirurgiche, ho rappresentato la necessità di procedere al recepimento delle suddette ‘Linee di indirizzo nazionali sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine’, favorendone l’esecuzione anche presso strutture ambulatoriali/consultori familiari pubblici, adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati all’ospedale ed autorizzati dalla Regione”.
“Necessità questa condivisa con i colleghi di Giunta con i quali abbiamo approvato di istituire un tavolo tecnico per la predisposizione delle linee di indirizzo regionali per l’effettuazione di IVG farmacologica anche presso strutture ambulatoriali/consultori familiari pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati a una struttura ospedaliera ed autorizzati dalla Regione. Il tavolo tecnico avrà, oltretutto, il compito di monitoraggio delle attività, di verifica di fattibilità ed eventuale adeguamento dei requisiti minimi e di accreditamento e di individuazione di una prestazione specifica da introdurre nel nomenclatore tariffario delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, che includa tutto l’iter dalla somministrazione dei due farmaci, mifepristone e prostaglandine, agli esami e alle visite di controllo, senza compartecipazione alla spesa. Dovrà, inoltre, predisporre i contenuti formativi per la formazione del personale coinvolto in sede ambulatoriale, consultoriale e ospedaliera per la rilevazione e l’inserimento dei dati nella piattaforma web dedicata chiamata GINO++, sviluppata dall’ISTAT, che permette di raccogliere e analizzare i dati in modo sicuro e efficiente. Il tavolo tecnico sarà costituito da personale afferente ai Servizi della Direzione generale della Sanità coinvolti, a vario titolo, nel processo di organizzazione della nuova modalità erogativa della procedura e da ginecologi ospedalieri e territoriali”.
“Oltre ciò, abbiamo approvato di attivare uno o più progetti sperimentali, finalizzati alla esecuzione di IVG farmacologica in regime ambulatoriale presso alcuni consultori familiari ed alcuni ambulatori (territoriali edospedalieri), funzionalmente collegati con le strutture ospedaliere, compresa l’assunzione a domicilio del farmaco, attraverso la formalizzazione di protocolli tra le strutture individuate e le strutture ospedaliere di riferimento, al fine di poter definire specifici percorsi di tutela a favore delle donne” – conclude Bartolazzi.
“Primi grandi passi per i diritti delle donne!”, commenta il consigliere Valdo Di Nolfo (Uniti per Alessandra Todde), da sempre impegnato per l’attuazione della legge 194/1978 e che recentemente aveva chiesto al governo regionale una ricognizione sui numeri di IVG per Asl e dei medici non obiettori, ma anche “una stima dei consultori pubblici presenti sul territorio, i punti IVG e quali di questi effettuano la procedura farmacologica con relativa percentuale di fruizione del servizio”.
Elisabetta Caredda