Gentile Direttore,
mi è capitato di leggere, proprio tra le montagne del Trentino, ciò che sarebbe stato detto dal Segretario della Sezione Trentina del Sindacato Medici Italiani, dott. Nicola Paoli, circa il fatto che “i medici, grazie allo SMI, entreranno, se vorranno, retribuiti anche negli ospedali di comunità e nelle strutture intermedie come leader a comandare le equipe infermieristiche attuali”. Pare, insomma, che nel 2025 i medici (o, meglio, qualche medico) aspirino a diventare leader che comandano le equipe infermieristiche.
La prima immagine che mi si è palesata è quella del Colonnello Buttiglione, personaggio immaginario frutto della fantasia di Mario Marenco e protagonista di alcuni film degli anni ’80. E mi sono chiesto se la sanità trentina non solo ha davvero bisogno di colonnelli posti alla guida e al comando delle truppe infermieristiche ma se davvero sono stati recepiti tutti i cambiamenti professionali e legislativi, penso al D.M. 739/1994, alla Legge 42 del 1999 e alla Legge 251 del 2000 che, negli ultimi trent’anni, hanno profondamento modificato gli assetti professionali e normativi per cui, a seguito anche e soprattutto dell’abrogazione del c.d. “mansionario” (D.P.R. 225/1974), è normativamente previsto che l’infermiere non è un esecutore degli ordini del medico. Ciò che pare sia sfuggito al dott. Nicola Paoli.
Insomma, un salto indietro di trent’anni che non tiene conto della piena autonomia della professione infermieristica, dove nessuno comanda nessuno ma si agisce per un fine comune, la tutela della salute della persona. Senza considerare, poi, come l’espressione “leader che comanda” è un ossimoro. Il leader non comanda. Altrimenti non è un (buon) leader. Il medico non comanda l’infermiere. Altrimenti non solo non è un buon medico, ma probabilmente non ha compreso il suo ruolo, il ruolo del professionista infermiere e, infine, il concetto di integrazione professionale.
Per farla breve, si tratta di concetti vetusti. Lo hanno compreso perfino gli etologi e i cinofili. Perché questi concetti, del tutto insensati, non fanno nemmeno più parte del mondo appunto cinofilo. La tesi secondo cui è il capobranco a decidere l’inizio e la fine di ogni attività non ha nessun fondamento scientifico ed è stata più volte smentita già negli anni ’80 dagli stessi etologi che avevano contribuito alla diffusione di idee simili (Simone Dalla Valle). Sempre in cinofilia la leadership non si impone ma la si guadagna attraverso comportamenti adeguati che ispirino accreditamento e indica il bisogno di avere una guida (Roberto Marchesini).
Gli infermieri hanno bisogno di avere una guida? Gli infermieri hanno bisogno di essere comandati dai medici? La risposta è sì alla prima domanda ma la guida deve avere i connotati della leadership e non del comando e chi deve essere il leader va valutato in un contesto d’équipe e in base ai bisogni degli assistiti, di norma preferendo la leadership monoprofessionale. Ovviamente la risposta è no alla seconda domanda. E’ no perché lo stabilisce il profilo professionale dell’infermiere dove l’unica prestazione svolta in “attività collaborativa” col medico è il “garantire la corretta applicazione delle procedure diagnostico terapeutiche” (D.M. 739/1994). Ma questo non significa “ubbidire” agli ordini del medico.
Giannantonio Barbieri
Avvocato