Gentile Direttore,
un aspetto lampante della qualità del servizio sanitario pubblico è la tempistica con cui vengono effettuate le prestazioni: le tanto vituperate liste di attesa. Il mantra che circola tra gli assistiti è: uno fa in tempo a morir, in attesa di essere visitato. La questione, tuttavia, non è così drammatica e fatale, esistono alcune scorciatoie possibili, e qui entriamo nel vivo della faccenda.
Intanto, non tutti gli accertamenti sono davvero utili e poche cose sono davvero urgenti, anche se nella sofferta esperienza di un paziente tutto è grave e tutto è urgente: la pelle è mia, pago le tasse e voglio tutto e subito. Con questa premessa si innesca il paradosso per cui tutti vogliono arrivare primi, ma non ci sono vittorie da festeggiare col prosecco. Non è una gara e un pronto soccorso affollato di aspiranti primi, diventa un girone infernale di poveri ultimi, medici compresi.
È il medico di base che stabilisce la tempistica e l’opportunità di un esame, l’ambulatorio non è un supermercato dove vai a fare la spesa in base alla pubblicità. Il criterio medico è: hai dei sintomi, il medico li interpreta e richiede ciò che serve a fare diagnosi. Il concetto: ho male alla pancia e vado dal gastroenterologo è un errore di prospettiva che alimenta le liste di attesa, la medicina privata e rende inutile il lavoro medico, perché con l’autodiagnosi è come avere un topolino in casa e comprarsi un bazooka.
Per ridurre le liste di attesa è necessario: appropriatezza nelle richieste di accertamenti, evitando il fai-da-te da supermercato. Fornire gli ospedali e il territorio di personale medico e infermieristico. Ridare dignità e strumenti alla Medicina del Territorio affinché i codici bianchi non finiscano in Pronto Soccorso.
La ricetta è molto semplice: non servono elucubrazioni statistico-operative di tipo Bocconiano o interventi alla baionetta, con ricorso a medici stranieri. Ma come sempre, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare delle convenienze politiche e di malaffare: a chi conviene una lunga lista di attesa? A tutti, tranne che al malato.
La Medicina Privata prospera, se il paziente non ha altra scelta che pagare, le cliniche private fanno affari d’oro con l’impazienza dei pazienti, e l’attività privata intra-moenia dei medici ospedalieri arrotonda parecchio i magri stipendi delle ASL. Per il governo di turno, la Sanità Pubblica è sempre stata una scomoda spesa e mai una risorsa di civiltà, un fastidioso fardello da mettere in fondo alle priorità e, in fondo, finché la barca va, tu lasciala andare, ma nessuno vede gli scogli contro cui andrà ad infrangersi il barcone carico di fastidiose richieste.
Male che vada, c’è sempre la medicina privata. Allora, conviene cambiare le cose e fornire efficienza ai cittadini in cambio delle tasse? Intanto, l’evasione fiscale è una comoda scappatoia per difendersi da uno stato inefficiente che ti chiede di pagare anche quello che spetterebbe di diritto, e paradosso dei paradossi, proprio quelli che evadono sono quelli che pretendono onestà di servizio da parte dello stato, e poi, è possibile vincere la battaglia delle liste di attesa, se nemmeno le vittime scendono in campo?
Enzo Bozza
Medico MMG a Vodo e Borca di Cadore (BL)