«Art. 6-bis
(Disposizioni in materia di costituzione di Aziende ospedaliero-universitarie (AOU))
- Ferma restando la vigenza della disciplina di cui al decreto legislativo 21 dicembre 1999 , n. 517, in materia di rapporti tra Servizio sanitario nazionale ed università a norma dell’articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419, le Aziende ospedaliero-universitarie, ancorché sprovviste del richiesto decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di cui all’articolo 8 del richiamato decreto legislativo, sono da considerarsi costituite, ora per allora, purché istituite e rese operanti attraverso leggi e provvedimenti regionali adottati entro e non oltre il 31 dicembre 2023.
- Ai fini della regolarizzazione, è dato modo alle medesime di proporre istanza, a mente dell’anzidetto articolo 8 del decreto 21 dicembre 1999, n. 517, entro e non oltre il 31 dicembre 2025, allo scopo di regolarizzare ogni procedura necessaria e conseguente».
Questo era il testo originario dell’emendamento (atto Camera 2365), dal significativo titolo di volere sistemare le cose dopo 26 anni di pernicioso silenzio e preoccupante inerzia, condiviso dai ministri Bernini (MUR) e Schillaci (MSAL), presentato sia nel corso dei lavori del DL 90/2025 (G.U. n. 144/2025) recante “Disposizioni urgenti in materia di Università e ricerca, Istruzione e Salute” (convertito con modificazioni nella legge 109/2025), che all’esordio dei lavori parlamentari del successivo Ddl governativo di riordino delle professioni sanitarie (atto Senato 2396). La redazione si presentò da subito attenta a “sanare” (per quanto possibile) tutti gli atti intervenuti sine titulo, attenuando così le incongruenze determinatesi nel frattempo, anche in termini di responsabilità per danno erariale.
Se tale iniziativa fosse stata condivisa favorevolmente ad esito dei lavori parlamentari, e non (come è invece avvenuto) emarginata senza tuttavia capirne il motivo, l’emendamento sarebbe divenuto legge dello Stato sin da fine luglio scorso. Avrebbe così risolto legislativamente, sin dal successivo ferragosto, la precarietà di 28 sedicenti AOU su 30, riconoscendo loro lo specifico status e la corrispondente esistenza giuridica, dei quali difettano tutte e 28 in senso assoluto, alcune da un quarto di secolo.
Le origini legislative lasciate sulla carta e le illegittimità conseguenti
Una vicenda, quella delle aziende ospedaliere universitarie, risalente ad oltre 25 anni addietro, allorquando si votò in Parlamento la legge delega 30 novembre 1998 n. 419 che offriva la grande opportunità al Governo di allora di razionalizzare il SSN e di adottare un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento del servizio sanitario nazionale e di modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502.
Del testo unico neppure l’ombra (perché invero molto faticoso e pieno di insidie), ma vennero alla luce due fondamentali decreti delegati.
Il primo (d.lgs. 229/1999) costituì la riforma ter, meglio conosciuto come riforma Bindi, che implementò sensibilmente il d.lgs. 502/1992, cui fecero peraltro seguito due interventi legislativi manutentivi, anche straordinari (più degli altri: il d.lgs. 168/2000 e la legge 254/2001).
Il secondo (d.lgs. 517/1999) che cercò di disciplinare il rapporto tra SSN e le Università, ma con grande insuccesso a causa di una profondamente errata sua interpretazione, secondo alcune malevole voci dottrinali non applicata perché impattante su casi di facile deflagrazione.
Una cura inspiegabilmente non portata avanti
Ed proprio da qui che si venne a creare l’increscioso problema cui l’anzidetto emendamento Bernini/Schillaci offriva l’occasione di una apprezzabile soluzione, cristallizzando la sua efficacia “in sanatoria” a tutto il 31 dicembre 2023 (poi divenuto 2024). Ma non solo, perché con il suo secondo comma non smentiva affatto l’esigenza di legalità di ciascuna AOU di vedersi riconosciuta, a completamento della procedura riparatoria, con apposito Dpcm che tenesse anche conto anche delle verifiche di merito.
Nella buona sostanza, con la legge delega 419/1998, il Parlamento intese accelerare prevalentemente tre generi di interventi, soprattutto mirati:
- alla organizzazione delle aziende della salute in una ottica e funzione dipartimentale;
- alla regolazione del percorso cosiddetto delle “tre A” (autorizzazione, accreditamenti e accordi-contrattuali), incidente sulla qualità delle prestazioni da erogare (allora i livelli essenziali e uniformi di assistenza) in un regime di concorrenza amministrata pubblico-privata;
- alla neo-disciplina del rapporto di collaborazione del sistema della salute con le Università.
Quanto a quest’ultimo tema è tuttavia accaduto l’incredibile. Non si è affatto tenuto conto di quanto il legislatore del 1999 sanciva per legittimare l’ingresso della collaborazione attiva universitaria nel sistema della salute in senso lato, attuando così il principio della legislazione unitaria che prevedeva a regime la presenza delle aziende ospedaliere universitarie (AOU) quali siti assistenziali di spedalità funzionali a mettere insieme l’assistenza alle persone in regime di ricovero, la didattica e la ricerca applicata, tutte e tre destinate ad un ottimale miglioramento dello standard salutare e alla formazione del futuro ceto medico e infermieristico.
….. peggiorando così la patologia
A seguito della introduzione di una tale disciplina – confacente con i principi retti esclusivamente (formazione universitaria) dalla legge dello Stato, di cui all’art. 117, comma 2, lettera n), con quelli statali (quanto a regole fondamentali) e regionali (ma solo di dettaglio) – si registrò una insana ignavia normativa e amministrativa. Si stette completamente fermi piuttosto che mettere in moto la macchina statale ad esaudire le procedure che offrivano il buon ingresso nel novello status ai già policlinici (abrogati dalla riforma del 1999) alle aziende ospedaliere nate dalla trasformazione dei presidi ospedalieri già impegnati nella collaborazione nei corsi di laurea in medicina e chirurgia ovvero con strutture di pertinenza universitaria.
Una neo procedura, questa, che era intesa al riconoscimento esistenziale, sotto il profilo giuridico ed economico, garante di attribuzione: a) dello status di AOU ai (già) policlinici a gestione diretta delle università; b) di quello di azienda ospedaliera integrata (AOI) con l’università, disciplinato però dall’art. 4 del d.lgs. 502/92 come una AO ordinaria, così come appositamente modificato dalla “riforma Bindi”.
Il tutto condizionato da un positivo percorso di sperimentazione che avrebbe determinato l’emissione in favore delle prime di un Dpcm costitutivo di AOU, introdotto dal medesimo decreto legislativo, e delle seconde di un omologo provvedimento istitutivo della specificità di aziende ospedaliere integrate con l’università: due entità strutturali erogative regolate da discipline diverse, sia quanto a formazione dei relativi organici che a compartecipazione attiva nel percorso di formazione di studenti universitari e degli specializzandi. Escludendo con ciò, confermata anche da recente giurisprudenza, che nelle seconde ci fosse l’opportunità di attribuire primariati senza ricorso ai concorsi pubblici nazionali (art. 15 ter del d.lgs. 502/1992 e DPR 484/1997)
Il sospetto
La mancata corretta lettura della norma ha fatto sì che le AOU riconosciute come tali risultassero ad oggi essere soltanto due: l’Azienda ospedaliera universitaria con sede in Udine, in forza del Dpcm del 2 maggio 2006 (G.U. n. 143 del 22 giugno 2006; l’Azienda ospedaliera-universitaria «S. Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona – Scuola Medica Salernitana», operante a Salerno in forza del Dpcm 31 gennaio 2013 (G.U. n. 56 del 6 marzo 2023), emesso a seguito di una sentenza del Tar Campania (n. 4425/2012) che di fatto ne impose la formazione.
Un Tar, quello campano (si veda articolo), che ha assicurato una forte attenzione alla lettura del d.lgs. 517/1999, confermata da ultimo con la sentenza n. 3516/2025, che ha dato qualche dispiacere in tema di mancato riconoscimento alla Azienda ospedaliera universitaria della Federico II di Napoli, limitandone il rango istituzionale ad Azienda ospedaliera integrata con la blasonata università napoletana.
A ben vedere, così come tutti i ritardi attuativi della Costituzione e delle leggi rischiano di generare mostri “giuridici”, con la mancata attenta interpretazione del d.lgs. 517/1999 sono venute ad esistenza 30 sedicenti AOU, delle quali solo due riportate a legittimità nel periodo 2006/2013.
Da qui, l’esigenza avvertita dei due ministri della Repubblica di sanare l’errata esistenza di un siffatto gran numero di 28 (solo) presunte AOU. Supponendo con ciò, che è nella intenzione dei medesimi di rivedere la lettera del d.lgs. 517/1999, lasciato a secco applicativo quanto a definizione degli esiti sperimentali, a tutto il 2004, di cui all’art. 2, comma secondo, prescindendo dalla distinzione di cui alle lettere a) e b).
Un modo, questo, per sanare l’esistente – facendo tra l’altro cessare il consistente contenzioso in atto in relazione alle molte indebite nomine primariali effettuate nelle 28 pseudo AOU e non solo – ma anche a condurre a regime eventuali nuovi riconoscimenti di AOU.
Un impegno improbo ma ineludibile.
Ettore Jorio