Depressione. In Sardegna triplicati in tre anni i pazienti in cura nei servizi di salute mentale 

Depressione. In Sardegna triplicati in tre anni i pazienti in cura nei servizi di salute mentale 

Depressione. In Sardegna triplicati in tre anni i pazienti in cura nei servizi di salute mentale 
Pinna: “Circa 145mila i sardi con questo disturbo, il 10,1% degli adulti e il 12,3% degli anziani”. Manchia: “Principalmente trattati con antidepressivi, spesso integrati con percorsi di terapie complementari”. Del Zompo: “Dovrebbe esserci maggiore attenzione da parte della società civile verso tutte quelle condizioni sociali che, in presenza di una fragilità biologica, peggiorano il quadro clinico dei pazienti”.

La Sardegna è tra le regioni italiane con la più alta incidenza di ‘sintomi depressivi significativi e duraturi’ ma un dato positivo arriva dall’ultimo Rapporto sulla Salute Mentale che registra un importante aumento della prevalenza di utenti trattati per depressione nei Servizi Pubblici dell’Isola. Insomma, ci si ammala di più ma ci si cura anche di più.

Si è passati – spiega la professoressa Federica Pinna, direttrice di Psichiatria del San Giovanni di Dio – da 10,5 a 37,5 per 10mila abitanti tra il 2022 e il 2023, un dato ora in linea con la media nazionale di 36,5 per 10mila abitanti -. Questa crescita potrebbe indicare una maggiore capacità del sistema sanitario di intercettare il disagio psicologico, ma anche una progressiva riduzione dello stigma legato alla salute mentale con un numero crescente di persone disposte a rivolgersi ai Servizi territoriali. Nonostante questi segnali incoraggianti, solo una minoranza delle persone affette da depressione riceve una diagnosi e una terapia di elevata qualità. La maggior parte continua a non essere trattata o ad essere trattata in modo non ottimale”.

“Nell’isola – prosegue la professoressa – sono circa 145mila i sardi coinvolti da questo disturbo, il 10,1% degli adulti e il 12,3% degli anziani. A incrementare il rischio di depressione nell’isola lo stato di povertà, la disoccupazione, l’isolamento, gli eventi di vita stressanti e le malattie fisiche croniche. Le categorie più colpite sono le donne e gli anziani, con un incremento recente nei più giovani, in particolare dopo la pandemia”.

“Le principali strategie di trattamento – spiega il professor Mirko Manchia, direttore della Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell’Ateneo di Cagliari -, vedono protagonisti gli antidepressivi, farmaci che richiedono un’adeguata formazione per la loro gestione clinica e che spesso sono integrati con percorsi di psicoterapia e/o di terapie complementari biologiche come la stimolazione magnetica transcranica. Un terzo dei pazienti manifesta resistenza ai trattamenti e per questo c’è necessità di intervenire con strategie diverse come, ad esempio, l’utilizzo di farmaci cosiddetti a rapida azione (esketamina, o ancora in sperimentazione, la psilocibina)”.

“La depressione – evidenzia ancora la professoressa Pinna – è uno dei disturbi mentali più impattanti in termini di incidenza, disabilità e costi sociali, e si conferma come la principale causa di nuovi accessi ai Servizi di salute mentale pubblici. A livello globale si stima ne soffrano oltre 322 milioni di persone, mentre in Italia, nel biennio 2022-2023, oltre 3,5 milioni hanno riferito sintomi di umore depresso, percependo stabilmente compromesso il proprio benessere psicologico. Il rischio aumenta con l’età, con un picco massimo tra i 55 e i 64 anni, e risulta più elevato tra le donne, le persone socialmente più svantaggiate, chi vive solo e chi non può contare su una valida rete di supporto sociale. Alla luce di questi dati è fondamentale rafforzare i Servizi territoriali di salute mentale e investire nei percorsi di presa in carico, assicurando risorse adeguate e un impegno concreto per offrire un accesso tempestivo, continuità terapeutica e un’assistenza di qualità a tutte le persone che soffrono di depressione”.

In un approfondimento, la Professoressa Maria Del Zompo, Docente Emerito di Farmacologia e già Magnifico Rettore dell’Università degli studi di Cagliari, spiega a Quotidiano Sanità: “La depressione è una malattia complessa di cui ancora non conosciamo con esattezza le cause. Di certo sappiamo che alla base di questo disturbo così diffuso, anche nelle età più giovanili, ci sono meccanismi molecolari ma non solo. Le ipotesi più accreditate sostengono una combinazione di fattori neurobiologici che influenzano la funzione cellulare e la comunicazione neuronale, aumentando così il rischio di depressione maggiore, in combinazione con lo stress ambientale (psicosociale)”.

“Quello che molti studi dimostrano è che alla base dell’insorgenza e della gravità della malattia c’è l’interazione tra i fattori genetici e quelli ambientali, dove ai meccanismi molecolari coinvolti, che sono su base genetica, come la disregolazione della neurotrasmissione nonché una ridotta neuroplasticità e neurogenesi, si aggiungono quelli acquisiti che peggiorano, spesso in modo significativo, la comparsa, la progressione e la gravità del disturbo. Sappiamo anche che una diagnosi e un trattamento precoce, come sottolineato dai colleghi, è fondamentale per abbassare la gravità del disturbo e la sua progressione, ma sappiamo anche che dovrebbe esserci maggiore attenzione da parte della società civile verso tutte quelle condizioni sociali che in presenza di una fragilità biologica peggiorano il quadro clinico, come la povertà, la brutalità e la violenza nei gesti e nelle parole, l’abbandono affettivo, per citarne alcuni. Interventi su queste condizioni, soprattutto per i più giovani, permetterebbero di sicuro una migliore gestione del disturbo da adulti – conclude la Prof.ssa Del Zompo.

Elisabetta Caredda

Elisabetta Caredda

09 Ottobre 2025

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