La legittimità dell’attivazione infermieristica di indagini radiologiche in PS alla luce dell’ordinamento vigente 

La legittimità dell’attivazione infermieristica di indagini radiologiche in PS alla luce dell’ordinamento vigente 

La legittimità dell’attivazione infermieristica di indagini radiologiche in PS alla luce dell’ordinamento vigente 

Gentile Direttore,
l’attuale ordinamento giuridico consente, nel rispetto dei confini di competenza e della collaborazione interdisciplinare, che anche le professioni sanitarie non mediche possano disporre l’esecuzione di indagini radiologiche, ove ciò avvenga nell’ambito di protocolli condivisi con i medici, formalmente approvati dall’azienda sanitaria.

Un esempio in tale senso può essere quanto previsto dal D.Lgs. 206/2007, di recepimento della Direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali: l’art. 48, comma 2, prevede espressamente che le ostetriche sono autorizzate a “prescrivere gli esami necessari per la diagnosi quanto più precoce di gravidanze a rischio”. Tale disposizione, recependo una fonte europea, attribuisce a una professione sanitaria non medica una potestà prescrittiva diagnostica, aprendo la via a un principio di competenza differenziata ma non esclusiva della professione medica in materia di richiesta di indagini strumentali.

Il Ministero della Salute, con nota del 18 agosto 2014 indirizzata alla Direzione generale Salute della Regione Lombardia, ha chiarito che non sussistono impedimenti giuridici all’utilizzo, da parte delle ostetriche, di ricettari privati per la prescrizione di tali esami, riconoscendo il fondamento legale della loro autonomia professionale. Tale interpretazione ministeriale, di valore persuasivo e sistematico, non può non estendersi, per analogia funzionale, a tutte le professioni sanitarie che, nel rispetto del proprio profilo e di protocolli condivisi, siano chiamate ad attivare percorsi diagnostici standardizzati.

Peraltro, in tale cornice, la “richiesta infermieristica” nel modello Fast Track non costituisce una prescrizione medica in senso proprio, ma una disposizione organizzativa e assistenziale volta ad attivare tempestivamente percorsi diagnostici già condivisi e formalizzati, senza incidere sull’attività diagnostico-valutativa riservata al medico.

Si veda come ultima la delibera n. 1401 del 19 settembre 2025 della Provincia autonoma di Trento che, inserendosi nel solco di precedenti sperimentazioni, prevede l’estensione agli infermieri di triage della possibilità di richiedere radiografie in caso di traumi minori e codici a bassa priorità, sulla base di protocolli condivisi con i radiologi. Tale modello, già sperimentato in varie aziende sanitarie, è conforme ai principi di efficienza, appropriatezza e sicurezza dell’assistenza.

In merito alle critiche da parte di alcune associazioni mediche di radiologi che fanno riferimento all’art. 159 del D.Lgs. 101/2020 in materia di esposizioni a radiazioni ionizzanti, esse non appaiono pertinenti. La norma si riferisce alla giustificazione clinica dell’esposizione, riservata al medico prescrivente o al radiologo, e alla refertazione, esclusiva del medico specialista. Essa non preclude tuttavia che l’attivazione tecnica di un esame radiografico, in assenza di discrezionalità diagnostica e all’interno di protocolli predefiniti e approvati dall’azienda sanitaria, possa essere disposta da un infermiere di triage, il quale non formula una diagnosi, ma esegue un atto organizzativo di indirizzamento clinico-assistenziale.

Del resto, non sempre l’esecuzione di un esame radiologico presuppone una prescrizione medica individuale: basti pensare ai programmi di screening mammografico, dove la radiografia è disposta automaticamente sulla base di un invito di popolazione, in applicazione di protocolli di sanità pubblica.

La giurisprudenza amministrativa ha già riconosciuto, in più occasioni, la legittimità dell’ampliamento operativo dell’infermiere (di recente Sentenza Tar Lazio N. 10411/2016) sulla base di protocolli condivisi (si pensi alla somministrazione di farmaci in emergenza o alla gestione infermieristica nelle centrali operative del 118).

In conclusione, ritengo che non sussista alcuna violazione dell’art. 348 c.p. né esercizio abusivo di professione medica quando l’infermiere agisce:
• nell’ambito di protocolli formalizzati e condivisi con i medici competenti;
• senza formulare diagnosi o interpretare i risultati;
• in un contesto organizzativo di urgenza che richiede efficienza e tempestività.

L’evoluzione del sistema sanitario impone di superare visioni corporative e di valorizzare le competenze avanzate delle professioni sanitarie, nel rispetto delle responsabilità reciproche. L’infermiere di triage che, secondo protocollo, dispone l’esecuzione di una radiografia non invade l’ambito medico, ma contribuisce a un modello di assistenza moderna, efficace e giuridicamente sostenibile.

Dott. Antonino Zagari
Esperto Diritto Sanitario

Antonino Zagari 

17 Ottobre 2025

© Riproduzione riservata

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