L’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Firenze e Pistoia prende posizione rispetto all’intervista al presidente della Commissione Finanze del Senato, Massimo Garavaglia, pubblicata ieri su Quotidiano Sanità, nella Garavaglia, parlando della “crisi infermieri”, ha giudicato il percorso formativo infermieristico troppo lungo, proponendo la creazione di un “liceo abilitante” per la professione infermieristica.
“Pur rispettando, e condividendo convintamente, la necessità delle Istituzioni di affrontare con urgenza la carenza di professionisti sanitari riteniamo che la proposta di ridurre il livello formativo inerente alla professione infermieristica – anziché essere una risposta efficace – rischi di rappresentare un danno per la qualità delle cure, per l’autorevolezza della professione e per lo stesso sistema sanitario nazionale”, scrive l’Opi Firenze-Pistoia in una nota di commento.
“La professione infermieristica – aggiunge l’Opi -, così come concepita oggi – e come riconosciuta anche a livello normativo – richiede una solida formazione multidisciplinare, che comprende non solo competenze tecnico-strumentali, ma anche capacità di valutazione e gestione clinica, gestione del rischio, comunicazione con il paziente e i familiari, lavoro di équipe, presa in carico globale della persona, prevenzione, educazione sanitaria. Il tutto basato rigidamente sulle evidenze scientifiche più aggiornate. Ridurre la formazione significa impoverire tali competenze e indebolire la funzione dell’infermiere come professionista autonomo e responsabile, risultato ottenuto in decenni di storia della Professione”.
Inoltre, spiega l’Opi, “abbassare il livello formativo invia un segnale negativo all’interno del sistema: la figura infermieristica verrebbe implicitamente declassata, con conseguente riduzione dell’attrattività, dell’identità professionale e del riconoscimento sociale”.
Per l’Ordine degli infermieri di Firenze e Pistoia “la carenza di infermieri non dipende esclusivamente dalla durata del percorso formativo, come suggerito nell’intervista, ma da un insieme di fattori strutturali: condizioni contrattuali, remunerative, orari, progressione di carriera, turnazione, stress lavoro-correlato, valorizzazione professionale, attrattività delle sedi periferiche, mobilità, formazione continua e benessere organizzativo”.
La proposta di istituire un “liceo abilitante”, dunque, appare “un palliativo che non interviene sulle radici del problema, rischiando di spostare l’attenzione fuori dalla necessaria revisione degli ambienti di lavoro, delle politiche di retention e degli investimenti sulla professione infermieristica.
Un percorso formativo ridotto e meno approfondito può avere effetti negativi sul livello delle competenze cliniche disponibili nel Sistema Sanitario Nazionale. Particolarmente in contesti complessi, quali reparti ad alta intensità, assistenza territoriale con fragili, cronicità, emergenza-urgenza, l’infermiere deve disporre di una preparazione adeguata al fine di garantire la sicurezza del paziente, la qualità delle cure e la collaborazione interprofessionale. Abbassare il livello formativo espone dunque il SSN a rischi di mancanza di competenze, aumento degli errori, peggioramento dei processi assistenziali”.
Per l’Ordine degli infermieri “un percorso “abilitante” già a livello liceale rischia di ridefinire lo “scalino” professionale infermieristico in modo confuso: chi opera con un livello formativo ridotto avrà accesso agli stessi orizzonti di carriera? Come verrà spiegato al cittadino la differenza di ruolo, qualora l’infermiere abbia un titolo abbreviato? Quale sarà la motivazione per la formazione post-base e per la successiva specializzazione? Il percorso formativo lungo attuale – con laurea triennale, magistrale, fino ad arrivare al dottorato di ricerca – consente, anche se ancora non come sarebbe auspicabile e dovuto, sviluppo, crescita e riconoscimento. Una riduzione di base impoverisce questa dinamica, rischiando di mortificare la professione nel suo insieme, in un momento in cui la direzione dovrebbe essere assolutamente opposta”.
L’Ordine ritiene essenziale che la professione infermieristica “venga valorizzata anche attraverso la formazione universitaria, l’accesso alla ricerca, al ruolo accademico, allo sviluppo scientifico. Le Scuole universitarie di area infermieristica e le Facoltà di Medicina e Chirurgia, grazie ai loro programmi, alla didattica, alla ricerca, contribuiscono al miglioramento della professione e del sistema salute. Tornare indietro, riducendo il percorso formativo all’ordinario liceo, significherebbe disallinearsi rispetto agli standard internazionali, e rischiare di ridurre l’Italia al ruolo di paese di serie B”.
“Alla luce di quanto sopra – aggiunge l’Opi di Firenze e Pistoia -, chiediamo rispettosamente ma fermamente di rivedere la proposta di introdurre un “liceo abilitante” per la professione infermieristica, e di considerare invece un piano complessivo di rafforzamento del profilo infermieristico che contenga almeno: incentivi alla formazione universitaria e post-universitaria; miglioramento delle condizioni di lavoro, contrattuali e professionali; politiche di retention e attrazione (anche nelle aree disagiate); valorizzazione degli infermieri con percorsi di studio avanzati; potenziamento della formazione continua, della ricerca e dell’innovazione infermieristica”.
“Siamo certi – conclude l’Ordine – che un approccio strutturale e non semplicemente “riduttivo” della formazione rappresenti la strada più efficace non solo per colmare il fabbisogno di infermieri, ma per elevare la qualità dell’assistenza, tutelare i cittadini e riconoscere pienamente la dignità professionale della figura infermieristica. Rimaniamo sempre a disposizione per un eventuale confronto sulle proposte”.