C’è un’ondata di ambizione collettiva che sta attraversando l’Europa, e ha a che fare con la cosa più preziosa: la nostra salute. In un atto di collaborazione, i 53 Paesi della Regione Europea dell’Oms hanno approvato ieri all’unanimità il secondo Programma Europeo di Lavoro (EPW2) per il periodo 2026-2030.
Non è solo un altro documento tecnico. È una mappa d’azione concreta, una “bussola condivisa” – come l’ha definita il Direttore Regionale Oms, Hans Henri P. Kluge – per navigare le acque turbolente del nostro tempo e arrivare al 2030 con società più sane, giuste e resilienti.
“Questo accordo è un momento di unità, ambizione e responsabilità – ha affermato il dottor Kluge -. È un’ promessa condivisa per proteggere le persone dalle crisi, ridurre le disuguaglianze, sostenere i nostri operatori sanitari, promuovere la scienza e reimmaginare i sistemi sanitari per le generazioni a venire”.
La forza di questo piano non sta solo nella sua visione, ma nel modo in cui è nato. È il frutto della consultazione più ampia mai intrapresa dall’Oms/Europa, che ha coinvolto oltre 5000 voci: non solo ministri ed esperti, ma anche medici di base, infermieri, pazienti e cittadini comuni. È una strategia che, per una volta, prova a rispecchiare i bisogni reali delle persone.
E i bisogni, a leggere il documento di base “Health forward – a future we build together” che ha ispirato il piano, sono immensi. L’Europa è un continente di paradossi sanitari: viviamo più a lungo, ma spesso quegli anni in più sono segnati da malattie croniche e solitudine. Abbiamo una tecnologia medica d’avanguardia, ma 1 persona su 3 con un disturbo mentale non riceve le cure di cui ha bisogno. Siamo ricchi, ma fino al 24% delle famiglie in alcuni paesi rischia la rovina economica per pagare le cure.
Il nuovo programma non guarda solo alle emergenze pandemiche. Trasforma le lezioni apprese dalle crisi recenti in un’agenda concreta che tocca la vita di tutti i giorni.
Salute e Clima. Ormai è chiaro, il cambiamento climatico non è un’idea astratta, ma un killer che si abbatte soprattutto sui più deboli. Con l’Europa che si scalda al doppio della velocità media del pianeta, il piano prevede di rendere gli ospedali e i servizi sanitari più resilienti a ondate di calore, alluvioni e altre catastrofi, e di spingere per una transizione energetica che pulisca l’aria che respiriamo.
L’epidemia di solitudine e stress. Il piano riconosce che salute mentale e fisica sono due facce della stessa medaglia. L’obiettivo è integrare il supporto psicologico nei luoghi che le persone frequentano ogni giorno, come gli studi dei medici di famiglia e le scuole, combattendo lo stigma che ancora costringe troppi a soffrire in silenzio.
Ospedali e operatori sanitari. C’è una crisi silenziosa che rischia di far collassare tutto: la mancanza di medici e infermieri. Entro il 2030 potremmo avere un buco di 800.000 professionisti. La risposta del piano è una “rivoluzione industriale” nella sanità: usare la tecnologia per liberare gli operatori dalle pratiche burocratiche e restituire loro il tempo per la relazione con il paziente, unica cura che le macchine non potranno mai sostituire.
Violenza sulle donne e cure primarie. Kluge ha voluto inserire nel piano due iniziative speciali, due battaglie di civiltà. La prima è un impegno concreto per porre fine alla violenza contro le donne, riconosciuta anche come una crisi di salute pubblica. Un quarto delle donne nella regione subisce violenza nel corso della vita. I servizi sanitari, spesso primo punto di contatto, devono diventare luoghi sicuri in grado di riconoscere i segnali, offrire supporto e indirizzare le vittime verso un percorso di uscita dalla violenza. La seconda è una spinta a trasformare le cure primarie. Il medico di famiglia, il consultorio, il presidio territoriale devono tornare a essere il perno del sistema, il punto di riferimento fisso per il cittadino in un mondo sanitario sempre più frammentato e complesso. Investire sul territorio non è solo più efficiente, ma è l’unico modo per garantire che nessuno venga lasciato indietro.
In un’epoca di nazionalismi e muri, 53 paesi diversi per cultura, economia e politica estera hanno trovato un terreno comune su ciò che conta davvero. Hanno scelto di non subire il futuro, ma di costruirlo insieme. La strada è in salita ma c’è una nuova mappa condivisa per percorrerla. La salute degli europei, da oggi, ha nuova una bussola.