Il consenso non affatto informato

Il consenso non affatto informato

Il consenso non affatto informato
È frequente la presenza di un consenso non affatto informato e pertanto inconsapevole, perché raccolto senza che il paziente riceva informazioni chiare e complete su una diagnosi, un trattamento o una procedura medica, e sul suo diritto di accettarla o rifiutarla liberamente. Tutto avviene in modo molto simile alla raccolta delle firme per la richiesta di un referendum popolare

La sanità erogata è il peggiore dei mali che la Nazione intera sopporta. Principi costituzionali violati con una leggerezza che non ha eguali. Primi fra tutti: quello dell’eguaglianza (art. 3), quello della tutela della salute quale diritto fondamentale dell’individuo e della garanzia della gratuità per gli indigenti (art. 32). Tutto questo è rappresentativo di un suo decadentismo progressivo, nei confronti del quale la Nazione non scende in piazza come per la Palestina e la persona sopporta quotidianamente le violenze che vengono esercitate nei suoi confronti, sospirando al massimo qualche lamento.

Disservizi ovunque, differenziazioni tali da dividere le nazioni regionali tra paradisi (invero divenuti anche essi un po’ meno Eden) e inferni terrestri a causa di una sanità vicina all’inesistenza, programmazioni che sono nel regno dei Cieli senza scendere a terra dal 2006 (da allora manca un PSN e un Piano antipandemico!), interventi a gamba tesa che finalmente cominciano da parte della magistratura ordinaria e contabile per i bilanci fasulli, le gare inquinate, le AOU inesistenti che funzionano come tali facendo nomine a gogò e proponendosi alla Nazione con denominazioni, garanti di un diverso valore rispetto alle AO comuni, molto vicine alla “truffa sociale”.

E poi, la persona ovunque tradita dall’assenza di prevenzione, dall’assenza dell’assistenza territoriale e fin dalla presa in carico nei presidi di spedalità.

Quanto alla resa delle prestazioni, prioritariamente ospedaliere, è davvero allarmante assistere alla resa del consenso informato da parte dell’utenza raccolta, per esempio, da un medico cubano, di quelli che affollano l’organizzazione sanitaria calabrese e, si suppone, altrove.

Un’opera improba e dal risultato indicibile, contrario alla ratio della sua legge istitutiva del 22 dicembre 2017, n. 219 recante le “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.

Si registra un percorso che appare l’esatto rovescio di trovarsi di fronte ad un medico curante – peraltro nel caso di specie non propriamente a posto con l’obbligatoria iscrizione all’Ordine professionale competente per luogo – che dovrebbe essere capace di rendere edotto il malcapitato, bisognoso di assistenza e titolare di un diritto costituzionale, che spesso firma alla cieca. Ma ciò, è bene precisarlo, non accade solo in presenza di una raccolta di consenso informato celebrato a operatori latinoamericani ovvero comunque extra UE, perché un siffatto limite è riscontrabile ovunque, fatta qualche rara eccezione del tipo “il Gronchi rosa”.

Dunque, è frequente la presenza di un consenso non affatto informato e pertanto inconsapevole, perché raccolto senza che il paziente riceva informazioni chiare e complete su una diagnosi, un trattamento o una procedura medica, e sul suo diritto di accettarla o rifiutarla liberamente. Tutto avviene in modo molto simile alla raccolta delle firme per la richiesta di un referendum popolare.

Invero, il percorso sancito dalle norme è complesso e difficile da frequentare correttamente, perché esige: una spiegazione dei benefici; i rischi e le possibili complicanze; le alternative; la spiegazione della revocabilità del consenso in ogni fase del trattamento anche se neppure iniziato.

Immaginiamo il terrore di trovarsi di fronte a chi non comprende e non parla bene la lingua italiana, ma anche chi non conosce perfettamente i protocolli di cura e il nomenclatore dei farmaci disponibili, perché abituato a quello del suo Paese, spesso superato da anni. Una situazione al limite del rischio che, per la verità, è divenuta – come si diceva – più frequente di come si pensa anche nell’ordinario, ove il consenso informato è divenuta una formalità, addirittura da delegare nella compilazione, perché quasi sempre priva delle anzidette doverose “spiegazioni” ovvero esposto con un linguaggio non comprensibile ai più, delle richieste di approfondimento e molto frequentemente considerato un perditempo.

E così va avanti, con l’apposizione della firma che “perfeziona” un consenso informato nell’assoluta inconsapevolezza.

Un fatto che concretizza, così come frequentemente rivenuto quasi ovunque, violazioni gravi, che vanno dalla mancata informazione, che rappresenta quella più frequente, alle informazioni incomplete e fuorvianti. Difetti tali da generare un consenso presunto, non affatto libero, quasi a considerarlo “estorto” attraverso pressioni psicologiche o stati di sottomissione da “camice bianco”. Possibile e frequente è il caso di un consenso proposto per condizioni cliniche ovvero per un tipo di intervento, entrambi obsoleti.

Un caso a parte, ma che si verifica di tanto in tanto con gli accessi nei pronti soccorsi, è quello dell’esecuzione di procedure mediche eseguite in emergenza senza tuttavia una reale emergenza, con un paziente soventemente in stato di incoscienza ovvero impaurito all’eccesso, un evento che rappresenta una chiara violazione del diritto al consenso.

A ben vedere, un gran macello: di una norma disegnata bene ma disattesa e maltrattata nella cosciente raccolta. E dire che rappresenta il punto cardine dell’inizio di un trattamento, proprio per questo esigerebbe bene altre attenzioni e sanzioni in difetto.

Ettore Jorio

Ettore Jorio 

17 Novembre 2025

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