Manovra 2026: segnali parziali per la sanità mentre pesa il rischio recessione senza Pnrr
Il reddito nazionale
Nel 2024, il reddito nazionale italiano ha mostrato un aumento del reddito disponibile delle famiglie (+2,7%) e una crescita del PIL (+0,7% in volume). Il PIL nominale ha raggiunto circa €2.200 miliardi, mentre il reddito mediano è variato notevolmente in base alla tipologia familiare (es. €46.786 per le coppie con figli).
Il reddito disponibile reale in Italia nel 2024 è in lieve crescita ma resta inferiore al 2008. Fatto 100 il 2008, l’Italia nel 2024 si attesta per il reddito disponibile delle famiglie a 95,97 a fronte del 109,40 dell’area euro (114,29 Ue a 27). Unico caso assieme alla Grecia. Il potere d’acquisto reale è cresciuto più lentamente rispetto ad altri Paesi mentre il tasso di profitto delle imprese è diminuito.
La pressione fiscale sul lavoro dipendente
I dati analitici sull’IRPEF disaggregati per classi di reddito sono disponibili fino all’anno d’imposta 2023. Per questo motivo l’analisi più significativa è quella che considera l’intero quinquennio 2019-2023, utilizzato anche come anno base nel recente working paper della Banca Centrale Europea sul fiscal drag (Abela et al., ECB Working Paper Series n. 3136, 2024). Si tratta del periodo segnato dalla più forte impennata inflattiva degli ultimi decenni e dalla conseguente erosione del potere d’acquisto dei salari.

Infografica 1 — Italia 2019-2023: Inflazione e retribuzioni a confronto.
Variazione percentuale cumulata dell’inflazione misurata dall’IPCA (Indice Armonizzato dei Prezzi al Consumo) e delle retribuzioni di fatto secondo ISTAT nel periodo 2019-2023. L’inflazione complessiva cresce di circa il 17%, mentre le retribuzioni nominali aumentano del 9,5%, determinando un differenziale negativo di 7-8 punti percentuali e una significativa perdita di potere d’acquisto.
Nel quinquennio 2019-2023, l’inflazione misurata dall’IPCA (Indice Armonizzato dei Prezzi al Consumo) è aumentata complessivamente di circa il 17%, mentre le retribuzioni di fatto, secondo l’ISTAT, sono cresciute soltanto di circa il 9,5%. Ne risulta un differenziale negativo di circa 7-8 punti percentuali a sfavore dei lavoratori.
Tabella 1 – I dati di confronto 2019-2023
La pressione fiscale in Italia per il 2025 è stimata intorno al 42,8% del PIL, secondo le previsioni del governo, in leggero aumento rispetto al 2024. Le stime variano a seconda delle fonti e delle metodologie di calcolo, con alcune che indicano un lieve calo se si considera un diverso approccio contabile alla decontribuzione. Le principali novità fiscali per il 2025 includono la conferma delle tre aliquote IRPEF (23%, 35%, 43%) e una modifica nella struttura delle detrazioni che potrebbe portare a scaglioni effettivi diversi per alcuni contribuenti.
Previsioni e stime
- Stima del governo: il Documento programmatico di finanza pubblica prevede un dato del 42,8% per il 2025.
- Stima alternativa: una stima basata su una diversa contabilità, che non considera come maggiore spesa il “bonus” per i lavoratori a basso reddito, indica un dato più basso, intorno al 42,5%.
- Dati trimestrali: per il primo trimestre 2025, la pressione fiscale è stata del 37,3%, in aumento rispetto allo stesso periodo del 2024.
Infografica 2 – Entrate fiscali e pressione fiscale (media mobile a quattro trimestri in percentuale del PIL)

Da quando si è insediato il governo di Meloni paghiamo materialmente più tasse per colpa di un meccanismo chiamato fiscal drag, o drenaggio fiscale, che esiste nei sistemi fiscali progressivi quando c’è un’inflazione elevata, come l’aumento generale del livello dei prezzi che si è visto negli ultimi quattro anni.
Il sistema italiano è per l’appunto progressivo: significa che più si guadagna e più si paga una quota più alta di tasse, per il principio costituzionale che chi ha un reddito più alto deve contribuire in misura maggiore al fabbisogno dello Stato. Quando aumenta il costo della vita si innescano anche aumenti delle retribuzioni per tentare di tenere il passo dei prezzi. Non è un problema di per sé, anzi, gli stipendi devono aumentare per adeguarsi gradualmente a una vita più cara: da gennaio del 2021 a gennaio del 2025 i prezzi sono aumentati complessivamente del 16%, mentre le retribuzioni di poco più dell’8%, la metà.
Chi paga il welfare?
I redditi da lavoro dipendente sono tassati molto più degli altri redditi.
Dai dati ISTAT, fatto 100 il totale delle entrate fiscali, che includono sia le imposte che i contributi, 49 sono risorse che provengono dai salari, 17 dai profitti (in cui sono compresi i redditi dei lavoratori autonomi e i loro contributi), 33 arrivano invece dalle imposte indirette. Questi numeri devono essere confrontati con la quota di ciascuna componente sul Pil. Benché contribuiscano quasi al 50% delle entrate, i salari costituiscono solo il 38 % del Pil, contro il 50% dei profitti e del 12% delle imposte indirette.
L’Osservatorio sulla Spesa Pubblica, relativamente all’IRPEF e ai redditi delle famiglie evidenzia un quadro di forte concentrazione fiscale: circa il 15% dei contribuenti paga oltre il 75% dell’IRPEF totale, sostenendo la maggior parte della spesa pubblica per welfare, sanità e assistenza, che da sola supera la metà del totale.
I dati mostrano anche un divario significativo tra le aree geografiche, con il Nord che versa un’IRPEF pro-capite notevolmente più alta rispetto al Sud, il quale contribuisce meno rispetto ai consumi e alla spesa sanitaria pro-capite. Questo sistema, con una base imponibile ristretta, rende difficile il finanziamento sostenibile del welfare e solleva dubbi sulla sua efficacia nell’affrontare povertà e disuguaglianze.
Infografica 3 – Percentuale di imposte pagate per scaglioni di contribuenti

Contribuzione fiscale e concentrazione della ricchezza
- Concentrazione dell’IRPEF: Un numero ristretto di contribuenti finanzia gran parte del sistema fiscale. Ad esempio, i contribuenti con redditi superiori ai 35.000 euro pagano circa il 58,86% dell’IRPEF totale.
- Contribuenti ad alto reddito: L’1,21% dei contribuenti con redditi superiori a 100.000 euro versa il 19,56% di tutta l’IRPEF.
- Impatto sul finanziamento del welfare: Il gettito generato dai redditi più bassi non è sufficiente a coprire le spese sanitarie e assistenziali, mentre i redditi da lavoro dipendente e pensione rappresentano oltre l’80% del gettito IRPEF.
Infografica 4 – Distribuzione dei benefici derivanti dalla riforma per categorie di contribuenti

Divari territoriali e spesa pubblica
- Differenze Nord-Sud: Si registra una notevole disparità tra le Regioni. La Lombardia, da sola, versa più IRPEF dell’intero Mezzogiorno, che ha il doppio degli abitanti.
- Disparità pro-capite: Le imposte pro-capite (IRPEF e IVA) sono significativamente più alte al Nord rispetto al Sud, che versa un’IVA pro-capite molto più bassa.
- Finanziamento del welfare: Il Sud, in particolare, fatica a sostenere il costo pro-capite della spesa sanitaria a causa dei bassi contributi fiscali.
Povertà e disuguaglianze
- Impatto fiscale: Il sistema attuale può distorcere la percezione della povertà e del bisogno, indirizzando sussidi a chi dichiara meno e non può essere controllato adeguatamente.
- Sostenibilità del welfare: La forte concentrazione del peso fiscale su una minoranza di contribuenti rende il sistema di welfare insostenibile nel lungo periodo, rischiando di essere finanziato solo attraverso il debito pubblico.
- Riforma fiscale: Per rendere il sistema più sostenibile, è fondamentale contrastare l’evasione fiscale e migliorare la produttività del Paese e la partecipazione al mercato del lavoro.
Dati macro della manovra
Il disegno di legge di bilancio conferma la linea di prudenza e responsabilità a cui il Governo dichiara di voler attenersi con il percorso pluriennale di consolidamento dei conti pubblici delineato nel Piano strutturale di bilancio 2025-29 approvato dal Consiglio della UE a gennaio.
L’indebitamento netto si riduce progressivamente mantenendosi al di sotto della soglia del 3 per cento del PIL lungo il triennio di programmazione, anticipando già nel 2025 il raggiungimento di un rapporto fra disavanzo e PIL al 3%, per poi continuare a ridursi (2,8% del PIL nel 2026, al 2,6% nel 2027 e 2,3% nel 2028). Il debito in rapporto al PIL è previsto crescere ancora nel 2026 e cominciare a ridursi dal 2027.
Informazioni dettagliate e tempestive sono ancora necessarie per concludere che la manovra sia coerente anche con il percorso programmatico della spesa netta presentato nel DPB.
La manovra – comprensiva degli effetti di maggiore spesa per interessi e degli impatti finanziari di copertura conseguenti alla proposta di rimodulazione del PNRR presentata alle autorità europee – comporta un incremento dell’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche pari a 0,04 punti percentuali di PIL nel 2026 (0,9 miliardi), a 0,2% nel 2027 (5,9 miliardi) e a 0,3% nel 2028 (7 miliardi).
Infografica 5 – Le grandezze macro della manovra 2026

Le dimensioni di questa manovra sono contenute. Rispetto al tendenziale, infatti, dispone interventi pari all’1% del PIL nel 2026, allo 0,9% nel 2027 e allo 0,8% nel 2028, mentre le risorse di copertura per ciascun anno del triennio si collocano in media allo 0,6% del PIL, senza considerare gli effetti di copertura della rimodulazione del PNRR, che sono pari, in termini di indebitamento netto, a 5,1 miliardi nel 2026, 0,7% nel 2027 e 0,4% nel 2028. Considerando le risorse nette derivanti dalla rimodulazione del PNRR, le risorse delle coperture ammontano allo 0,7% del PIL medio annuo.
Incidenza sanità sul PIL
L’incremento del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard (2,4 miliardi per il 2026 e 2,65 miliardi annui dal 2027) porta le risorse complessive, in rapporto al PIL, al 6,1 per cento nel 2026, al 6,0 nel 2027 e al 5,9 nel 2028. In valore assoluto, il finanziamento del Servizio sanitario nazionale (SSN), pari a 136,5 miliardi nel 2025, raggiunge 142,9 miliardi nel 2026 (con un incremento di 6,4 miliardi, di cui circa 4 già assegnati da provvedimenti precedenti), 143,9 nel 2027 e 144,8 nel 2028.
La spesa sanitaria corrente di contabilità nazionale, in rapporto al PIL, è prevista al 6,6 per cento nel 2026; dall’anno successivo, la quota scenderebbe al 6,5 per cento. La diversa dinamica del finanziamento ordinario e della spesa implica un aumento della distanza tra i due aggregati. Le differenze non sono direttamente riconducibili a un concetto di disavanzo del SSN, ma potrebbero segnalare una difficoltà crescente per i bilanci dei Servizi sanitari regionali (SSR).
Tabella 2 – Stime PSB 2025-27 incidenza sanità sul PIL Italia

Fonte: Report GIMBE
Incidenza PNRR sul PIL
A maggio 2025 risultano 159 Mld di euro del PNRR impegnati, a fronte dei 194,4 miliardi complessivi.
La differenza è di 35 Mld di euro, cui vanno aggiunti circa 3 Mld di euro e oltre 12 mila progetti dei quali ReGis non è in grado di certificare a che punto è la fase di attuazione. La spesa sostenuta, al 31 maggio 2025, è pari a 74,3 Mld di euro, il 38,22% del totale. L’incremento della spesa rispetto a febbraio 2025 è di circa 8,582 Mld di euro, poco meno di tre miliardi al mese. Va peggio sul fronte dei pagamenti che, al 30 giugno 2025, risultavano pari a poco più di 70 miliardi, 5,63 Mld di euro in più rispetto al 31 marzo 2025.
Infografica 6 – Impatto annuale del PNRR sul PIL, Modello QUEST-III R&D

(Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confindustria su dati DEF e PSB)
Nel DEF di aprile 2025 era previsto un impatto del PNRR sul PIL di 0,9 punti percentuali (p.p.) di crescita aggiuntiva per il 2024, ma nella successiva stima aggiornata del PSB, a pochi mesi dalla fine dell’anno, l’impatto stimato è sceso a +0,1 p.p.
Mancano solo 7 mesi alla conclusione del PNRR. In particolare, gli 0,8% di crescita aggiuntiva mancanti dal 2024 (Grafico 1) sono stati attribuiti tutti all’ultimo anno: infatti la stima di impatto del PNRR sul PIL 2026 si è raddoppiata, da +0,8% a +1,6%. Una stima di crescita così ampia, tuttavia, suscita molte perplessità. Gli Osservatori nazionali e internazionali danno ad oggi una ipotesi di crescita del PIL italiano nel 2026 intorno all’1%, quindi non paiono confermare uno scenario di impatto del Piano così ampio sul PIL.
L’Italia in recessione senza PNRR
Colpisce il dato sulla crescita economica: siamo un Paese con crescita annua dello 0,5% nel 2025 e dello 0,7% nel biennio successivo e 0,8% nel 2028. La crescita riflette anche i dazi di Trump e l’incertezza politica globale, che incide su consumi e investimenti. Il dato significativo è quello del DPFP, che imputa la crescita 2025 dovuta per almeno un punto percentuale al PNRR; la crescita stimata per lo stesso anno è dello 0,5%, significa che senza il PNRR l’Italia sarebbe stata in recessione.
Ragionamento analogo per il 2026. Usando le risorse residue del PNRR l’economia dovrebbe crescere dell’1,5%, ma nel DPFP è dello 0,7% quindi senza PNRR l’Italia sarebbe in una recessione molto seria.
L’Italia ha ricevuto circa 194 miliardi e si stima nel decennio un impatto di circa 189 miliardi. L’incidenza del PNRR sul PIL è stata quindi meno delle risorse allocate (moltiplicatore 0,97).
Facendo il 2008 uguale a 100, l’Italia nel 2024 si colloca attorno a 96, dopo un lieve recupero rispetto al 2023.
L’Ue a 27 supera quota 114, l’area euro sfiora 109. Tra i Paesi maggiori emergono Germania e Francia, entrambe ben oltre i livelli pre-crisi; la Spagna ha recuperato, pur restando più vicina a quota 104.
In Italia la risalita degli ultimi anni è stata più lenta dello standard europeo, segno che la ferita della doppia recessione 2008-2013 non si è chiusa del tutto. Quindi senza PNRR saremmo già in recessione tecnica …
Più Stato nel mercato?
Il calo della concorrenza produce forti aumenti dei fatturati e dei margini delle società di rete a controllo pubblico (più 40 miliardi di fatturato per loro dal 2019), forti aumenti dei margini delle società dell’energia, fortissima redditività delle banche.
Infografica 7 – Appalti settore costruzioni 2012-2024 realmente competitivi

Così prende forma quello che sembra un nuovo capitalismo oligarchico di Stato, naturalmente con le sue rivalità e tensioni interne. In ciò, l’Italia è tutt’altro che sola. Anzi, come le è successo altre volte nella storia recente segue subito le grandi tendenze internazionali come forse è inevitabile che sia. In questo contesto, si assiste a un progressivo indebolimento o scomparsa sostanziale di quasi tutte le Autorità Indipendenti dalla politica di regolamentazione del mercato. Su questo sfondo, avvengono altri due fenomeni. Il grado di concorrenza in alcuni settori fondamentali si riduce, di solito, a favore di pochi grandi operatori dotati di rapporti con la politica. Nel grafico si osserva il declino degli appalti del settore costruzioni realmente competitivi in Italia negli ultimi anni (le assegnazioni dirette passano dall’8% al 69%, le gare aperte a tutti dal 25% a meno del 7%).
Le misure per la sanità
Come emerge dalla lettura del Report GIMBE la proposta di Manovra 2026 stanzia € 7,7 miliardi: € 2,4 miliardi nel 2026, € 2,65 miliardi nel 2027 e € 2,65 miliardi nel 2028. Considerando anche gli stanziamenti già previsti dalle precedenti manovre. Il FSN raggiungerà € 143,1 miliardi nel 2026, € 144,1 miliardi nel 2027 e € 145 miliardi nel 2028. In particolare, nel 2026 il FSN crescerà di ben € 6,6 miliardi (+4,8%) rispetto al 2025: infatti, ai € 4,2 miliardi già previsti (da € 136,5 miliardi nel 2025 a € 140,7 miliardi nel 2026), la proposta di Manovra 2026 aggiungerebbe ulteriori € 2,4 miliardi, portando il FSN totale a € 143,1 miliardi.
Dopo l’incremento del 2026 il FSN in termini assoluti si stabilizzerà, crescendo di € 995 milioni (+0,7%) nel 2027 e di € 867 milioni (+0,6%) nel 2028. In rapporto al PIL, il FSN passa dal 6,04% del 2025 al 6,16% del 2026, per poi ridursi al 6,05% nel 2027 e al 5,93% nel 2028.
Tabella 3 – Rideterminazione del Fabbisogno Sanitario Nazionale (Fonte GIMBE)
Rimane un netto divario tra l’entità del FSN e le previsioni di spesa sanitaria fissate dal Documento Programmatico di Finanza Pubblica: in rapporto al PIL, le proiezioni di spesa si attestano al 6,4% per gli anni 2025, 2027 e 2028 e al 6,5% per il 2026. In valori assoluti, il gap tra spesa prevista e risorse assegnate ammonta a € 6,8 miliardi nel 2026, € 7,6 miliardi nel 2027 e € 10,7 miliardi nel 2028.
Infografica 8 – GAP tra Fabbisogno Sanitario Nazionale e previsioni di spesa 2026-2028 (Fonte GIMBE)

Personale sanitario
La Manovra prevede un piano straordinario di assunzioni a partire dal 2026, autorizzando – in deroga al tetto di spesa – € 450 milioni per assumere circa 1.000 medici dirigenti e oltre 6.000 professionisti sanitari, in particolare infermieri. Nel triennio 2026-2028 l’investimento complessivo ammonta a € 1.350 milioni, di cui € 875 milioni previsti dalla Manovra 2026 e € 475 milioni già stanziati dalla precedente. Agli organici del FSN mancano oggi 20.000 medici e 65.000 infermieri …
Aumento fondi per migliorare i servizi.
A partire dal 2026, la Manovra destina € 238 milioni a interventi di prevenzione articolati in quattro macro-obiettivi:
- estendere lo screening per il tumore della mammella alle fasce di età 45-49 anni e 70-74 anni;
- ampliare lo screening del tumore del colon-retto alla fascia 70-74 anni;
- proseguire il programma di prevenzione del tumore polmonare nell’ambito della rete italiana screening polmonare;
- concorrere al rimborso alle Regioni per l’acquisto dei vaccini previsti nel calendario vaccinale.
Per il solo 2026, vengono inoltre stanziati ulteriori € 120 milioni, che si aggiungono ai € 127 milioni della precedente Manovra, per potenziare le misure di prevenzione
Fondi per il rimborso prestazioni
Vengono stanziate nuove risorse per le tariffe dei ricoveri per acuti (€ 350 milioni a decorrere dal 2026) e per l’adeguamento delle tariffe di specialistica ambulatoriale e protesica (€ 100 milioni di risorse vincolate nel 2026 e € 183 milioni a decorrere dal 2027).
Fondi per servizi da terzi che operano in accreditamento o in convenzione
Oltre € 900 milioni vengono destinati a soggetti privati: € 50 milioni l’anno vincolati per la stabilizzazione della farmacia dei servizi; € 350 milioni per la rideterminazione dei tetti della spesa farmaceutica, sia per gli acquisiti diretti (+0,20%) sia per la spesa convenzionata (+0,05%); € 280 milioni l’anno per l’aumento del tetto di spesa per i dispositivi medici; € 123 milioni a decorrere dal 2026 per l’ampliamento del tetto di spesa relativo all’acquisto di prestazioni sanitarie di specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera dagli erogatori privati accreditati. Sono previste risorse destinate agli Istituti Zooprofilattici Sperimentali (€ 10 milioni a decorrere dal 2026) e all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (€ 50 milioni a decorrere dal 2026).
Conclusioni
In sintesi, la Manovra 2026 ad oggi, prima del confronto parlamentare e della sua definitiva approvazione, presenta un carattere complessivamente prudente e di dimensione limitata, con interventi che appaiono più orientati a segnali politici settoriali che a una risposta strutturale alle criticità del sistema sanitario.
Una parte rilevante delle risorse è indirizzata verso componenti del lavoro autonomo in ambito sanitario (farmacisti, medici di medicina generale, specialisti ambulatoriali), mentre la capacità di rafforzamento del personale appare insufficiente rispetto al fabbisogno reale: le nuove assunzioni previste coprirebbero circa un decimo dei medici e un ventesimo degli infermieri necessari.
La capacità di attuazione del PNRR rimane un tema critico, con potenziali rischi macroeconomici che vanno oltre il solo settore sanitario. Il nodo principale riguarda la sostenibilità organizzativa dei nuovi servizi territoriali – Case e Ospedali di Comunità – per i quali non risultano allo stato attuale disponibili risorse professionali adeguate, aprendo la prospettiva di un crescente coinvolgimento di operatori privati accreditati e soggetti del cosiddetto terzo settore sanitario.
Dal lato delle entrate pubbliche, secondo i Conti Nazionali (marzo 2024), il valore aggiunto riferibile all’economia sommersa ammontava nel 2021 a 173,8 miliardi di euro, pari al 9,5% del PIL: una base potenziale di gettito non trascurabile. L’assenza di interventi incisivi sul recupero dell’evasione fiscale e sull’ampliamento della base imponibile contribuisce a mantenere un quadro di finanziamento sbilanciato, in cui il peso grava in modo rilevante sui redditi da lavoro e sui contribuenti che già sostengono in misura maggiore il sistema di welfare. Parallelamente, l’espansione della sanità integrativa sostenuta da meccanismi di defiscalizzazione determina un progressivo trasferimento di risorse verso il settore privato, con effetti redistributivi regressivi e un indebolimento del principio di universalismo.
Si configura così una dinamica in cui i contribuenti con redditi medio-alti possono beneficiare contemporaneamente del Servizio sanitario nazionale, della sanità integrativa e delle prestazioni private, mentre la parte più vulnerabile della popolazione vede aumentare l’esposizione finanziaria al proprio bisogno di cura. Tali elementi delineano un contesto che solleva interrogativi sulla sostenibilità futura del SSN e sull’equità del sistema fiscale e di finanziamento del welfare, richiedendo un confronto politico trasparente e basato su evidenze. Ci auguriamo che il dibattito parlamentare porti a modifiche utili … le migliaia di emendamenti presentati non sono un buon inizio …
Giorgio Banchieri,
Segretario Nazionale ASIQUAS, Docente DiSSE, Università “Sapienza”, Roma
Andrea Vannucci,
Membro CTS ASIQUAS, Docente DiSM, Università Siena, Membro CD Accademia di Medicina, Genova.
Referenze:
- Abela, M. et al. (2024) Fiscal drag and inflation dynamics in the euro area. ECB Working Paper Series, 3136.
- AGCM (2024) Relazione annuale. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
- ANAC (2024) Rapporto sui contratti pubblici e gare d’appalto 2012–2024.
- Centro Studi Confindustria (2025) Impatto del PNRR sul PIL italiano – Modello QUEST-III.
- Corte dei Conti (2025) Audizione sulla Manovra 2026 presso Commissioni Bilancio.
- Fondazione GIMBE (2025) Analisi della Manovra 2026 e finanziamento SSN.
- ISTAT (2024) Retribuzioni contrattuali e di fatto 2019-2023.
- ISTAT (2024) Conti nazionali ed economia non osservata – Rapporto marzo 2024.
- ISTAT-Eurostat (2024) IPCA – Serie storica 2019-2023.
- MEF (2025) Documento di Economia e Finanza – DEF 2025.
- MEF (2025) Programma Strutturale di Bilancio 2025-2027.
- MEF – Dipartimento Finanze (2024) Dichiarazioni dei redditi 2023.
- Osservatorio Conti Pubblici Italiani – CPI Cattolica (2024) Rapporto IRPEF.
- Piattaforma ReGiS – PCM (2025) Monitoraggio avanzamento PNRR, aggiornamento maggio-giugno 2025.
- UPB – Ufficio Parlamentare di Bilancio (2025) Valutazione DDL Bilancio 2026 – Audizione.
20 Novembre 2025
© Riproduzione riservata
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