Gentile Direttore,
prevenire, venire prima. E prima, si sa, arriva sempre e solo la donna. Nel decifrare la realtà, nel sopportarne gli spasmi, nel coltivarne gli antidoti. Non è un caso che al femminile sia declinato il termine che incarna, prima e più di tutti, il dovere della prevenzione, la sua forza ineluttabile, la sua capacità di diffusione e contagio. Educazione. Sì, educazione. Semplicemente e solamente educazione.
Era intorno la metà del ‘700 quando Cesare Beccaria, filosofo italiano del diritto, riformatore del diritto penale e pioniere della politica criminale moderna, volse la sua riflessione sull’educazione e sulla sua centralità. Il più sicuro ma più difficil mezzo di prevenire i delitti si è di perfezionare l’educazione, scrisse in quegli anni, consegnandoci una frase di un’attualità ineccepibile e trasversale ma, al tempo stesso, carica di significante e significato.
Oggi, forse come allora, la prevenzione è un tema avvertito che coinvolge, in egual misura, chi è preposto a rassegnarla e chi a raccoglierla.
La prevenzione nel tristissimo capitolo della violenza sulle donne si colora, purtroppo, di un limite altro, e che è, paradossalmente, insito nella radice del verbo da cui deriva.
Ancora oggi, ciò che rende più tortuoso e – come ammoniva Beccaria – più difficile il percorso è l’inclinazione mentale ci essere prevenuti.
Già prevenuti, ancora troppo prevenuti sulle donne. In tutti i sensi. Ma, soprattutto, in quella supposta debolezza che ne connoterebbe natura e carattere. E così, quando primeggia nella professione una donna, s’insinua; quando s’impone per la grazia ricevuta dal creatore, si pontifica la sua leggerezza di costumi; quando decide e rivendica di essere titolare della stessa dignità in un rapporto di coppia, soccombe.
Di anni dalla riflessione di Beccaria ne sono passati tanti, forse troppi. Sul tema si sono succeduti gli spunti illuminati di sociologi, filosofi, teologi e giuristi. Nel 2011, a Istanbul venne pure licenziata una convenzione sul tema. Purtroppo, all’elaborazione concettuale, altissima e profonda, non ha fatto seguito una condivisione capillare.
I dati ISTAT sui casi di violenza sulle donne, se letti nella loro algida crudeltà, allarmano. Se decodificati dalle forme, subdole e striscianti, in cui si mimetizzano impauriscono. Perché nessuna rischia di rimanerne immune.
È questo il punto, allora, da cui partire.
Immaginare, e prima ancora convincere e convincersi, che il compito di educare non è demanio di terzi.
È habitus mentale che non ammette distinzioni, circoscrizione che appartiene a tutti.
Al padre, al figlio, al fratello, al marito, al compagno di scuola, al verziere, all’industriale, al sacerdote, al vicino di casa.
Perché sono tutti loro gli unici depositari della grandezza di ogni donna.
La madre dei loro domani.
Dott.ssa Luciana Carolei
Responsabile Coordinamento Nazionale Politiche di Genere Cisl Medici