Il Consiglio dei Ministri del governo Meloni, su proposta del Ministro per gli affari regionali Roberto Calderoli, ha deliberato di impugnare di fronte alla Corte costituzionale la legge regionale sul fine vita approvata a settembre dalla Sardegna, per l’accesso al suicidio medicalmente assistito in base a quanto previsto dalla sentenza della stessa Corte 242/2019.
Pr il Governo, i fatti, la legge regionale, “nella sua interezza, esula in via assoluta dalle competenze regionali, eccedendo dalle competenze statutarie, e lede le competenze esclusive dello Stato in materia di ordinamento civile e penale e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, nonché il riparto di competenze in materia di tutela della salute, violando l’articolo 117, secondo comma, lettere l) e m), e terzo comma, della Costituzione”.
Il ricorso, tuttavia, non sospende l’efficacia della legge regionale che resterà comunque in vigore fino alla decisione della Consulta. Così come per il ricorso della legge regionale della Toscana, la prima ad essersi espressa sul suicidio assistito, che il Governo ha impugnato nel mese di maggio per le medesime motivazioni e sulla quale la Consulta non si è ancora pronunciata. Leggi che nascono dall‘iniziativa lanciata in tutte le Regioni dall‘associazione Luca Coscioni, allo scopo di applicare la sentenza 242 della Consulta attraverso la presentazione e approvazioni di progetti di legge di iniziativa popolare presso i Consigli regionali, a fronte della mancanza di una legge statale sul suicidio medicalmente assistito.
“La politica – commenta a Quotidiano Sanità la presidente di commissione Salute del Consiglio regionale sardo, Carla Fundoni (PD) -, deve saper affrontare anche i temi più complessi con responsabilità, con profondo rispetto nei confronti dei pazienti e delle famiglie che vivono quel particolare momento, degli operatori della sanità, senza slogan, senza giudizio e senza paura.
“Come istituzioni – prosegue Fundoni, che è anche medico specialista in malattie infettive e in radioterapia – abbiamo il dovere di affrontare il tema con coraggio e responsabilità. Questo non è un tema che deve dividere, ma che ci deve interrogare come persone e come istituzioni. Garantire diritti, ascoltare la persona nella sofferenza, tutelarne la dignità, garantirne la libertà e accompagnarla con cura e rispetto, nella piena consapevolezza del valore della vita fino all’ultimo istante”.
“La decisione del Governo va contro tutto questo. Il Partito Democratico ha sostenuto con convinzione questa legge perché siamo consapevoli di aver affrontato un tema complesso, che tocca la vita e la sofferenza delle persone nei momenti più difficili. Non abbiamo introdotto un nuovo diritto, ma abbiamo colmato un vuoto normativo, dando certezza, trasparenza e dignità a chi si trova in condizioni estreme e irreversibili. Una legge che non contrasta con le cure palliative, ma le integra, rafforzando il percorso di accompagnamento e di tutela del paziente”.
“La legge, frutto di un ampio lavoro di ascolto e confronto con esperti, ordini professionali e associazioni, ha garantito un percorso chiaro: tempi definiti, procedure sicure, gratuità delle prestazioni e una Commissione multidisciplinare che, insieme ai comitati etici, assicuri il rispetto delle condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale. È una legge di civiltà e responsabilità istituzionale, che mette al centro la libertà e la dignità della persona, sostenuta e accompagnata senza imposizioni, nel rispetto della sua volontà”.
“Con questa legge, abbiamo ribadito che la politica deve affrontare anche i temi più delicati con coraggio e senza ideologie, assumendosi la responsabilità di garantire diritti e di non lasciare nessuno solo di fronte al dolore e alla sofferenza” – conclude Fundoni.
Considerazioni condivise anche dal presidente del Consiglio regionale Piero Comandini che sostiene in merito “che la Sardegna ha voluto coprire il vuoto normativo nazionale di libertà e civiltà, dove appare chiaro che il governo ha deciso di voltarsi dall’altra parte. E’ necessario pensare soprattutto alle tante persone e famiglie in attesa di poter scegliere sul fine vita quando la medicina non può più garantire le cure per vincere sulle malattie degenerative cronico-evolutive”.
Elisabetta Caredda