Le criticità che il management del SSN può governare (di Francesco Longo e Alberto Ricci)

Realisticamente, il management del SSN non può influire sullo scenario demografico, epidemiologico e socio-economico; deve comprenderlo e accettarlo come cornice della propria sfida professionale. Allo stesso tempo, il Rapporto OASI 2025 segnala anche diverse criticità emergenti, che invece sarebbero governabili o mitigabili, attraverso un contributo attivo da parte di tutti i livelli della filiera istituzionale: aziende, regioni e SSN.

In primo luogo, a qualsiasi osservatore oggettivo è evidente lo squilibrio che caratterizza e caratterizzerà sempre più il mix dei professionisti del SSN. Già oggi il rapporto tra medici e infermieri è molto sbilanciato a favore dei primi alla luce del confronto internazionale. A valle del semestre filtro, a inizio 2026, conteremo circa 24mila matricole a Medicina. Torneremo alla pletora medica in pochi anni perché i medici che si pensionano ogni anno passeranno da 14.000 nel 2024 a 9.500 nel 2030 per diventare 6.200 nel 2035: uno squilibrio evidente in un SSN che ha 110mila medici dipendenti e 45mila tra MMG e PLS. Ciò non significherà, automaticamente, la risoluzione di alcuni problemi come l’indisponibilità a lavorare in aree interne e in alcune specialità. Nel frattempo, i 20mila posti a infermieristica vengono saturati all’84%.

Non giova la frammentazione delle professioni sanitarie (oltre 20 quelle riconosciute), l’elevata età media dei dipendenti del SSN e la rilevante quota di burn out che si manifesta con assenteismo e richieste di mansioni meno onerose. È quindi urgente ridimensionare i numeri a Medicina: non possiamo formare a costi elevati professionisti destinati inevitabilmente alla sotto-occupazione, alla sotto-retribuzione, all’emigrazione o a inflazionare la domanda sanitaria sul mercato a pagamento. Dobbiamo investire sulle vocazioni delle professioni sanitarie oggi poco considerate dai giovani. In questo senso, appare interessante l’analisi di alcune esperienze di promozione della professione infermieristica attuate a livello aziendale e riportate dal Rapporto, dalla fase di reclutamento, fino a onboarding più strutturati. La riduzione degli steccati professionali è urgente: garantirebbe risparmi e maggiore flessibilità. Nuovi modelli di lavoro professionale (equipe itineranti, uso estensivo di servizi da remoto, reti hub and spoke) sono una realistica risposta che coniuga interessi professionali ed esigenze delle comunità che vivono nelle aree interne.

In secondo luogo, Il Rapporto OASI 2025 registra come le marginalità dei privati accreditati che lavorano prevalentemente per il SSN siano vicine allo zero o comunque in riduzione, con ovvie oscillazioni dipendenti dal setting erogativo: chi ha un focus prevalente sulla specialistica performa meglio delle realtà prettamente ospedaliere. Questa è una comprensibile conseguenza della più generale tensione tra bisogni e risorse del SSN, che ha portato a bloccare sia i livelli tariffari che i budget per gli erogatori privati accreditati. Se le tariffe sono in media a margine modesto o nullo, la scelta di erogare le prestazioni in regime extra SSN è quasi obbligata per qualsiasi realtà privata, profit o no profit che sia. Concretamente, bisogna remunerare adeguatamente le prestazioni che il SSN vuole che siano offerte per suo conto, avendo cura, da un lato, di conoscere e considerare davvero i costi di erogazione, e dall’altro, di introdurre meccanismi che valorizzino i privati che alzano l’asticella della qualità e dell’innovazione.

In terzo luogo, il Rapporto segnala che la spesa per acquisti di beni e servizi ha raggiunto il 32% del totale della spesa, con un trend di crescita superiore alle altre voci (personale, prestazioni da privato, farmaceutica convenzionata, ecc). Questa è un’opzione che può avere diversi elementi di ragionevolezza. A volte si preferisce il buy al make per alcune attività standardizzabili come determinati servizi ancillari; in un Paese di cronici, si preferisce investire su farmaci e dispositivi più che su prestazioni assistenziali; altre volte, il buy è una scelta obbligata, a causa di vincoli all’assunzione di personale, o per sopperire a carenze di capacità più o meno temporanee. Inoltre, sempre più spesso la componente di servizio è abbinata al bene; le nuove tecnologie (si pensi all’IA) sono tendenzialmente incorporate nei beni acquistati. Si tratta di una direttrice che dovrebbe, nel caso, essere assunta con maggiore consapevolezza, valorizzando la funzione di procurement, che influisce sempre più su quantità e qualità dei servizi sanitari.

In quarto luogo, il Rapporto rileva come il SSN ha attuato grandi investimenti infrastrutturali per riuscire ad offrire servizi da remoto in logiche multicanale. Se parliamo di MMG, oltre il 60% dei contatti tra paziente e medico sono già da remoto. Anche nell’area del farmaco oramai si accede alle diverse tipologie di distribuzione (diretta, per conto, ospedaliera) senza più alcun documento cartaceo in mano, trovandosi recapitate da remoto la maggior parte delle autorizzazioni necessarie. Nel FSE si trova ormai quasi tutta la refertazione. Sono state spesso innovazioni generate dal basso, come nelle cure primarie, o da singoli silos organizzativi, come quelli che gestiscono la farmaceutica o i sistemi ICT, senza una grande visione e consapevolezza d’insieme. Il FSE costituisce oggi l’elemento spartiacque, sia simbolico che operativo. Potremmo renderlo l’unica o la prevalente interfaccia di contatto informativo, per prescrizioni, prenotazioni, pagamenti, refertazioni, autorizzazioni alla consultazione dei dati, chiudendo progressivamente gli sportelli fisici, come già avvenuto per ferrovie, compagnie aeree, banche. La telemedicina, nell’ambito di processi di riorganizzazione più ampi, è un’occasione per accentrare, chiudendo unità d’offerta senza casistica e clinical competence. Il PNRR deve essere l’occasione per ridurre la frammentazione, contrastando l’iniquità d’accesso e il disordine nei consumi. Bisogna evitare di aggiungere semplicemente il nuovo al vecchio, con il prevedibile impatto in termini di crescita dei costi fissi.

In quinto luogo, il Rapporto 2025 evidenzia come i sistemi regionali siano sempre più chiusi, con vertici strategici che ruotano semmai all’interno del contesto regionale: solo il 9% dei DG attualmente in carica ha esperienza apicale in più di un’azienda. Questa è una cattiva notizia, sia per il ruolo manageriale che non riesce a creare una categoria professionale nazionale, sia per i sistemi regionali, che non si contaminano con competenze, esperienze e sensibilità diverse, arricchendosi l’uno con l’altro. Questo fisiologicamente diminuisce la distanza tra livello politico e direttori generali comprimendo il loro spazio di autonomia. Il livello retributivo modesto delle direzioni strategiche, senza nessun rimborso per le spese di mobilità interregionale, sfavorisce processi di selezione più aperti. Sfruttare la mobilità del top management tra regioni è una grande leva disponibile per il SSN, che potrebbe essere rapidamente attivata o ri-attivata, con grande sforzo culturale, ma con modesto sforzo economico.

di Francesco Longo e Alberto Ricci
CERGAS, SDA Bocconi School of ManagemenT

03 Dicembre 2025

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