Responsabilità degli enti, gli strumenti per assicurare trasparenza e legalità delle attività aziendali

Responsabilità degli enti, gli strumenti per assicurare trasparenza e legalità delle attività aziendali

Responsabilità degli enti, gli strumenti per assicurare trasparenza e legalità delle attività aziendali

Gentile Direttore,
poco più di tre mesi dalla scadenza del cosiddetto “scudo penale in sanità”, fissata dalla legge di bilancio al 31 dicembre 2025, in cui terminerebbe il regime eccezionale previsto dopo la pandemia e l’unica disciplina vigente tornerà ad essere l’art. 590-sexies c.p. come introdotto dalla legge Gelli-Bianco, risulta utilissima, l’OSMOA, l’Osservatorio Malattie Occupazionali e Ambientali, dell’Università degli Studi di Salerno, richiama l’attenzione su una delle conclusioni proposte da Emanuele Corn, docente di diritto penale e ricercatore del Centro Studi “Diritto e Sanità” dell’Università di Pavia nel suo articolo “Responsabilità medica e deficit organizzativi della struttura sanitaria: superare il c.d. scudo penale Covid-19 e migliorare il progetto d’Ippolito”, pubblicato dalla rivista “Archivi Penali” fascicolo n.2 del 23 luglio 2025, sulla eventuale estensione del d.lgs. 231/2001 al comparto della sanità pubblica, (ASL e Aziende Ospedaliere), cui si rimanda per maggiori dettagli.

Nell’interessante contributo si affronta, tra l’altro, il macrotema della responsabilità penale del sanitario per gli errori commessi nell’esercizio della sua attività professionale, puntando l’attenzione su quelli determinati, in tutto o in parte, da fattori riferibili all’organizzazione complessa all’interno della quale egli opera.

Tali organizzazioni, infatti, se da una parte hanno accresciuto esponenzialmente le capacità della sanità di migliorare la salute dei cittadini, dall’altro, se mal governate, possono impedire al sanitario di svolgere al meglio le proprie prestazioni con ricadute infauste per i pazienti.

“Forse è venuto il tempo di (ri)discutere questo tipo di assetti, sostiene il prof. Corn, aprendo un dibattito più approfondito sugli arresti giurisprudenziali di casi certamente eccezionali nella loro drammaticità, ma estremamente utili a comprendere dove si collocano gli angoli ciechi del sistema di attribuzione della responsabilità per i soggetti che ricoprono ruoli di vertice nelle strutture sanitarie.

Presto o tardi, sostiene Corn nella sua analisi, sarà comunque necessario esplorare la possibilità di (ri)coinvolgere nel ragionamento anche la disciplina della responsabilità da reato degli enti prevista dal d.lgs. 231/01, fosse solo allo scopo di precedere nei tempi la politica, prima che sia quest’ultima a imporre ai dibattiti, come sovente accade, i propri calendari.”

“A mio parere, dice Fabrizio D’Alba presidente Federsanità e direttore generale del Policlinico Umberto I di Roma, la normativa 231, dove oggi viene applicata, viene riconosciuto strumento di compliance integrata che favorisce la nascita di una cultura della legalità e della prevenzione del rischio di illeciti all’interno delle imprese. Esso, aggiunge Gennaro Sosto, vice presidente vicario della medesima organizzazione e direttore Generale ASL Salerno, promuove l’adozione e l’efficace attuazione di modelli organizzativi, che diventano un punto di riferimento rafforzato, per la conformità ad altre normative.”

Il Modello 231, o Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (MOG), è un insieme di regole, procedure e protocolli che un’azienda adotta per prevenire la commissione di reati da parte di suoi rappresentanti, dirigenti o dipendenti, esentandola così da responsabilità amministrative.

Con il “231” viene introdotta, infatti, la responsabilità degli enti per alcuni reati specifici, e si mira a creare un sistema di controllo interno che assicuri la trasparenza e la legalità delle attività aziendali.

L’applicazione di un Modello di Organizzazione e Gestione (MOG) secondo il D.Lgs. 231/2001 offre ai datori di lavoro benefici significativi, tra cui l’esclusione o mitigazione della responsabilità amministrativa per reati commessi da dipendenti, il miglioramento della reputazione e dell’immagine aziendale, una maggiore efficienza dei processi e una gestione più efficace dei rischi, l’accesso a finanziamenti agevolati e il potenziale sconto sui premi assicurativi, come quello INAIL.

Il principale vantaggio è la possibilità di esonerare l’ente dalla responsabilità amministrativa derivante dai reati commessi dai propri dipendenti o collaboratori, evitando sanzioni pecuniarie e interdittive previste dal D.Lgs. 231/01. Si proteggono le risorse aziendali evitando i costi legali, le sanzioni e le confische che potrebbero derivare da un processo penale.

Fino ad oggi il D.Lgs. 231/2001 si applica alle strutture sanitarie private (come cliniche, case di cura e farmacie) e, per quelle convenzionate e accreditate con il Servizio Sanitario Nazionale, è addirittura un obbligo per mantenere l’accreditamento, in alcune regioni.

Per le strutture pubbliche, la sua applicazione è discussa e generalmente non prevista, mentre per quelle a partecipazione mista si applica se perseguono fini di lucro. L’adozione di un Modello Organizzativo 231 è fondamentale per prevenire reati che possono portare a sanzioni per l’ente.

Per l’applicazione del predetto modello organizzativo esiste il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio per le strutture sanitarie, provvedimento amministrativo fondamentale che consente a una struttura di operare legalmente nel settore sanitario. Essa rappresenta, come precisa OSMOA, un requisito essenziale per iniziare qualsiasi attività legata alla salute, poiché certifica che la struttura possiede i requisiti minimi indispensabili per garantire la sicurezza, la qualità e l’efficacia delle prestazioni erogate.

Questo processo di autorizzazione è regolato a livello regionale, poiché la sanità è una competenza delle Regioni, anche se esistono normative nazionali che forniscono linee guida comuni, come il D.Lgs. 502/1992 e il DPR 14 gennaio 1997.

L’autorizzazione verifica aspetti fondamentali, tra cui la conformità degli spazi fisici della struttura alle normative igienico-sanitarie e urbanistiche, l’idoneità tecnologica delle attrezzature utilizzate e l’organizzazione interna del personale. Per quanto riguarda i requisiti strutturali, gli ambienti devono essere progettati per minimizzare i rischi per la salute e garantire condizioni igieniche ottimali. Questo include, ad esempio, il rispetto delle normative antincendio, la presenza di percorsi differenziati per pazienti e operatori, e l’adeguamento a standard edilizi specifici per strutture che ospitano soggetti fragili, come anziani o persone con disabilità.

Dal punto di vista tecnologico, l’autorizzazione richiede che le strutture dispongano di apparecchiature idonee, adeguatamente manutenute e certificate, in grado di garantire risultati affidabili e sicuri. Questo è particolarmente rilevante per strutture che offrono prestazioni diagnostiche o terapeutiche, come ambulatori di radiologia o centri di riabilitazione, dove l’utilizzo di apparecchiature obsolete o non conformi potrebbe compromettere la salute dei pazienti.

Anche la sicurezza dei lavoratori è considerata un aspetto prioritario, richiedendo l’adozione di misure specifiche previste dal D.Lgs. 81/2008.

Dal punto di vista organizzativo, l’autorizzazione impone la presenza di personale qualificato, in numero adeguato al volume delle prestazioni erogate. Ogni operatore deve possedere i titoli professionali richiesti per il proprio ruolo, e la struttura deve garantire una formazione continua per mantenere aggiornate le competenze del personale.

Inoltre, è necessaria un’organizzazione interna che assicuri il rispetto delle normative sulla privacy e sulla gestione sicura dei dati sanitari, elementi cruciali per la tutela dei diritti dei pazienti.

Domenico Della Porta
Referente Federsanità per la Salute e Sicurezza sul lavoro.

Domenico Della Porta

03 Settembre 2025

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