Gentile Direttore,
con Sentenza n. 76 del 30 maggio 2025, disponendo in ordine al trattamento sanitario obbligatorio, la Consulta ha dichiarato incostituzionale l’art. 35 della legge n. 833/1978, nella parte in cui non disponeva:
a) la comunicazione al paziente o al suo legale rappresentante del provvedimento del sindaco che dispone il TSO;
b) l’audizione diretta della persona interessata da parte del giudice tutelare prima della convalida;
c) la notifica del decreto di convalida al paziente o al suo rappresentante.
Tale rilevante pronuncia, nel richiamare la centralità della persona che si declina eminentemente nelle garanzie delle libertà e nella tutela della dignità, impone che dette garanzie e specificamente la cennata tutela, siano effettivamente riconosciute e rese fruibili mediante atti concreti e non meramente formali.
Nel testo della sentenza, i giudici costituzionali sottolineano che il provvedimento del sindaco deve essere notificato al diretto interessato e che il giudice tutelare, prima della convalida, deve ascoltare la persona sottoposta a TSO, anche e non solo, per verificare la sussistenza dei presupposti per la liceità dell’atto costrittivo.
Si tratta di un passaggio fondamentale: la presenza di un giudice – percepito come “colui che garantisce”, rappresenta un significativo momento di attenzione e di tutela alla dignità alla persona, specialmente quando questa si trovi in uno stato di profondo smarrimento psichico e sociale.
Richiamando gli atti preparatori della Legge Basaglia, la Corte Costituzionale ricorda come il legislatore e la dottrina, già all’epoca, intendevano affidare al Giudice Tutelare il compito di garantire questo particolare e drammatico momento: “Il legislatore, in questo modo, avrebbe inteso sancire la presa in carico, da parte della volontaria giurisdizione, di un nuovo soggetto, la persona affetta da infermità psichica, non interdetta e non inabilitata, affinché trovasse in questo ambito possibilità di tutela sostanziale e formale”.
Proprio e specialmente su questo punto rischia di ingenerarsi e consolidarsi una prassi a dir poco elusiva delle raccomandazioni dei Giudici Costituzionali.
Alcuni Tribunali, come stigmatizzato da esperti quali il prof. Starace ed il prof. Miravalle, stanno procedendo all’audizione per videochiamata, spesso su un cellulare prestato da un sanitario, con pazienti sedati o non coscienti, in patente violazione del principio che la Corte ha voluto riaffermare: l’ascolto effettivo e reale del soggetto, in un’ottica di garanzia e non di mera formalità.
La effettiva tutela della persona e degli incomprimibili diritti di libertà e dignità, necessitano di strumenti sostanziali e di garanzie formali. Gli atti formali devono, quindi, completare e perfezionare le condotte sostanziali e non sostituirle o vicariarle.
Se il giudice tutelare si limitasse a collegarsi in video, senza entrare in contatto diretto con la persona, non solo svilirebbe il proprio ruolo, apparendo come garante distante e disinteressato, ma svuoterebbe la tutela giurisdizionale di ogni contenuto, inconferentemente aggravando il già complesso iter documentale previsto per dare legittimità al trattamento sanitario obbligatorio.
Il TSO è un atto sanitario ad alta valenza socio-relazionale; in esso la coercizione della volontà della persona deve trovare giustificazioni che non possono non essere assoggettate al vaglio giudiciale.
Valutare tali elementi da remoto, senza entrare in relazione intersoggettiva col paziente ed eventualmente con gli altri componenti della relazione di cura (medici e familiari), non consente l’assunzione di validi elementi di giudizio ed esporrebbe il Magistrato ad errori di valutazione incrementando la possibilità di abusi o di cronicizzazione dei ricoveri non necessari.
Inoltre, il diffuso utilizzo della sedazione rende spesso l’interlocuzione impossibile sul piano oggettivo ed inefficace su quello giudiziario.
Non è certamente ipotizzabile che l’audizione oltre che da remoto avvenga anche con paziente sedato. In tali casi il Magistrato non mancherà di differire il proprio intervento di garanzia.
Come suggerito dalla dottrina e ora imposto dalla Giurisprudenza Costituzionale, la figura e l’ufficio del Giudice Tutelare dovranno conformarsi alle nuove esigenze di tutela in ambito sanitario e non solamente nel procedimento di validazione del trattamento sanitario obbligatorio.
La figura del Giudice Tutelare, già passata da quella di garante del patrimonio della persona a quella di tutore della dignità della persona, entra di diritto nel novero dei professionisti che partecipano alla relazione di cura. Invero tale nuovo ruolo fu previsto nel 2017 dalla Legge 219 laddove, all’art. 3, comma 5, si prevede che il Giudice Tutelare intervenga, ancora una volta quale garante della dignità della persona malata e fragile, a dirimere i contrasti tra paziente, legali rappresentanti ed equipe sanitaria.
Insistendo ancora sulle questioni connesse all’audizione in corso di ratifica del TSO, parrebbe superfluo ricordare che essa dovrà avere la natura di relazione personale intersoggettiva e diretta, dovendosi configurare come atto di prossimità e tutela in contrasto con ogni diversa logica di difficoltà o inefficienza amministrativa.
Occorre quindi un cambio di paradigma con una nuova organizzazione dei servizi che consenta al giudice tutelare di recarsi fisicamente nei luoghi di cura, così come previsto, in analoghe situazioni di limitazione della libertà personale, per il giudice penale.
C’è da augurarsi che il CSM voglia anche valutare la necessità di specifica formazione dei Giudici Tutelari nelle fasi di interazione con il mondo sanitario così come avvenuto in passato attraverso la cooperazione con i servizi sociali.
Pasquale Giuseppe Macrì
Direttore Dipartimento di Medicina Legale e di Tutela dei Diritti in Sanità, Azienda Sanitaria Sud Est Toscana