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Rsa di Sacile. Cgil-Cisl-Uil contro la riconversione in reparto Covid

Il progetto prevede, in caso di necessità, la temporanea trasformazione del servizio in reparto covid. Per Romano (Fp Uil) “certamente un reparto Covid è d’obbligo, ma lo devi fare senza penalizzare 28 posti letto in una Rsa”.  Iodice (Fp Cgil): “Si contraddice con tutto quello che è emerso in questi mesi e cioè che il territorio va potenziato”. Ma l’Azienda sanitaria difende il progetto e, anche davanti al prefetto di Pordenone, ribadisce che la soluzione di Sacile resta la migliore.

27 LUG - Fanno discutere le scelte dell’Azienda Sanitaria Friuli Occidentale di Pordenone (ASFO). Oltre alle polemiche per i tagli sul personale e la mancanza di un piano ferie, i sindacati del comparto, attraverso lo sciopero generale del 24 luglio scorso, hanno rimesso sotto i riflettori le carenze strutturali dell’Azienda Sanitaria di Pordenone e i dubbi in merito alla conversione di una RSA di Sacile che, o tutta o in parte, qualora si dovesse ripresentare la pandemia, sarebbe destinata a diventare un reparto Covid.

“Continuiamo ad essere contrari ad ipotesi di smantellamento della RSA di Sacile, anche se c’è chi rassicura – sottolinea Emanuele Iodice, FP CGIL - che se ci sarà la chiusura, vi sarà altresì  l’impegno poi di riattivarla appena arginata l’emergenza Covid. In realtà, in questo modo si cerca di nascondere la gravità di una scelta che impone la chiusura di un servizio fondamentale di sanità territoriale per rispondere ad un’altra esigenza sanitaria. Si tratta di un precedente gravissimo che contraddice con tutto quello che è emerso in questi mesi e che cioè, al contrario di quanto si apprende, bisogna potenziare il servizio sanitario territoriale e non tagliarlo o riconvertirlo”.

La questione che riguarda la Rsa di Sacile, gestita interamente da una cooperativa, sta facendo discutere perché in cantiere non ci sarebbe la realizzazione di un reparto Covid ex novo, ma piuttosto la riconversione della stessa RSA in un reparto Covid, penalizzando quindi il servizio con l’eliminazione di ventotto posti letto.

“Certamente un reparto Covid è d’obbligo e a dirlo sono le norme ministeriali – spiega Bruno Romano, Fp Uil – ma se lo fai, lo devi fare senza penalizzare ventotto posti letto in una RSA che sta svolgendo un servizio di prim’ordine a livello territoriale. Ergo, noi siamo d’accordissimo che venga organizzato un reparto Covid nella provincia di Pordenone, senza però togliere un servizio ai cittadini. Questi pazienti che da “domani” non potranno più essere ricoverati nella struttura di Sacile, dove li accogliamo? Resteranno a carico dei loro famigliari che a loro volta dovranno farsi carico di permessi, ferie e quant’altro da parte delle aziende dove lavorano. Questa conversione creerà un reparto Covid ma ci manca l’ultima parte. Come verranno gestiti quei posti letto in meno? Saranno caricati ancora una volta a discapito delle famiglie che nell’eventualità dovranno arrangiarsi nella gestione del proprio familiare?”.

ASFO, nell’ultimo incontro davanti al Prefetto di Pordenone, Maria Rosaria Maiorino, ha ribadito le risultanze di un proprio studio interno secondo il quale la soluzione di Sacile resta quella più plausibile in termine di sicurezza.

Endrius Salvalaggio

27 luglio 2020
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