Pma e Consulta, ora tocca al Parlamento superare la legge 40
di Marco Furfaro
Con la sentenza n. 68/2025, la Corte Costituzionale compie un nuovo passo verso l’uguaglianza. Una decisione storica che dichiara incostituzionale la parte della legge 40 che escludeva la madre non gestante dal riconoscimento immediato del figlio. Nello stesso giorno, con la sentenza n. 69, la Consulta conferma il divieto di accesso alla PMA per le donne single ma rimette la palla al Parlamento, chiamato ora a colmare un vuoto legislativo ventennale. Dopo anni di battaglie giudiziarie, la politica è chiamata a fare la propria parte
23 MAG -
Ci sono voluti oltre vent'anni, svariate sentenze della Corte Costituzionale e migliaia di storie di dolore, resistenza e coraggio per riportare, anche se solo in parte, la procreazione medicalmente assistita in Italia entro i confini della Costituzione. E ieri, con la sentenza n. 68/2025, la Consulta ha compiuto un altro passo fondamentale: riconoscere, alla nascita, i figli delle coppie lesbiche nati all’estero con fecondazione eterologa.
Una svolta che dice con chiarezza che la genitorialità è fatta di amore e responsabilità. Che famiglia è dove ci si prende cura, non dove si rispettano schemi ideologici imposti.
La Corte ha dichiarato incostituzionale l'articolo 8 della legge 40, nella parte in cui non consente alla madre non gestante di riconoscere il proprio figlio alla nascita. Una norma crudele che ha costretto per anni migliaia di famiglie a ricorrere ai tribunali per ottenere quello che dovrebbe essere ovvio: il diritto dei bambini ad avere due genitori fin da subito, senza dover passare per l'adozione in casi particolari. Una discriminazione che colpiva in primis i minori, negando loro tutele e certezze solo per pregiudizio verso l'orientamento sessuale delle madri.
Ma c'è di più. Con la sentenza n. 69, pubblicata sempre ieri, la Corte Costituzionale ha aperto un’altra porta importante: se da un lato ha ritenuto legittimo precludere l’accesso alla PMA alle donne single, dall’altro ha affermato che è il Parlamento a poter e dover decidere se e come intervenire.
Tradotto: è la politica, ricorda la Consulta, che deve assumersi le proprie responsabilità.
La verità è che la legge 40 è una delle norme più ideologiche, ingiuste e contestate della storia repubblicana. Scritta per ideologia più che per tutelare la salute, è stata sconfessata più volte dalla scienza e dalla nostra stessa Corte costituzionale. Ha creato diseguaglianze, alimentato il turismo riproduttivo, ostacolato il lavoro dei medici e umiliato le persone.
Ecco perché, abbiamo presentato una proposta di legge per superare definitivamente la legge 40 e costruire finalmente una normativa giusta, laica, rispettosa della scienza, della Costituzione e dei diritti.
La nostra proposta prevede l’accesso alla PMA per tutte le persone maggiorenni in età fertile, senza discriminazioni legate all’orientamento sessuale o allo stato civile. Tutela giuridicamente i figli nati con tecniche di fecondazione assistita. Riconosce le competenze delle figure sanitarie coinvolte. Stabilisce norme chiare per la donazione di gameti ed embrioni. E rafforza il diritto all’autodeterminazione della persona e alla tutela della salute riproduttiva.
Oggi è il momento di agire. Non possiamo più lasciare che siano i giudici a colmare i vuoti della politica. Non possiamo più accettare che la salute riproduttiva sia ostaggio di visioni retrograde che negano diritti, discriminano famiglie e ostacolano la libertà delle donne.
La Corte ha fatto la sua parte. Ora tocca al Parlamento. Perché in gioco non c'è solo una legge: c'è la possibilità di costruire un Paese più giusto e più libero.
Noi siamo pronti a farlo. Per questo chiediamo alla maggioranza di discuterne in Parlamento: ci sono persone e coppie che aspettano da 21 anni e che non possono rimanere in ostaggio della propaganda e dell’ignoranza.
Marco Furfaro
Capogruppo in commissione Affari Sociali alla Camera e componente della segreteria PD
23 maggio 2025
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