“La sperimentazione della farmacia dei servizi, finanziata con risorse aggiuntive dal Ministero della Salute e che, al termine di un quinquennio,
è in fase di valutazione per potersi inserire stabilmente come servizio”. A dirlo il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, in audizione alla Camera alla Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica.
La farmacia diviene in tal senso un presidio sanitario del distretto, nodo di prossimità di una rete costituita dalle case della comunità, dagli ospedali
di comunità, dalla rete dell’assistenza primaria, integrati dalla regia delle Centrali Operative territoriali. La capillarità delle farmacie, presenti in aggregati di 3.000 assistiti, permette infatti di erogare servizi di supporto alla corretta presa in carico, di valutazione dello stato di compenso della cronicità e di aderenza alla terapia che hanno, come obiettivo ultimo, il guadagno di salute e la qualità della vita della popolazione più anziana, spesso affetta da patologie croniche, misurabile attraverso un minor ricorso all’ospedalizzazione e al pronto soccorso per queste fasce di età. In definitiva, la sanità di prossimità non è solo una questione di logistica o tecnologia. È un vero e proprio cambio di paradigma, che pone la persona al centro e valorizza la relazione, l’ascolto e il coinvolgimento del tessuto sociale. E la sanità digitale, in questo contesto, diventa un alleato indispensabile per rafforzare e rendere più efficiente questo nuovo modello”.
Nel corso dell’audizione, Gemmato ha spiegato che “la sperimentazione della farmacie dei servizi si inserisce nella visione di una centralità, nelle politiche sanitarie, del concetto di ‘prossimità”. Una attitudine “che può essere vista sotto tre diverse prospettive. La prima è quella della posizione fisica, ovvero portare l’assistenza nei luoghi di vita e di lavoro delle persone, attraverso servizi territoriali e domiciliari. La seconda è la postura, cioè il modo in cui si eroga la cura: un atteggiamento che implica ascolto, conoscenza profonda dei bisogni – anche di quelli che non si trasformano in richieste esplicite – e maggiore equità. La terza è costituita dalla partecipazione, che coinvolge la società civile, le associazioni, il Terzo settore e tutte le risorse presenti sul territorio, per costruire un sistema più condiviso e comunitario”.
Parlando di transizione demografica e del bisogno di assistenza soprattutto per la popolazione anziana, Gemmato ha ricordato le norme messe in campo per promuovere “una modalità di intervento multiforme, basata sul lavoro d’équipe e sull’integrazione dei punti di vista, attraverso il confronto tra professionalità differenti, in particolare provenienti dall’ambito sociale e da quello sanitario, che lavorano in maniera congiunta alla valutazione e al trattamento dei bisogni assistenziali complessi che richiedono un’assistenza multidimensionale, continuativa e integrata. In questo fondamentale cambio di passo per la tutela e il benessere delle persone anziane, si punta sempre più sulle cure domiciliari e territoriali, per ridurre ospedalizzazioni e costi, mantenendo gli anziani il più possibile nelle loro case. Si tratta di un cambio di paradigma impresso dal Ministero della Salute, che ha finalizzato a questo scopo le risorse messe a disposizione dal PNRR. L’obiettivo di garantire interventi domiciliari per almeno il 10% degli assistiti over 75 risponde a questa visione strategica e ha portato a un significativo aumento nell’erogazione di prese in carico domiciliare, anche grazie allo sforzo, ancora da completare, di integrazione fra ambito sociale di competenze dei comuni e ambito sociosanitario delle ASL. In questo senso un ulteriore elemento centrale nelle politiche sanitarie è costituito dal concetto di “prossimità”. In quest’ottica il Servizio Sanitario è chiamato a fare uno sforzo ulteriore per garantire a queste categorie un’assistenza più vicina e accessibile”.