Speranza (PD): “Durante la pandemia del Covid la salute era la priorità e le risorse arrivavano. Ora siamo ritornati indietro”

Speranza (PD): “Durante la pandemia del Covid la salute era la priorità e le risorse arrivavano. Ora siamo ritornati indietro”

Speranza (PD): “Durante la pandemia del Covid la salute era la priorità e le risorse arrivavano. Ora siamo ritornati indietro”
L’ex Ministro alla Salute Roberto Speranza ricorda l’evento pandemico che lo ha visto immergersi ad affrontare l’emergenza sanitaria, quando i fondi per risolvere un evento emergenziale importante arrivavano in modo più cospicuo in poco tempo. Ed osserva come oggi vede lontano quel periodo dal punto di vista di attenzione relativamente alle necessarie risorse economiche che dovrebbero sempre essere investite per la Salute pubblica per tutti i cittadini, come se la lezione della pandemia fosse stata dimenticata.

“Sono molto molto preoccupato – ha spiegato Speranza -, la mia impressione è nella sostanza che la lezione del Covid l’abbiamo piuttosto rimossa, il chè è compressibile sul piano individuale, perché il piano individuale è un piano psicologico ed è naturale che una persona vuol mettersi alle spalle i momenti più brutti. Siccome la stagione del Covid non è stata una stagione bella per nessuno di noi, è stata una stagione di privazioni, rinunce e anche di perdite, e naturale e comprensibile che sul lato psicologico le persone individualmente vogliono rimuoverlo”. 

“Credo sia molto sbagliato – ha proseguito il deputato – immaginare che un Paese rimuova una lezione, perché rimuovere una lezione è il modo peggiore di prepararsi a un futuro. Ricordo quegli anni difficili, e ricordo che quando dicevamo mai più tagli, mai più disinvestimenti, mai più ‘Sanità cenerentola’, non mi parevano le parole di un ministro sempre pro tempore, ma mi pareva l’impegno di un Paese che aveva preso uno schiaffo senza precedenti, e che di fronte a quello schiaffo però diceva ‘voglio imparare da questa lezione’. Pensavo che dentro le macerie del Covid almeno nascesse un fiore, e che il fiore poteva essere la consapevolezza che il servizio sanitario nazionale fosse la cosa più preziosa che abbiamo”.  

“Nella legge finanziaria 2020, fatemene dire una, arrivo in Consiglio dei ministri con una proposta di quasi mezzo miliardi di euro sull’indennità di esclusività dei medici, che non veniva toccata da 13 anni, e un po’ più di 400 milioni di euro per inserire, non esisteva nel nostro Paese, l’indennità di esclusività per gli infermieri. C’è una lunga battaglia tra il ministro della Salute e quello dell’economia, perché il primo chiede più risorse, mentre il secondo parla di perdita di risorse. In quel momento percepivo che la mia voce era fortissima, la salute era la priorità nella testa delle persone, e le risorse arrivavano. E’ vero che scendeva il PIL, ma l’ammontare di risorse ordinarie e straordinarie che sono arrivate in quel momento, non si è mai visto, e ahimè, chiusa la parentesi del Covid, siamo ritornati indietro”. 

“Vi basti pensare che in quegli anni arriviamo a 7.4% in relazione al PIL e in più ci sono stati quasi 20 miliardi di fondi straordinari del PNRR in un colpo solo, più i fondi ordinari. Chiusa però la fase dell’emergenza mi sono accorto è cominciata una fase di disinvestimento. Qual’è il nodo di oggi: in Italia, non perché cambia la costituzione e l’articolo 32 che resta esattamente quello che era, non perché cambia la legge 833 del 1978 che ha istituito il SSN, ma nella vita reale delle persone noi siamo vicinissimi dal cambio di modello. Nel mondo con del grigio in mezzo ci sono sostanzialmente due modelli, uno è quello definito dall’art. 32 della costituzione e dalla legge 833 del ‘78, che è il modello dell’universalità, cioè di fronte il diritto alla salute non conta quanti soldi hai, dove sei nato, di chi sei figlio, il colore della tua pelle, per il solo fatto che per essere umano individuo hai diritto ad essere curato. Questo è il modello italiano, con limiti si, è la realtà concreta, distante, ma la tendenza del nostro sistema va in quella direzione. E’ l’unico modello nel mondo? No. Ci sono altri modelli anche in Paesi molto importanti del mondo in cui non c’è l’universalità, ma c’è un modello che sostanzialmente è assicurativo e mutualistico”. 

“La mia preoccupazione che mi porta a fare una battaglia civile e culturale, prima ancora che politica, è che in Italia, in questo momento, e non sulle carte, ma sulla sostanza delle esistenze reali e concrete delle persone del nostro Paese, sta cambiando il modello. Perché se tu cerchi una risposta a un bisogno di salute e il Ssn non c’è la fa, e sei costretto a trovare un’altra strada se te lo puoi permettere, come fanno ogni giorno milioni di persone purtroppo, nella tua esistenza sta cambiando il modello. Stiamo parlando del cuore del nostro patto sociale, che ha un suo peso importantissimo, del cuore del nostro stare insieme come comunità nazionale. Per questo penso che dobbiamo mettere questo punto al centro della nostra agenda, penso sia una battaglia importante per il futuro del nostro Paese. Quando si parla di welfare inoltre, si deve parlare di fisco. Perché un welfare universalistico si ha se hai un sistema fiscale equo e progressivo. Se smantelli il sistema fiscale con modelli continui e variegati, la conseguenza è che non reggi più il sistema di welfare universalistico. Prima o poi bisognerà avere il coraggio di affrontare questo altro punto del tema, che mi rendo conto essere politicamente molto delicato” – ha concluso Speranza. 

Elisabetta Caredda

29 Ottobre 2025

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