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Roma. San Camillo, intervento robotico salva utero, vagina e vescica: donna torna a vivere dopo grave complicanza da cesareo

Tutto inizia in un altro ospedale romano, dove la donna era ricoverata per un cesareo programmato. Durante l’intervento eseguito in anestesia peridurale, qualcosa non va per il verso giusto.  La TAC mostra un grave danno degli ureteri e la pelvi della donna è ridotta a un’unica cavità in cui confluiscono utero, vescica e vagina, lacerati dall’intervento. Dopo un intervento al San Camillo, oggi a sei mesi di distanza dalla prima operazione ha ripreso una vita normale, senza bisogno di ulteriori interventi o terapie.

07 MAG - Un intervento di altissima complessità, condotto con chirurgia robotica, ha permesso a una donna trentenne, madre di due figli, di tornare a una vita normale dopo una grave complicanza seguita a un parto cesareo. È successo all’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma, dove l’équipe di Chirurgia Urologica diretta da Paolo Emiliozzi è riuscita a risolvere un caso considerato da diversi specialisti “al limite dell’inoperabilità”.

Tutto inizia in un altro ospedale romano, dove la donna era ricoverata per un cesareo programmato. Durante l’intervento eseguito in anestesia peridurale, qualcosa non va per il verso giusto. Sedata d’urgenza, la donna si risveglia in terapia intensiva in stato settico, con due tubi di drenaggio per le urine che fuoriescono dal fianco. La TAC mostra un grave danno degli ureteri (i sottili e delicati canali che connettono i reni alla vescica) e la pelvi della donna è ridotta a un’unica cavità in cui confluiscono utero, vescica e vagina, lacerati dall’intervento. La giovane donna viene dimessa con le due nefrostomie, incontinenza urinaria completa attorno al catetere e, ancora peggio, senza programmi di cura.

Passano tre mesi di vero e proprio calvario: dopo aver interpellato numerosi specialisti che escludono la possibilità di un intervento risolutivo, a ottobre dello scorso anno, la donna si rivolge al San Camillo, dove l’équipe di Urologia guidata dal Paolo Emiliozzi decide di procedere con una chirurgia esplorativa robotica, tecnologia già consolidata presso il grande nosocomio romano e particolarmente indicata per operare in spazi ridotti con estrema precisione.

Durante l’intervento, durato sei ore, l’équipe si trova davanti a un’anatomia completamente sovvertita, con infiammazioni diffuse e gravi aderenze dovute al contatto prolungato degli organi con le urine che fuoriuscivano internamente. La prima ricostruzione riguarda l'utero: grazie alla collaborazione intraoperatoria di Giovanna Salerno, primaria della Ginecologia e Ostetricia, l’organo viene riparato e salvato.

Segue il delicato distacco della vescica dalla vagina, i cui tessuti erano fusi tra loro. L’intervento ha richiesto due ore di lavoro minuzioso con l’ausilio del robot, che ha consentito di ricostruire e riparare i tessuti gravemente danneggiati. Durante lo stesso intervento viene ricollegato l'uretere sinistro alla vescica, mentre il destro, non individuabile a causa delle cicatrici, rimane drenato esternamente.

A tre mesi dal primo intervento, la paziente torna a urinare spontaneamente. Viene pianificato un secondo intervento per recuperare il secondo uretere: il tratto del condotto ancora funzionante viene mobilizzato e reimpiantato sulla parte superiore della vescica.

A sei mesi dal primo intervento, la donna ha potuto rimuovere definitivamente tutti i drenaggi. Oggi ha ripreso una vita normale, senza bisogno di ulteriori interventi o terapie.

“Si è trattato di un caso limite – spiega Emiliozzi – che ha richiesto competenze multidisciplinari e l’uso della chirurgia robotica ai massimi livelli. La possibilità di ridurre i movimenti a 1/6 rispetto a quelli della mano umana ci ha permesso di intervenire in uno spazio anatomicamente devastato, salvando organi vitali. Ma la più grande soddisfazione è stata restituire il sorriso dopo tanti mesi ad una giovane mamma”.

07 maggio 2025
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