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Lazio. Smi e Fvm: “No all’accorpamento di RmB e RmC. Le differenze organizzative tra le due strutture sono enormi”

Il sindacato dei medici italiani e la Federazione medici e veterinari attaccano la decisione dei vertici regionali: “Sarebbe estremamente dannosa la gestione monocratica di una singola Asl delle dimensioni demografiche superiore alle intere città di Milano e Napoli a gestione manageriale unica”. Chiesto incontro a Zingaretti.

27 LUG - Il sindacato dei medici italiani (Smi) e la Federazione medici e veterinari (Fvm) riferiscono che “siamo venuti a conoscenza di una inattesa accelerazione dell’accorpamento delle Asl RmB ed RmC”. In proposito ribadiscono di non credere in un efficientamento della sanità regionale tramite un intervento di questo genere, soprattutto per “le dimensioni delle due Asl che, insieme, avevano una popolazione di circa 1.191.293 nel 2000, diventata nell’ultimo dato statistico disponibile di 1.304.146 (740000 RmB, 564146 RmC) , senza tenere conto di immigrati, residenti temporanei, popolazione nomade presente in città (35 % nella sola RmB) e studenti che vengono ad abitare per periodi più o meno lunghi nella Capitale e necessitano, comunque, di assistenza sanitaria”.

Un dato che, sottolineano i due sindacati, “associato alla drastica riduzione di posti letto e di strutture sanitarie pubbliche di circa il 50% negli ultimi 15 anni, con gravi ricadute su un territorio ancora non attrezzato adeguatamente alla ricezione dei pazienti, con inevitabili conseguenze sulla salute della popolazione, rende chiaramente l’idea di quanto possa essere dannosa e pericolosa la gestione monocratica di una singola Asl delle dimensioni demografiche superiore alle intere città di Milano (1.300.000) e Napoli (900.000) a gestione manageriale unica (Direttore Generale)”.

Per Smi e Fvm bisogna, inoltre, tener presente “le enormi differenze organizzative esistenti fra le due Asl che, negli anni, sono state governate da differenti Direttori Generali. Attualmente le due aziende sono impegnate nell’attuazione degli atti aziendali con una riorganizzazione in atto, quindi, di Unità operative e relativi incarichi dirigenziali. E’ dunque verosimile che nelle due aziende si stia assistendo ad accelerazioni diverse con la possibilità di trovarsi, dunque, di fronte a situazioni chiaramente disparate”.

Il quadro tracciato dai due sindacati non è certo incoraggiante. “Da una parte, dirigenti con incarichi triennali già assegnati e, dall’altra, dirigenti ancora in attesa di una attribuzione certa dell’incarico così come previsto delle norme. Una situazione di questo tipo determinerebbe una evidente discriminazione di una parte della dirigenza che ha avuto il solo demerito di trovarsi nell’azienda ‘sbagliata’ durante l’accorpamento senza alcuna possibilità di poter successivamente vedere definito il proprio incarico dirigenziale”.

Nel complesse tale situazione “penalizzerebbe la dirigenza, sanitaria e non, in nome di un accorpamento di cui ancora non si comprendono né le ricadute positive sull’assistenza sanitaria, né gli effetti positivi sulla spesa che, anzi, inizialmente verrebbe incrementata da tutti i costi diretti ed indiretti legati alla fusione. Se poi si pensa che anche le direzioni generali ridotte da due ad una non rappresentano in realtà un ‘risparmio’, perché tutti i dirigenti attualmente impegnati sono già un costo per il Ssn che verrebbe comunque mantenuto nel tempo, ci si chiede sulla base di quale valutazione di opportunità la politica regionale stia decidendo su – conclude la nota - una accelerazione che non sembra avere basi razionali convincenti”.

27 luglio 2015
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