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L’ospedale di Cremona, quale destino?

di Pietro Cavalli

30 MAG -

Gentile Direttore,
è importante la dichiarazione dell’assessora al Welfare (sanità) di Regione Lombardia: “Ci impegniamo affinchè ogni ospedale situato in ogni capoluogo di provincia sia dotato di un Dipartimento Emergenza Accettazione  di secondo livello (DEA)”.

Beh, ci siamo quasi, visto che per una regione che di capoluoghi ne conta dodici ci sono già 16 DEA di secondo livello. L’ultimo, quello di Mantova, è stata individuato probabilmente su base empatica, visto che non sono note analisi dei flussi, valutazioni sui dati epidemiologici, riflessioni sulla copertura del territorio, bacino di utenza, mobilità in uscita verso Verona e Reggio Emilia.

A questo punto in Lombardia solamente Cremona e Lodi rimangono prive di un ospedale sede di DEA di secondo livello. E Cremona lo rimarrà per sempre, visto che l’ospedale Maggiore di Cremona, costruito nel 1973 e definito a quel tempo il più moderno d’Italia sta per essere sostituito da un ospedalino di campagna, un nuovo edificio per il quale l’unica cosa certa è il costo della struttura muraria (280 milioni di euro), mentre manca del tutto il finanziamento per le attrezzature e quindi nessuno ha ancora capito con quali reparti,  attività , organizzazione verrà riempito.

Da tempo ci si interroga sui motivi che hanno portato la Regione a decidere di abbandonare al suo destino l’ospedale attuale e di costruire, appena di fianco, una nuova, piccola struttura adibita ad assistenza ospedaliera non meglio specificata. Le uniche informazioni riguardano infatti il numero di posti letto, più che dimezzato rispetto all’attuale.

Tutto il resto è avvolto nel mistero. Non è noto neppure il destino dell’Ospedale esistente, monoblocco perfettamente funzionante e  costituito da almeno 85.000 metri quadri con una volumetria pari a 300.000 metri cubi esclusi i sotterranei, i magazzini, le palazzine.  A giustificazione di una scelta che nessuno riesce a comprendere è stata sottolineato che l’ospedale attuale non rispetta le norme antisismiche, peraltro in una zona a basso rischio e nella quale  più del 99,9% di tutte le costruzioni di rilievo sanitario e sociale dovrebbero venire abbandonate oppure demolite e ricostruite a norma. Più di recente l’assessorato alla sanità lombardo  ha  motivato le proprie scelte con la necessità di avere una struttura “ecosostenibile”. 

Che poi nessuno abbia compreso cosa si celi dietro l’impiego del termine “ecosostenibile” è un fatto secondario e che forse non riguarda la totalità delle altre scelte regionali. Comunque, al di là dei dettagli d’immagine, è opinione diffusa che in ospedale ci si vada di solito per essere curati e che una struttura dotata di servizi avanzati sia meglio di una pur degnissima RSA. Appare quindi preoccupante la decisione regionale di ridimensionare l’attività dell’ospedale di Cremona: alla riduzione dei posti letto corrisponde necessariamente la riduzione del personale di assistenza e dei servizi, mentre l’incertezza sulla dotazione strumentale rende difficile immaginare l’operatività della nuova struttura.

In sintesi: Regione Lombardia  decide che a Cremona l’attuale ed efficiente ospedale sta per compiere 50 anni e quindi deve essere sostituito da un nuovo ospedalino, proprio di fianco all’esistente. Peccato che si decida di costruire un nuovo edificio senza che nessuno sappia quali saranno le sue funzioni, i reparti, l’organizzazione. Peccato che il finanziamento disponibile riguardi il contenitore e non il contenuto.

Peccato che, anche a fronte della recente esperienza  pandemica che ha mandato in crisi l’attuale nosocomio, il numero di posti letto sia più che dimezzato rispetto all’esistente. Peccato che nessuno conosca il destino della attuale ed efficiente struttura (demolizione? altra destinazione? malora?).  Peccato che la riduzione dei posti letto favorisca nei fatti solo ed esclusivamente la sanità privata. Peccato rinunciare ad un ospedale vero e doversi accontentare di un ospedalino. Peccato che gli interventi regionali, almeno nel cremonese, si riducano ad iniziative che favoriscono l’edilizia e  depotenziano la sanità ospedaliera.

Peccato riscontrare invece un’assoluta indifferenza nei confronti dei giganteschi problemi sanitari associati al fatto che Cremona è la seconda città con l’aria più inquinata d’Europa e che nessuno, ATS in primis, si preoccupi di monitorarne le conseguenze a livello sanitario. Peccato che nessuno pensi ad aggiornare i dati del registro tumori, fermi a quasi dieci anni fa. Peccato che nessuno si preoccupi  del fatto che parte della città galleggia sul petrolio di una raffineria e delle conseguenze sanitarie che questo comporta. In compenso, visto che mancano medici e infermieri,  ci si propone di sostituirli con le farmacie, la telemedicina, l’intelligenza artificiale.

No, non si tratta di un film di Checco Zalone. E’ tutto vero e registrato in un intervento pubblico tenuto dall’Assessorato al Welfare (sanità) di Regione Lombardia presso la Sala Quadri del Comune di Cremona il 27 maggio 2022.  

Pietro Cavalli

Medico

 



30 maggio 2022
© Riproduzione riservata

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