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Garantire il diritto alla cura dei più fragili

di Antonio d’Angiò 

19 SET - Gentile Direttore,
ci sono notizie che aiutano a capire la realtà più di un convegno scientifico. E fanno pensare. Come quella che arriva da una ASL della Campania, per l’esattezza la Napoli 1. I fatti sono, allo stesso tempo, semplici e incredibili. Un signore di 71 anni è affetto da tempo da due gravi patologie neurologiche invalidanti e degenerative, supera con successo delicati interventi neurochirurgici ma ha bisogno assoluto di terapie riabilitative con tre sedute a settimana. Per 10 anni va tutto bene. Ma a luglio il suo medico prescrittore gli dice che i soldi non ci sono e, sullo stile di un’offerta da supermercato, gli dice che deve scegliere: due sedute settimanali per 10 mesi oppure tre sedute settimanali per 6 mesi. Già questo basterebbe per gridare allo scandalo. I

l paziente, sotto ricatto come dice lui, accetta due sedute per 10 mesi. Ma poi si accorge che la ASL non ha mantenuto neanche l’offerta al ribasso ed ha concesso solo due sedute settimanali per 6 mesi. A quel punto decide, per avere cure indispensabili per la sua salute, di denunciare i fatti reclamando ciò che gli è dovuto per legge. Fine della cronaca.

La prima cosa che balza agli occhi è quella di un medico (non un ragioniere) che invece di valutare i bisogni dell’ammalato valuta prioritariamente i conti della ASL, secondo un discutibile criterio di sostenibilità. Getta nel cestino il giuramento di Ippocrate e abbraccia quello di San Matteo, protettore dei contabili. Ma la valutazione medica deve essere autonoma, veritiera, con il fine esclusivo del benessere del paziente. Immaginiamo un medico che dice al paziente "dovresti prendere l’antibiotico per sei giorni però non ci sono i soldi quindi prendilo per tre giorni”. Impossibile. Questo diventa però possibile per la riabilitazione, in particolare, neurologica e psichica.

Una sola considerazione: la riabilitazione, in generale, è la cenerentola del nostro sistema sanitario, nonostante ne sia il terzo pilastro assieme a prevenzione e cura. Il tutto in un mare di indifferenza. Perché? Come siamo arrivati questo punto? E, soprattutto, come invertire la direzione?

Innanzitutto, esiste una enorme deficit di formazione. Quando si parla di riabilitazione si pensa sempre a quella fisica, si ignora in che misura per i malati psichici, sensoriali e neurologici la riabilitazione sia indispensabile, non per ricominciare a camminare dopo una frattura del femore (cosa fondamentale sia chiaro) ma per vivere. Si ignorano i progressi fatti in questo campo. Si arriva persino a negare, l’abbiamo vissuto personalmente in Campania, la c.d. continuità terapeutica, ossia la base più elementare perché la riabilitazione abbia efficacia. Ecco perché sarebbe importantissimo che il personale, tanto più se dirigente, che opera in questo settore sia formato, abbia le conoscenze che servono per decidere.

C’è un altro motivo, ancora più triste. I pazienti con queste patologie non contano nulla. Sono i più fragili, quasi mai hanno la possibilità di battersi per i loro diritti. Lo fanno le loro famiglie, ma fiaccate da una vita quotidiana spesso insostenibile che hanno come ultima chance il ricorso alla magistratura. Dovrebbero farlo i medici, gli operatori del SSN, i centri accreditati che li curano. Ma spesso questo mondo è come un limbo dove ogni torto subito è un torto che non costa nulla a nessuno, tranne a chi soffre di più.

C’è una mentalità di accettazione anche da parte dei centri, spesso c’è il torpore supino dell’accontentarsi dove ci sarebbe bisogno di battersi. Su tutto poi c’è il nuovo Dio, quello del risparmio. Pazienti con gravi patologie disabilitanti, cerebropatici, devono essere mandati in RSA, dove non possono essere curati. Più la ASL lo fa e più dimostra che è brava a risparmiare qualche euro. La bravura non è nel dare salute ma nel toglierla.

È triste poi che a farlo siano addirittura dei medici. L'idolatria del risparmio stupido, perché significa spese maggiori con l’aggravarsi delle patologie, è figlio anche della mancata programmazione. Ogni anno, in Campania ma penso anche altrove, a settembre finiscono i fondi pianificati. Ogni anno. Ovvero non si programma nulla. Niente indagini epidemiologiche, come richiesto dalla legge. Si assegnano i fondi per spesa storica e non per fabbisogno, ovvero per popolazione. E così cresce lo scandalo della sperequazione tra territori.

A Salerno, per fare un esempio, ci sono distretti con una spesa pro capite per la riabilitazione che è sei volte quella di un altro distretto. I più deboli tra i deboli, come vengono spesso definiti questi malati, soffrono non solo delle loro malattie ma anche dell'indifferenza dei più.

Allora chi ha più coscienza deve dare inizio a un dibattito, un confronto deciso, porre una domanda di cambiamento vero ed autentico. Basta silenzi colpevoli. E che le parole si trasformino in fatti, leggi, tutele, diritti. Primo tra tutti quello di essere curati. Non è più, non può più essere, il tempo del silenzio complice.

Prof. Antonio d’Angiò
Psichiatra, Psicoanalista, Gruppoanalista. Già primario ospedaliero di Psichiatria e Direttore di DSM

19 settembre 2023
© Riproduzione riservata

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