L’Anagrafica nazionale vaccinale, risorsa strategica di fondamentale importanza e il ruolo delle professioni inferimeristiche
di Emilio Cariati
16 GIU -
Gentile Direttore,
le vaccinazioni rappresentano il fondamento delle attività di prevenzione; tuttavia, per garantirne un’efficace esecuzione, è necessario adottare procedure più snelle e, soprattutto, promuovere una coesione tra tutti gli operatori sanitari. L’anagrafica regionale, attualmente utilizzata come riferimento, deve essere costantemente aggiornata e condivisa da tutti i professionisti del settore sanitario, in particolare dai pediatri e dai medici di medicina generale che, insieme al dipartimento di prevenzione, costituiscono la rete di protezione contro tutti gli agenti infettivi, tutelando la popolazione da eventuali rischi che potrebbero insorgere e diffondersi in modo inappropriato.
In questo contesto, l’infermiere svolge non solo il ruolo di primo interlocutore con l’utenza, ma anche quello di tramite tra il medico e le diverse professionalità operanti sul territorio. Inoltre, è responsabile della gestione dell’anagrafe vaccinale in tutte le sue variabili ed è colui che somministra il vaccino durante la seduta vaccinale. Pertanto, l’infermiere segue l’intero percorso relativo alla vaccinazione. Tutto quanto è stato evidente durante la pandemia da COVID-19, periodo in cui l’infermiere ha svolto mansioni ben oltre le proprie competenze, al punto da essere definito eroe per poi essere dimenticato.
Con l’entrata in vigore della legge 119/2017, nota come obbligatorietà vaccinale, si sono creati diversi squilibri tra le regioni, soprattutto per quanto riguarda l’anagrafica vaccinale: alcune regioni erano avvantaggiate mentre altre si trovavano ancora nelle fasi iniziali. Ad oggi, inoltre, non è ancora stata istituita un’anagrafica nazionale vaccinale che potrebbe migliorare significativamente molte delle anomalie attualmente presenti. Si consideri che attualmente esistono venti regioni con venti anagrafiche differenti e non comunicanti tra di loro, il che evidenzia le numerose difficoltà esistenti.
Solo chi opera quotidianamente nel settore è consapevole di tali problematiche. Ciò che risulta particolarmente deludente riguarda lo scambio di informazioni sui dati anagrafici tra i diversi soggetti coinvolti - dipartimenti di prevenzione, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta - i quali custodiscono gelosamente tali dati come fossero reliquie, senza rendersi conto che, in caso di focolai di qualsiasi malattia infettiva, sono obbligati a fornire tutti i dati anagrafici e i recapiti telefonici necessari per consentire il tracciamento. Inoltre, il recapito telefonico è considerato dalla legge un dato personale ma non un dato sensibile.
Quale senso ha far parte di un gruppo di medicina preventiva se poi ogni richiesta di dati anagrafici e recapiti telefonici viene respinta invocando una normativa che in realtà non esiste? I pediatri, in qualità di primi professionisti sanitari con cui genitori e bambini instaurano un rapporto di fiducia, dovrebbero collaborare in modo più attivo con i centri vaccinali, condividendo quando necessario, ogni informazione rilevante i dati e lo stato di salute del piccolo paziente. Una collaborazione sinergica risulta fondamentale nel campo della prevenzione, poiché favorisce l’ottimizzazione del ruolo svolto da ciascun operatore. Ogni giorno si impiegano risorse e tempo significativi per reperire dati anagrafici corretti e recapiti telefonici, al fine di ottimizzare i tempi delle sedute vaccinali, verificare eventuali vaccinazioni effettuate altrove e inviare la documentazione necessaria per snellire gli elenchi. In un contesto di carenza di personale, è indispensabile che tutti gli operatori della prevenzione condividano tempestivamente i dati anagrafici e i recapiti in loro possesso.
L’evoluzione della professione infermieristica è regolamentata da normative quali il D.M. 14/09/1994 n. 739, la Legge 26 febbraio 1999 n. 42, la Legge 10 agosto 2000 n. 251 e dal Codice Deontologico del 2025; tali riferimenti definiscono chiaramente compiti e funzioni dell’infermiere. È pertanto auspicabile evitare la marginalizzazione del ruolo del personale infermieristico all’interno di questa mission aziendale, valorizzandone invece le competenze e le responsabilità, soprattutto in considerazione del progressivo invecchiamento delle risorse umane, con l’obiettivo di garantire un ricambio generazionale senza aggravare lo stress sul personale attuale, già impegnato nel conciliare sovraccarichi professionali con esigenze familiari.
Non è più accettabile definire gli infermieri “eroi” quando questi sono logorati e non adeguatamente riconosciuti nella loro professionalità. La tutela della salute rappresenta il valore primario e non può essere compromessa da dinamiche emotive o professionali superficiali. Occorre dunque promuovere concretamente il riconoscimento dell’esperienza e della professionalità infermieristica, alla pari di quella medica, superando così l’attuale sottovalutazione della professione.
Emilio Cariati
Infermiere
16 giugno 2025
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